di Giuseppe R. PANICO
Essere comune costiero perché confinante col mare per circa 8 km di costa, pari a un millesimo della costa italiana e a un centesimo di quella pugliese, presuppone essere, o voler essere, anche un comune con sviluppo marittimo. Ovvero un comune che sappia trarre vantaggio da tale preziosa risorsa per una maggiore ricaduta di economia e benessere sull’intera popolazione, pur in questo triste periodo di ben due guerre in atto.
Ci ricordano l’impiego del nostro porto, nella Prima G.M, per il blocco del Canale d’Otranto, le torri costiere a difesa di “mamma li turchi” e che il virus della guerra resiste da sempre a tutte le cure per pace. Con l’espandersi del turismo la nostra economia non può che basarsi, come già avvenuto altrove, sullo sviluppo della residenzialità costiera e di nautica e balneazione.
Ad aprire un vocabolario marinaresco del 1932, intanto si legge: “Nell’Italia d’oggi, purtroppo, la coscienza marinara non è del tutto formata” e come il mare sia per tanti “L’infido elemento”. Dopo ormai 90 anni, tale cultura sembra ancora serpeggiare fra noi e al “saper nuotare e vogare”, (requisito e qualità della gente di mare), si preferisce spesso il saper galleggiare in acque basse prossime alla riva e il soleggiare sul cemento portuale.
Negli ultimi 50 anni, infatti, ben poco è stato fatto, se non nell’ambito di divieti e restrizioni costiere ed ambientali, di politiche tardive e culture restrittive che, riducendo le occasioni di sviluppo e lavoro, hanno incrementato povertà e immigrazione di tanti e favorito interessi e privilegi di pochi.
Fra i recenti lavori, risalta la protezione di parte del muraglione del nostro porto con la messa in opera di una barriera di tetragoni in cemento, per evitare che occasionali mareggiate affondino qualche barca ormeggiata, malgrado le cattive previsioni meteo-marine, su banchine meno protette. Barche non certo di pescatori professionali, ben più accorti e avveduti.
Ora, dopo un così alto investimento pubblico in tetragoni (efficace soluzione diffusa in tutto il mondo a partire dagli anni 50) a favore di qualche decina di barche e nemmeno una vecchia lira per tantissimi bagnanti, pare che tale lavoro non sia ancora sufficiente a smorsare le onde.
Forse perché i tetragoni sono pochi o malmessi e scivolati a mare o a protezione di un solo tratto del muraglione o perché lo scioglimento dei ghiacci ai poli e delle nostre acque reflue nel Rio hanno già innalzato il livello del mare. Fatto sta che, con il sostegno economico della Regione, un modellino del nostro porto è finito in vasca, in quel di Valenzano, per essere sottoposto a cekup nelle sue parti più esposte alle mareggiate.
La politica della Regione a favore della nautica ci è stata brevemente illustrata, nella conferenza dello scorso 27 ottobre a palazzo Gallone, dall’ assessore regionale Ing. Alessandro delli Noci, mentre Il processo di verifica e diagnosi e l’alta valenza di tale grande vasca- laboratorio sono stati a lungo dettagliati dal Prof. Ing. Michele Mazza del Politecnico di Bari. La conferenza, tuttavia, ha un pò tradito le aspettative del vasto pubblico presente, che, interessato a più concreti argomenti portuali e forse attratto, più che della scarna e poco esplicativa immagine riportata sulla locandina dell’evento, da una più bella foto, diffusa poco prima sui social, ma senza specificare che si riferiva a un vecchio progetto già sonoramente bocciato.
La mancata illustrazione di dati sul porto (condizioni meteo-marine, dati sugli affondamenti, motivi di insicurezza dopo la recente messa in opera dei tetragoni, pericoli dovuti al mix di nautica e balneazione, orientamenti costieri e portuali della attuale amministrazione etc.), ha indotto il pubblico a chiedersi il perché dell’invito alla cittadinanza.
Come anche a sollevare il problema dei parcheggi, dell’aumento dei posti barca su ambedue le marine, anche attraverso modalità di porti a secco e la “traslazione” della balneazione portuale rendendo operativo o modificando il vigente Piano Coste o, ancora, realizzando una vasta piscina di mare sul retro di Punta Cannone (come fatto a Marina Serra). Perplessità sono sorte sulla proposta tecnica (comunque appena accennata) di realizzare, al posto e/o in aggiunta alla barriera di tetragoni, una ben più ampia piattaforma cementizia dai notevoli costi e dal grande impatto ambientale.
La valorizzazione delle marine sembra, ormai da decenni, la cantilena di ogni nuova amministrazione, salvo poi fermarsi a costosi progetti difficilmente approvabili o finanziabili e trascurare le normali manutenzioni. Nella speranza di un ben più ampio dibattito pubblico sulle nostre marine, sarebbe utile rileggere, di don Tonino Bello, la bellissima poesia dal…sapore di mare: “La Lampara”, ritenuta a volte il suo pianto su Tricase e tricasini, Almeno nei versi: “dove fluttuano ancora… le mie vele e i miei sogni”, “la forza di osare di più”, “inchiodati a un mondo vecchio, che si dissolve”.