Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.
Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla.
Giordano Bruno
(ai giudizi dell’inquisizione)
Parlo del filosofo e del suo esempio. Della sua forza d’animo, del suo spirito indomito, della fiducia in se stesso che nutriva: forte del suo parere anche contro il parere comune, fosse anche quello della Bibbia e dei suoi feroci interpreti. Parlo del suo coraggio nel sostenere il peso delle torture e delle ingiurie. Parlo del suo stoicismo nell’accogliere la certezza di una immeritata morte inclemente. Voluta da un papa Clemente solo di nome - ma invero atroce e cupo come molti custodi della presunta Assoluta Verità. Rendo omaggio all’esempio tenace, all’acume profetico e alla spiritualità mai settaria di un uomo libero, del cui nome ho adornato mio figlio.
Scrivo il 17 febbraio dell’anno 2015. Filippo Bruno detto Giordano fu ucciso a Roma, con pietoso furore evangelico, esattamente 415 anni fa. Arso vivo in Campo de’ Fiori, nel cuore di una piazza ove ora sorge una statua bronzea che lo raffigura, Filippo Bruno detto Giordano, nato a Nola, venne bruciato per non aver mai abiurato le sue tesi. Autore di importanti opere di filosofia, esperto di mnemotecnica, geniale e intuitivo cosmologo ante litteram, fu assassinato dall’Inquisizione. Disse liberamente, scrisse liberamente, liberamente visse. Il suo corpo incenerì nello strazio. La sua intelligenza ardente convinse i secoli.
Ancora oggi, 415 anni dopo, mani pietose posano ai suoi piedi (dove la sua statua ricorda il sacrificio patito dall’uomo) fiori in mazzi e in piccole corone. Come un santo laico, Giordano Bruno è al centro dell’unica Piazza di Roma priva di una Chiesa che ne sia fulcro, ragione e centro. Campo de’ Fiori: tra mercanti d’erbe, giovani ebbri, turisti stralunati, bambini lunari. Piazza di canzoni e di parole.
Eppure ci sono ancora inquisitori rozzi, stolti e ignoranti pronti a minacciare i lumi dei nostri intelletti e le luci dei nostri cuori. La libertà di parola, sovente scritta con inchiostro e sangue, è sempre minacciata. Chi scrive in libertà, e per il vero si impegna, viene ancora deriso, trascurato e perfino ucciso. Giordano Bruno, nolano (come uno dei fondatori del nostro settimanale, il prof. Mercogliano), viveva per il vero e davvero viveva. Come dovrebbe ogni uomo. Come dovrebbe ogni giornalista, piccolo o grande che sia, impegnato su grandi fogli o in piccole redazioni di provincia.
Nei primi dieci mesi del 2014 in Italia si sono registrate 43 aggressioni personali e 7 casi di incendio ad auto o abitazioni di giornalisti. L’ultimo rapporto sulla libertà di stampa nel mondo (World Press Freedom Index 2015) denuncia il peggioramento e la “regressione brutale” della libertà di stampa in tutto il pianeta: Italia (libera, modernissima e tanto Expo) inclusa. Nella classifica dei paesi con maggiore (o minore) libertà di stampa, l’Italia occupa un preoccupante 73esimo posto e Reporter senza frontiere dichiara che la posizione del nostro Paese è regredita notevolmente in appena un anno.
Con maggior forza, allora, ricordo Giordano Bruno, filosofo e martire della libertà di pensiero e di parola, nel giorno a lui tristemente dedicato: giorno di morte ingloriosa, violenta e vigliacca. Onoro le parole che danno respiro, che scuotono gli animi, che offendono il buonsenso dei dormienti e graffiano le certezze dei corrotti. Onoro chi interroga il nostro esistere e ringrazio chi non cede mai all’altrui silenzio: gli dobbiamo la libertà; e la possibilità di parlare perfino dei nostri rumorosi silenzi.