Una cosa è certa. Sulla questione del bando
di gara indetto dalla Provincia di Lecce per la
gestione di Palazzo Comi (locuzione con cui
intendo riferirmi al congiunto dell’immobile
ove Comi abitò e della biblioteca provinciale
ivi ubicata) si è scritto di tutto (anche se forse
non tutto...) e di più.
Ed invero l’evoluzione (o forse il regresso...)
della discussione in merito a questo tema non
mi sembra esente da una crescente, e preoccupante,
autoreferenzialità. L’oggetto della
discussione, indubbiamente senza che ciò
possa essere imputato ad alcuno dei protagonisti
(dicevano i romani: senatores boni viri,
Senatus mala bestia...), si è spostato dal futuro
gestionale di Palazzo Comi a questioni di mero
contorno: tali sono (e l’elenco non è esaustivo)
la congruità del prezzo al quale la Provincia
di Lecce lo comprò più di cinquant’anni fa, la
qualità della poesia di Comi, la sua munificenza
e quella dei suoi genitori, la sua natura, o
meno, di poeta minore, il ruolo rivestito dai poeti
minori nella letteratura, i titoli accademici
ovvero le competenze di Tizio ovvero Caio e
la loro legittimazione ad intervenire nella discussione.
(...)
Quali sono, a mio modesto parere, i punti e
le questioni fondamentali della discussione, e
quale un abbozzo di strategia per farvi fronte?
1) La Provincia di Lecce, proprietaria di Palazzo
Comi, ha pubblicato un bando di gara volto
ad affidarlo, dietro pagamento di un canone,
ad un gestore, il quale, in un’ottica imprenditoriale,
tesa alla sostenibilità finanziaria
dell’operazione, rimoduli l’offerta dei servizi
finora lì offerti, verosimilmente affiancando
alla biblioteca ivi ubicata delle attività di ristorazione,
vendita di prodotti locali ecc.
2) Almeno due aspetti di quest’intendimento,
da parte della Provincia di Lecce, lasciano
perplessi: (a) innanzitutto, un unico bando di
gara è stato indetto per la gestione di Palazzo
Comi e del Circolo cittadino di Lecce, le quali
sono due realtà profondamente diverse, senza
alcuna mutua relazione. In secondo luogo,
l’alienazione della gestione di Palazzo Comi
avviene nell’immediatezza della sostanziale
abolizione dell’Ente Provincia e del trasferimento
dei beni di proprietà di questa ad altri
Enti pubblici.
3) È però giocoforza notare che quest’intendimento,
quantomeno astrattamente, si inserisce
nel solco di una tendenza, a mio modesto
parere assolutamente da secondare, volta a:
(a) favorire l’ingresso dell’iniziativa economica
privata nell’offerta di beni e servizi precedentemente
riservati alla pubblica amministrazione;
(b) prevedere l’intervento, ovvero
la continuazione dell’intervento, da parte del
settore pubblico, nella produzione di un bene
ovvero un servizio esclusivamente laddove,
e nella misura in cui, vi è una discrepanza
tra l’utilità che ne deriva il singolo individuo
e quella che afferisce alla collettività, vale a
dire, per usare un linguaggio tecnico, qualora
vi siano esternalità positive derivanti dall’attività
medesima.
4) Un tale intervento può concretizzarsi o in
un sussidio alla produzione del bene ovvero
servizio in questione, commisurata alla discrepanza
di cui si è detto, oppure nella produzione
diretta di questo. Tale ultima opzione,
comunque, dovrebbe essere limitata al caso in
cui nessun privato è disponibile ad investire
in quest’ambito: il settore pubblico è strutturalmente
incapace di tenere nella dovuta considerazione
l’efficienza nella gestione di una
determinata attività, la quale è, in ultima analisi,
indispensabile ai fini della sostenibilità nel
tempo della stessa. Peraltro, qualora, come mi
sembra nel caso di Palazzo Comi, sia necessario
un investimento monetario, l’intervento
del settore pubblico, quantomeno in assenza
di partnership con i privati, appare problematico
dati i vincoli di bilancio cui questo è sottoposto.
5) È difficile non concordare con il fatto che:
la fissazione di un prezzo da pagare per fruire
di un bene ovvero un servizio: (a) da un lato
funge da fondamentale segnale di gradimento,
da parte della collettività, dell’offerta di quel
bene e/o servizio, segnale questo che non è
prodotto qualora il bene e/o il servizio venga
messo a disposizione gratuitamente di coloro
che ne vogliono usufruire; e (b) dall’altro, permette
di concorrere all’equilibrio finanziario
dell’operazione in questione.
6) Il Comune di Tricase, aspirando a che i beni
oggetto del bando suddetto siano acquisiti al
patrimonio comunale, e comunque ritenendo,
a ragione, di avere un interesse all’utilizzazione
futura di Palazzo Comi, ritiene che
la Provincia di Lecce, nelle more della sua
sostanziale abolizione, dovrebbe astenersi
dal prendere decisioni che vincolino il successivo
titolare della proprietà del medesimo.
Trattasi ovviamente di un anelito legittimo
ed una posizione ragionevole, invero
meritevoli di consenso ed appoggio, purché
si eviti che una logica meramente “acquisitiva”
si traduca in un mero “incameramento”
del bene in questione, che non apporti alcun
beneficio alla collettività, ovvero addirittura
determini un onere a carico dell’erario comunale.
7) La paventata alienazione della gestione di
Palazzo Comi ha ingenerato un certo nervosismo,
sia da parte dei dipendenti della Provincia
che attualmente vi prestano servizio
che di taluni cittadini. I primi temono per il
loro futuro occupazionale, i secondi per una
riduzione, ovvero una rimodulazione delle
attività di Palazzo Comi, in senso oneroso
per gli utenti. ebbene, quanto al personale,
quello che si intravede, al più, di certo non
è la perdita del posto di lavoro ma un trasferimento
ad altre funzioni ovvero altra sede:
e comunque, spiace doverlo dire in modo
forse un po’ ruvido, il Comune di Tricase
non può certo farsi carico di tale problema,
qualora malauguratamente si concretizzi.
Quanto alla riduzione dei servizi erogati
da Palazzo Comi, non mi sembra che vi sia
alcun pericolo concreto a che quelli “essenziali”,
vale a dire legati alla consultazione di
libri non reperibili nella zona ovvero (forse)
documenti, siano interrotti. Certo, forse essi
saranno in futuro erogati in regime di compartecipazione
alle relative spese da parte
degli utenti, ma, come già detto prima, non
ci vedo nulla di male, anzi personalmente
mi auguro che ciò avvenga. D’altra parte, la
“gratuità”, per gli utenti, inerente l’erogazione
di un servizio pubblico, è a ben vedere,
fittizia: come noto, “nessun pasto è gratis”,
insomma alla fine il conto qualcuno lo deve
pagare sempre, e nella fattispecie lo paga la
collettività attraverso l’imposizione fiscale.
8) Non vi è alcuna ragione per escludere che
l’attività della biblioteca di Palazzo Comi
possa essere espletata in un luogo differente,
magari all’interno della biblioteca comunale
di Tricase, la quale peraltro ha visto
negli ultimi anni un sensibile incremento
nella quantità di risorse umane allocate al
suo funzionamento ed è stata dotata di una
nuova sede. Di conseguenza, Palazzo Comi
potrebbe essere destinato a scopi differenti
da quello di sede di una biblioteca, concesso
in gestione a privati/associazioni ovviamente
su base sinallagmatica, oggetto di un contratto
di tipo “project financing” tra il Comune
ed investitori privati, oppure forse, sic et
simpliciter, alienato in tutto ovvero in parte,
con i relativi proventi investiti in altri ambiti
dell’attività comunale.
9) Non ho nulla in contrario, anzi sono favorevole,
a che nel Palazzo Comi siano ubicate
delle attività di natura commerciale, non
solo in commistione, fisica ovvero anche gestionale,
con l’attività di una Biblioteca, ma
anche in via esclusiva.
Giungo infine alla proposizione di una strategia
per affrontare la questione.
1) Sia il Comune di Tricase che la c.d. “società
civile” continuino ad adoperarsi perché la
gara indetta dal bando in questione non sia,
per il momento, espletata: insomma, che si
cerchi di mettere di nuovo la palla al centro.
In questo contesto, varrebbe la pena di interrogarsi
sulla legittimità dell’atto con cui
il bando è stato indetto, nonché sul contenuto
del bando medesimo, con riferimento, in
particolare:
(a) alla ragionevolezza dell’accorpamento
tra Palazzo Comi ed il Circolo
cittadino di Lecce, sulla base, tra l’altro,
della constatazione, invero di buon senso,
che, ovviamente, le risorse umane e le professionalità
necessarie per gestire due entità
completamente diverse sono ovviamente
anch’esse notevolmente differenti;
(b) alla
violazione del principio di sana e corretta
amministrazione e di quello di leale collaborazione
tra le varie amministrazioni dello
Stato, immanente al fatto che il bando è stato
emesso allorquando era già chiaro che la
Provincia di Lecce sarebbe stata privata, di
lì a poco, della titolarità giuridica del bene;
(c) al rispetto, allorché il bando è stato redatto
ed emesso, di tutti i requisiti, procedurali
e formali, imposti ex lege. Va da sé che una
tale disamina è suscettibile di sfociare nella
decisione di impugnare il bando, da parte
sia del Comune di Tricase che di associazioni
portatrici di interessi c.d. “diffusi”.
2) Si insista affinché, se la procedura di gara
continuasse il suo iter, il Comune di Tricase
sia rappresentato in seno alla commissione
di gara.
3) Si instauri un processo partecipativo volto
all’elaborazione di un programma per l’utilizzo
efficiente e finanziariamente sostenibile
di Palazzo Comi. E chissà che, cosa che
mi auspico, quest’esercizio non catalizzi
un’analisi, in quest’ottica, del patrimonio
comunale, la cui gestione mi sembra assolutamente
migliorabile: questione, questa, su
cui sia le forze politiche che la c.d. “società
civile” sono, da tempo immemore, e direi inquietantemente,
silenti.