Quante saranno le anime tricasine che hanno lasciato le loro spoglie mortali nel vecchio cimitero e quanti loro eredi viventi hanno ancora a cuore la loro memoria e i loro resti mortali? Non si ha certezza su un aldilà da dove tali anime possano osservarci e leggere e commentare anche i manifesti del nostro Comune. Un manifesto, quello sulla estumulazione, che sembra per loro quasi un invito a scendere in quel camposanto per rivestirsi con ciò che rimane dei loro resti mortali e poi, deambulando fra buche e transenne, farsi un giro in paese. Non per terrorizzare nottetempo i passanti viventi, non per fare quattro passi fino al nuovo cimitero e ivi lasciare le propria ossa residue, ma per dirne quattro, con voce rauca e tombale, ad una amministrazione che, con un brevissimo preavviso, ordina uno sfratto mortuario, coatto e collettivo. Ma anche per tirare le orecchie ad una comunità che intenda supinamente accettare tale ordinanza. Un diktat per i mesti residui di tante vite umane da traslocare con urgenza altrove, dando con l’occasione sepoltura anche a quello che gli esseri umani avevano da tempo conquistato, quella Democrazia e Civiltà, che sono anche pietà per i morti e rispetto di una memoria che è anche storia cittadina, quella di noi tutti. Trasferire tante salme per quale grave emergenza mortuaria? Quanti consiglieri hanno condiviso tale decisione o che col loro silenzio la avallano? Con quali nostri quattrini? E del camposanto farne cosa? E in base a quale Piano regolatore o PUG o altro? Una decisione così forte che riguarda i vivi, che riguarda i morti, che riguarda il nostro territorio, la nostra storia, i nostri quattrini e la nostra memoria, prima di diventare esecutiva, meriterebbe almeno un preavviso pubblico di qualche mese e una discussione pubblica su cosa poi fare del camposanto. Un campo polisportivo per i nostri giovani? Un parcheggio per le tante auto? Meglio forse un parco pubblico monumentale e centrale al paese da dedicare alla memoria di chi ci ha preceduto, ma lasciando lì i suoi resti, in un ossario comune con elenco di nomi e cognomi, un luogo sacro annesso alla antica sacralità della piccola chiesa di S. Antonio ove ancora recarsi per una prece, una messa o un minuto di raccoglimento a loro dedicato, nella continuità del loro Requiescant in Pace. Ogni pubblica amministrazione è tenuta a prendere decisioni anche difficili e non condivise. Ma, preferibilmente, con una maggiore sensibilità e attraverso un iter decisionale che non escluda tutti per far prevalere il pensiero di pochi se non quello unico. Occupare luoghi pubblici per dissenso verso le autorità, come purtroppo sovente avviene anche da noi, non è il massimo per una comunità civile e democratica. Ma occupare un camposanto ci farebbe passare alla storia. Una triste storia. Forse un domani quando anche da noi alla sepoltura si preferisca la cremazione, avremo meno di che occuparci. Meno consumo di suolo, meno spese per camposanti e funerali e meno salme da sfrattare o di che occuparci. Perché i resti mortali vorranno raggiungere l’anima con un fil di fumo che s’alza nel cielo, lasciando sulla terra solo un pugno di cenere da spargere al vento.