di Caterina Scarascia
Non ho più nessuna voglia di scrivere.
“Meglio!”- dirà qualcuno
Si, forse….
Certo è che questo per me significa aver perso il mordente ed essere inconsciamente convinta che tutti i nostri sforzi, le nostre profonde convinzioni circa la necessità di diffondere idee, di prendere posizione, di lottare, di fare dell’impegno sociale uno stile di vita per il cambiamento non hanno avuto e non hanno più alcun senso.
Nostre…mi riferisco ovviamente alla mia generazione in particolare.
E non hanno più senso perché viviamo in tempi del…nulla, sotto l’egida di un governo giallo-verde dal populismo più sfrenato e dal razzismo subdolo, ma nobilitato, come sempre accade ed è accaduto nella storia quando la politica cavalca le paure e le insicurezze della gente.
Un governo frutto certamente della reazione (sacrosanta!) ad un sostrato ultradecennale di corruzione ed incompetenza di ogni colore politico, al fastidio per un partito democratico inerte ed inerme,diviso e divisivo, incapace di difendere con serietà argomentativa e coerenza d’azione le poche scelte effettuate in termini di riforme tendenzialmente strutturali (che è poi quello di cui abbiamo davvero bisogno), una reazione al voltastomaco per i vecchi big della sinistra che di fronte al mondo che cambia altro non sanno fare che dividersi per difendere le proprie, meschine, personalissime supremazie.
Facile e prevedibile che a farla da padrone sarebbe stato un populismo rozzo nella sostanza e volgare nella comunicazione, simile a quei violenti mal di pancia che a volte ti prendono all’improvviso, che ci mettono del tempo ad abbandonarti, ma che poi ti lasciano comunque uno strascico lungo e sottile, terribilmente fastidioso.
Lo strascico di questo “populismo qualunquista” è la costante ignoranza, la continua, sommaria conoscenza delle cose e delle situazioni, che riducono la complessità della realtà alla più assurda e sterile banalizzazione della stessa.
Hai un figlio autistico? E’ colpa dei vaccini!
Gli immigrati ti danno fastidio? Basta chiudere i porti e rimandarli a casa loro!
Vuoi pensionarti prima del tempo? Basta far fuori la Fornero!
Il reddito di cittadinanza? Basta rivedere i conti, i vitalizi e e le pensioni d’oro.
Vuoi cambiare l’Europa? Diventa sovranista!
Questi livelli dei discorsi e dei ragionamenti mi spaventano, sono quelli che mi tolgono il mordente e la voglia di combattere, perché con una posizione diversa dalla propria è possibile confrontarsi ed argomentare, ma contro il nulla non c’è rimedio.
Come abbiamo fatto a produrre tutto questo?
Ha ragione Umberto Galimberti, qui è evidente e palese il fallimento della cultura novecentesca, delle sue istituzioni educative e politico-sociali.
Non solo, aggiungo io.
E’ evidente la deresponsabilizzazione sociale come sommativa di quelle individuali: dove eravamo noi cittadini quando la classe politica si corrompeva e non governava secondo scenari e prospettive future chiare e trasparenti?
Noi, in modi e forme diverse, siamo stati complici di tutto questo: il favore e la raccomandazione chieste al politico di turno; l’omertà ed il silenzio di fronte alle illegalità; l’opportunismo di fronte ai problemi che non ci interessavano personalmente; i sistemi educativi ridotti allo sbando: dalle famiglie-ghetto alle scuole-diplomifici, fino all’associazionismo spesso trasformato e “riciclato” in forma di lucro.
Poi, naturalmente, quando il Paese è stato messo in ginocchio, sono stati mandati sulla forca i soliti noti e tutti noi ci siamo acquietati la coscienza dando agli altri la colpa di quanto andava accadendo.
E stiamo ben attenti: tempo un anno, non di più, se questo governo non manterrà le sue promesse, immigrazione e reddito di cittadinanza in testa, apriti cielo!
Anche questi nuovi “capi” saranno sacrificati e bruciati sull’onda del “sono tutti uguali!”
Mi spaventano in particolare i giovani, che pure sono le vittime prioritarie di questo sfacelo generale: da chi cavalca l’onda popolare e populista a chi se ne frega del tutto, a chi sceglie di rimanere in silenzio, passivo, convinto che le cose non potranno modificarsi mai.
Ma il risultato non cambia: il nulla galoppa veloce e logora i possibili tempi di un cambiamento serio e ragionato.
Dall’intervento di Mattarella per sbloccare lo stallo della nave Diciotti, all’arroganza di Salvini e al suo giustizialismo da quattro soldi, al buono e bravo Di Maio che brinda all’abolizione dei vitalizi, al Casaleggio che prevede la futura inutilità del Parlamento, ogni giorno ne vediamo e sentiamo una e, soprattutto, sentiamo tutto e il contrario di tutto.
L’unico che non ascoltiamo è Giuseppe Conte, questo presidente del consiglio perbene, ma muto, in balia di due vice di cui uno semi-muto o “parlante” solitario e l’altro intento a gestire una scena teatrale a 360 gradi.
Ora…sia chiaro…non è nostalgia per un passato che in buona parte ci ha portati alla rovina, l’ho già detto, ma neppure felicità per un governo ….di quale cambiamento?
Per valutare un’azione politico-governativa bisogna avere chiari gli scenari complessivi e non singoli provvedimenti che, se non ancorati ad uno sfondo coerente e fondato in termini di sviluppo futuro fattibile, lasciano il tempo che trovano.
Vogliamo creare lavoro? Con il Decreto Dignità?!
Vogliamo fare la voce grossa in Europa? Come hanno fatto Germania e Francia? E poi? Quali le prospettive di lungo periodo? Un bel ritorno alle guerre dei cento anni? Ma insomma…pretendere che qualcuno ricordi la storia…. è davvero troppo….
E notate che di cultura e scuola non si parla… a chi vuoi che interessi?
Al limite qualche intervento qua e là sulla famigerata Buona Scuola, giusto per accontentare tantissimi docenti, chi se ne frega se poi il sistema va in tilt. L’importante è rattoppare…fuori da ogni logica effettivamente autonomistica…basta tenere buoni i possibili fornitori di voti.
Tempi del nulla….come e più di prima.
In una perenne campagna elettorale di un governo che di cambiamento, per ora, ha solo il nome.
Mi spaventa il clima che si respira ogni giorno…in ogni luogo…reale e virtuale (Dio ci liberi dalle banalità e baggianate che in ogni istante si rincorrono sui social).
“E' quando lo Stato viene meno al patto sociale che nascono i populismi con le loro risposte semplicistiche", ha affermato Cacciari in una intervista del 2017.
Allora dobbiamo ripristinare lo Stato e il senso dello Stato, non la demagogia delle ricette da quattro soldi.
Sto leggendo in questi giorni il libro-intervista a Don Luigi Ciotti “Non tacerò” e c’è un passaggio, riferito alla lotta contro il crimine organizzato, che pare scritto apposta per il clima in cui viviamo: “Occorreva superare le reazioni emotive, canalizzando la commozione e l’indignazione in un impegno che aiutasse davvero a voltare pagina” .
E’ questo il vero coraggio del cambiamento.
Migliorare l’Unione Europea ai tavoli negoziali, nella fermezza di un confronto onesto e competente; salvare le parti positive delle politiche immigratorie fin qui effettuate; riconoscere che il mercato del lavoro ha una valenza di globalizzazione mondiale e che la flessibilità va gestita secondo logiche strutturali e non episodiche e via discorrendo.
Ci servono da un lato persone oneste, sì, ma allo stesso tempo molto competenti nei diversi settori e, dall’altro, un senso di cittadinanza che non veda dappertutto il complotto, il pregiudizio, le “manine” nascoste e i propri interessi personali.
Lo spirito critico è possibile patrimonio di ognuno di noi: coltiviamolo e facciamone buon uso.
Il vero cambiamento è prioritariamente e fondamentalmente culturale, di quello che incide sulle coscienze.
Infine ricordiamoci che per cambiare davvero l’Italia, e l’Europa, bisogna fare anchescelte impopolari, con obiettivi sul lungo periodo, di quelle che non ti fanno raccogliere voti ad ogni tornata elettorale, ma che danno una speranza, se siamo ancora in tempo, ai nostri figli o, meglio, ai figli dei nostri figli.