di Antonio Turco
Il percorso che partendo dalla “Rotonda” e passando dai due porti e Punta Cannone, arriva all'”Arco” è un lungomare spontaneo che rappresenta per molti un sollievo per i propri polmoni, martoriati dall'aria sempre meno respirabile e per chi vuole godersi il profumo del mare passeggiandovi poco lontano. Tra l'andata e il ritorno sono due chilometri di relax, di benefico esercizio fisico e opportunità di riflessioni varie sui guai della vita che si stemperano nei colori intorno e nel frequente spettacolo delle nuvole sul mare, specialmente in inverno.
Da qualche tempo questa preziosa opportunità è stata di fatto “abbreviata” da un provvedimento del nostro Comune che vieta il transito sul tratto del molo di Punta Cannone a causa di un provvedimento dei Vigili del fuoco, conseguenza del pericolo di crollo del tristemente famoso rudere che, come “Spada di Damocle”, pende da tempo sulla testa di Tricase Porto e sulle sue prospettive di sviluppo turistico, sulle nostre teste e soprattutto su quelle di chi è solito passeggiare in quei paraggi.
Questo rudere ha il potere di instillare o ispirare in ogni passante le peggiori considerazioni, che pur di grado e fantasia diversa, convergono tutte in un unico proposito, quello della assoluta necessità di abbatterlo perché inaccettabile sconcio che rovina un contesto naturale di valore. Oltre alle riflessioni ci sarebbero anche le imprecazioni, cresciute in modo tale da divenire il rischio maggiore sulla sua stabilità futura, specie la prossima estate quando impedirà il bagno alle centinaia di affezionati bagnanti del molo di Punta Cannone.
E' anche un pessimo biglietto da visita per il nostro turismo, difficile infatti spiegare come in una marina tutto sommato intatta dalla sua nascita di oltre un secolo fa con case molto belle immerse in un profondo verde, possa convivere un mostro mal costruito e pericoloso.
Se il successo del turismo di un posto è il riconoscimento del valore di un paese nelle sue bellezze naturali, nella sua architettura, nella sua cultura e nella sua filosofia di vita, il mostro cadente è un corpo estraneo che rovina un contesto apprezzato da ospiti provenienti da tutta Europa.
Tricase Porto grazie alla sua integrità urbanistica pressoché immutata potrebbe ambire a diventare un piccolo posto per turismo di un certo livello predisponendo alcuni opportuni accorgimenti. Non è facile, ma è meno difficile di quanto si pensi, basta seguire l'esempio di tante località marine anonime balzate in poco tempo alla ribalta internazionale.
Si vorrebbe chiudere qui ma ci sono un paio di altri punti da toccare. Qualche tempo fa dalle pagine del Corriere della Sera, Paolo Mieli scrisse un articolo sulla giustizia pugliese, in alcuni casi secondo lui piuttosto traballante, e scelse di esordire citando, per contrappunto, Giuseppe Pisanelli e della sua statua presente nella omonima piazza di Tricase, quale esempio di pugliese di alto livello come giurista ed avvocato.
Sarebbero momenti di orgoglio per un tricasino se non fosse che la casa natia di Pisanelli, di cui è proprietaria la stessa famiglia detentrice del mostro, versi in condizioni indecorose con finestre scardinate, cancelli posticci orribili ed erba che pende dai balconi, lunga quanto la barba di Matusalemme.
Non sono le uniche sconcezze del posto, sia chiaro, ma i proprietari dovrebbero riflettere sulla mancanza di decoro e di sicurezza che le le loro proprietà accusano e regolarsi di conseguenza, cercando di intervenire al più presto.
Restando sulle problematiche del nostro territorio e guardando in casa nostra va consigliato prima di tutto il taglio dell'erba di Casa Pisanelli al livello suolo, e inoltre, restando in tema Pisanelli, cercare di dare una appropriata pulitura alla statua. Bisogna aggiungere che Via Tempio, destinata alla chiusura al traffico, dovrebbe essere curata molto più approfonditamente nella pavimentazione, e in altri aspetti non secondari, considerando che, gli interventi in Piazza Don Tonino Bello, non ancora terminati, non sembrano, per il momento, aver dato alla piazza un aspetto migliore di prima.
Ci sarebbero molti altri aspetti del nostro territorio meritevoli di approfondimenti, soprattutto perché appare sempre più essere l'unica fonte di reddito rimasta su cui convogliare investimenti per il miglioramento economico del Paese, ancora non toccato dalla ripresa, ammesso che ci sarà mai.
Per tutte queste ragioni, il nostro territorio ha, una volta per tutte, bisogno di programmazione. Un territorio privo di programmazione impoverisce il Paese togliendo valore ad ogni singola parte che lo compone. Viceversa, un territorio ben programmato aumenta il suo valore e articola le linee del suo sviluppo economico.