di Giuseppe R. PANICO
Eboli è una cittadina campana, resa famosa dallo scrittore Carlo Levi, esiliato dal fascismo nel comune di Aliano in Basilicata, con il libro “Cristo si è formato ad Eboli”. Il libro descrive, la profonda arretratezza di quell’area geografica, con contadini costretti da secoli ad una vita quasi subumana, col potere in mano ai soliti “signori”, spesso anche in lotta fra loro, con una forte immigrazione dei giovani più capaci e il radicarsi di una mentalità antica, decisamente conservativa e restia ad ogni forma di cambiamento. Condizioni molto diffuse anche nel resto del Meridione del tempo, come anche nel nostro Salento.
Edward C. Banfield era uno studioso americano, che, negli anni successivi, volle approfondire, sempre in Basilicata la realtà sociale, ovvero le cause di un persistente sottosviluppo. A seguito di un profondo esame e confrontando dati e valutazioni con altre comunità rurali in Kansas e nella provincia di Rovigo, riportò i suoi risultati sul libro “The Moral Basis of a Backward Society”(Le basi morali di una società arretrata) e coniò il termine di “Familismo Amorale”. Termine che caratterizza una mentalità, tuttora molto diffusa e non solo in Basilicata, tesa a massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine a vantaggio della propria famiglia, nella convinzione che tutti gli altri agiscano nello stesso modo. Un’ atteggiamento culturale contrario allo sviluppo che, per progredire, richiede cooperazione e collaborazione fra non consanguinei. Ovvero un’etica del vivere in comunità diretta verso il bene comune e non solo verso sé stessi. Vivere dunque la politica non in veste di occasionali elettori, ma di cittadini informati, motivati, responsabili.
Un’ altro americano, il politologo Robert D. Putnam si dedicava, negli anni 90, ad esaminare l’efficienza delle nostre amministrazioni, evidenziando nel suo libro “La tradizione civica nelle regioni italiane” (1993) la grande frattura fra governanti e governati, dovuta alla carenza di senso civico e/o capitale sociale, conseguente al perdurare del “familismo amorale”. Con il risultato di incentivare privilegi e clientelismo, malgoverno e sprechi, gruppuscoli e mafie. Lo stesso studio poneva l’efficienza dei servizi della Regione Puglia fra i più bassi livelli nazionali
Un più recente studio (2000) “La nostra Italia” di Carlo Tullio Altan non fa che ribadire la continuità, nel Meridione, e dunque anche da noi, di una arretratezza socioculturale di lungo periodo e la “sopravvivenza anacronistica” di modelli di comportamento originati nei secoli passati, tenuti in vita dalla inerzia o forte resistenza al cambiamento, in un contesto politico-istituzionale ormai radicalmente mutato.
Da quelli studi e da quei contesti sociali e culturali sono passati ormai diversi decenni, ma non si può certo dire che nel nostro Meridione, nel nostro Salento, nella nostra Tricase molto sia cambiato. L’emigrazione giovanile continua a rendere “orfani” di figli e nipoti una popolazione sempre più anziana e sola che, nel vedere in giro tanti giovani immigrati stranieri, si chiede perché questi arrivano e sono sovente ben accolti, mentre i loro figli e nipoti sono costretti a partire per cercare altrove lavoro e accoglienza. Intanto il virus del familismo amorale continua ad indebolire il nostro scarno capitale sociale e induce ad interessarsi molto più di una buca stradale fronte-casa che di un PUG da completare e creare sviluppo e lavoro. Più ad informarsi di chi è o di quale famiglia è il candidato alle elezioni che delle sue capacità, esperienze, affidabilità, serietà etc.
It Takes a Community to Change Lives and the World”, “Ci Vuole una Comunità per Cambiare Modo di Vivere e il Mondo” È il titolo della relazione per l’inaugurazione, nei giorni scorsi, presso l’università Bocconi, dell’anno accademico 2023-2024. Un titolo che rimarca, ancora oggi l’importanza di fare comunità per attivare il cambiamento. Fra le tante altre considerazioni di interesse, risalta la scarsa preparazione scolastica dei nostri giovani, la carenza di laureati (30% dei giovani a fronte del 70% nella Corea del Sud), la loro continua fuga all’estero e il primato europeo nel numero NEET (giovani che né studiano né lavorano e facilmente manipolabili). Una triste realtà che sommata alle due guerre in corso (Ucraina e Israele) e quasi una terza culturale/religiosa/geopolitica di Oriente/Islam contro Occidente, già nelle piazze, nelle derive utopiche e politiche di molti e nelle azioni di un nuovo terrorismo, rende incerto il futuro. In attesa di una auspicabile pace, fare comunità, anche attraverso una migliore preparazione scolastica e civica e più efficienza amministrativa e programmatica potrebbe essere il modo migliore per affrontarlo.