di Roberto Baglivo

I manifesti affissi ci informano che il 9 novembre inizieranno i lavori di trasferimento delle salme dal vecchio al nuovo cimitero di Tricase. Speravo che almeno loro potessero riposare in pace, senza l’incombenza di lasciare il posto ad altri. Invece è arrivato anche per loro il momento di sloggiare. Sarà la più grande deportazione di salme della storia umana e quest’evento avverrà proprio a Tricase. Pensate quanto siamo... importanti. Chi ha partorito questa decisione di certo non è stato mai in Inghilterra. Raggiunsi quel luogo a 22 anni in autostop, con uno zaino dietro le spalle, dopo 4 giorni di viaggio. Era notte a Maidstone, sfinito mi infilai nel sacco a pelo su di una panchina in un parco meraviglioso. Dormii tutta la notte. La mattina quando mi svegliai, notai attorno a me delle lapidi. Avevo passato la notte in un cimitero-parco! Da allora capii che la vicinanza di persone vissute prima di me mi aiuta a vivere meglio e ad affrontare con serenità ed equilibrio il futuro. Ogni lapide è una vita che fu e ci ricorda che ogni vita sarà una lapide. Una parte di me e di voi e là, in quel luogo che avrei lasciato così com’è, sino alla fine dei tempi. Là riposano le persone a me e a noi più care, parte integrante del nostro essere. In alto, nell’ultima fila, in un cassettone che nessuno avrebbe mai scelto da vivo, c’è Maria Bianca Gallone (1895-1982). Chi è? Una signora che per 4 soldi vendette il palazzo della sua famiglia al Comune di Tricase. Quanti se la ricordano? Pochi. Quanti non sanno nulla? Molti. Chi è questa signora? L’ultima principessa di Tricase. Vagando, con la consapevolezza che potrebbe essere l’ultima volta, tra le numerose tombe e le innumerevoli lapidi, tra visi tanto cari e volti per lo più sconosciti, mi prende una profonda malinconia a pensare che questo campo-santo sta per morire e che tra poco non ci sarà più. Certamente la legge consente di fare una cosa del genere, ma non impone di considerare un camposanto come un campo sportivo. Sarebbe dovuto prevalere l’orientamento verso un intervento di tutela, di recupero e di valorizzazione di questo luogo santo in cimitero monumentale. Gli elementi c’erano tutti. Molte sono le cappelle monumentali, ben conservate e dotate di altare idoneo alla celebrazione liturgica (snaturate che fine faranno?) e poi si perderanno per sempre i segni tangibili dell’evento storico che portò le comunità religiose locali a seppellire dal 1875 i propri defunti in un campo aperto fatto santo al posto delle fosse scavate nelle chiese. Osservando le cappelle private e quelle delle confraternite, soprattutto dell’Immacolata di Tutino, appare ancora evidente l’evoluzione di inumare i defunti dalle fosse alle cappelle esterne in loculi chiamati comunemente cassettoni. Una tra le più antiche e meglio conservate è la cappella che fece costruire Quintino Provenzano per sé e per i suoi nel 1890. Quintino Provenzano impiantò a Tutino sulla strada per Tricase il primo mulino a vapore e un pastificio industriale. Ma, ormai è fatta, questo importante luogo di riflessione e di congiunzione con coloro che ci hanno consentito di essere ciò che siamo, tra un po’ non esisterà più, mancherà a molti, ma non certo a quei pochi che non sanno scendere nelle profondità dell’animo umano e che purtroppo prendono le decisioni.

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