La questione di Palazzo Comi: siamo al teatro nel teatro di Luigi Marcuccio

Una cosa è certa. Sulla questione del bando di gara indetto dalla Provincia di Lecce per la gestione di Palazzo Comi (locuzione con cui intendo riferirmi al congiunto dell’immobile ove Comi abitò e della biblioteca provinciale ivi ubicata) si è scritto di tutto (anche se forse non tutto...) e di più. Ed invero l’evoluzione (o forse il regresso...) della discussione in merito a questo tema non mi sembra esente da una crescente, e preoccupante, autoreferenzialità. L’oggetto della discussione, indubbiamente senza che ciò possa essere imputato ad alcuno dei protagonisti (dicevano i romani: senatores boni viri, Senatus mala bestia...), si è spostato dal futuro gestionale di Palazzo Comi a questioni di mero contorno: tali sono (e l’elenco non è esaustivo) la congruità del prezzo al quale la Provincia di Lecce lo comprò più di cinquant’anni fa, la qualità della poesia di Comi, la sua munificenza e quella dei suoi genitori, la sua natura, o meno, di poeta minore, il ruolo rivestito dai poeti minori nella letteratura, i titoli accademici ovvero le competenze di Tizio ovvero Caio e la loro legittimazione ad intervenire nella discussione. (...) Quali sono, a mio modesto parere, i punti e le questioni fondamentali della discussione, e quale un abbozzo di strategia per farvi fronte? 1) La Provincia di Lecce, proprietaria di Palazzo Comi, ha pubblicato un bando di gara volto ad affidarlo, dietro pagamento di un canone, ad un gestore, il quale, in un’ottica imprenditoriale, tesa alla sostenibilità finanziaria dell’operazione, rimoduli l’offerta dei servizi finora lì offerti, verosimilmente affiancando alla biblioteca ivi ubicata delle attività di ristorazione, vendita di prodotti locali ecc.
2) Almeno due aspetti di quest’intendimento, da parte della Provincia di Lecce, lasciano perplessi: (a) innanzitutto, un unico bando di gara è stato indetto per la gestione di Palazzo Comi e del Circolo cittadino di Lecce, le quali sono due realtà profondamente diverse, senza alcuna mutua relazione. In secondo luogo, l’alienazione della gestione di Palazzo Comi avviene nell’immediatezza della sostanziale abolizione dell’Ente Provincia e del trasferimento dei beni di proprietà di questa ad altri Enti pubblici.
3) È però giocoforza notare che quest’intendimento, quantomeno astrattamente, si inserisce nel solco di una tendenza, a mio modesto parere assolutamente da secondare, volta a:
(a) favorire l’ingresso dell’iniziativa economica privata nell’offerta di beni e servizi precedentemente riservati alla pubblica amministrazione;
(b) prevedere l’intervento, ovvero la continuazione dell’intervento, da parte del settore pubblico, nella produzione di un bene ovvero un servizio esclusivamente laddove, e nella misura in cui, vi è una discrepanza tra l’utilità che ne deriva il singolo individuo e quella che afferisce alla collettività, vale a dire, per usare un linguaggio tecnico, qualora vi siano esternalità positive derivanti dall’attività medesima.
4) Un tale intervento può concretizzarsi o in un sussidio alla produzione del bene ovvero servizio in questione, commisurata alla discrepanza di cui si è detto, oppure nella produzione diretta di questo. Tale ultima opzione, comunque, dovrebbe essere limitata al caso in cui nessun privato è disponibile ad investire in quest’ambito: il settore pubblico è strutturalmente incapace di tenere nella dovuta considerazione l’efficienza nella gestione di una determinata attività, la quale è, in ultima analisi, indispensabile ai fini della sostenibilità nel tempo della stessa. Peraltro, qualora, come mi sembra nel caso di Palazzo Comi, sia necessario un investimento monetario, l’intervento del settore pubblico, quantomeno in assenza di partnership con i privati, appare problematico dati i vincoli di bilancio cui questo è sottoposto.
5) È difficile non concordare con il fatto che: la fissazione di un prezzo da pagare per fruire di un bene ovvero un servizio: (a) da un lato funge da fondamentale segnale di gradimento, da parte della collettività, dell’offerta di quel bene e/o servizio, segnale questo che non è prodotto qualora il bene e/o il servizio venga messo a disposizione gratuitamente di coloro che ne vogliono usufruire; e (b) dall’altro, permette di concorrere all’equilibrio finanziario dell’operazione in questione.
6) Il Comune di Tricase, aspirando a che i beni oggetto del bando suddetto siano acquisiti al patrimonio comunale, e comunque ritenendo, a ragione, di avere un interesse all’utilizzazione futura di Palazzo Comi, ritiene che la Provincia di Lecce, nelle more della sua sostanziale abolizione, dovrebbe astenersi dal prendere decisioni che vincolino il successivo titolare della proprietà del medesimo. Trattasi ovviamente di un anelito legittimo ed una posizione ragionevole, invero meritevoli di consenso ed appoggio, purché si eviti che una logica meramente “acquisitiva” si traduca in un mero “incameramento” del bene in questione, che non apporti alcun beneficio alla collettività, ovvero addirittura determini un onere a carico dell’erario comunale.
7) La paventata alienazione della gestione di Palazzo Comi ha ingenerato un certo nervosismo, sia da parte dei dipendenti della Provincia che attualmente vi prestano servizio che di taluni cittadini. I primi temono per il loro futuro occupazionale, i secondi per una riduzione, ovvero una rimodulazione delle attività di Palazzo Comi, in senso oneroso per gli utenti. ebbene, quanto al personale, quello che si intravede, al più, di certo non è la perdita del posto di lavoro ma un trasferimento ad altre funzioni ovvero altra sede: e comunque, spiace doverlo dire in modo forse un po’ ruvido, il Comune di Tricase non può certo farsi carico di tale problema, qualora malauguratamente si concretizzi. Quanto alla riduzione dei servizi erogati da Palazzo Comi, non mi sembra che vi sia alcun pericolo concreto a che quelli “essenziali”, vale a dire legati alla consultazione di libri non reperibili nella zona ovvero (forse) documenti, siano interrotti. Certo, forse essi saranno in futuro erogati in regime di compartecipazione alle relative spese da parte degli utenti, ma, come già detto prima, non ci vedo nulla di male, anzi personalmente mi auguro che ciò avvenga. D’altra parte, la “gratuità”, per gli utenti, inerente l’erogazione di un servizio pubblico, è a ben vedere, fittizia: come noto, “nessun pasto è gratis”, insomma alla fine il conto qualcuno lo deve pagare sempre, e nella fattispecie lo paga la collettività attraverso l’imposizione fiscale.
8) Non vi è alcuna ragione per escludere che l’attività della biblioteca di Palazzo Comi possa essere espletata in un luogo differente, magari all’interno della biblioteca comunale di Tricase, la quale peraltro ha visto negli ultimi anni un sensibile incremento nella quantità di risorse umane allocate al suo funzionamento ed è stata dotata di una nuova sede. Di conseguenza, Palazzo Comi potrebbe essere destinato a scopi differenti da quello di sede di una biblioteca, concesso in gestione a privati/associazioni ovviamente su base sinallagmatica, oggetto di un contratto di tipo “project financing” tra il Comune ed investitori privati, oppure forse, sic et simpliciter, alienato in tutto ovvero in parte, con i relativi proventi investiti in altri ambiti dell’attività comunale.
9) Non ho nulla in contrario, anzi sono favorevole, a che nel Palazzo Comi siano ubicate delle attività di natura commerciale, non solo in commistione, fisica ovvero anche gestionale, con l’attività di una Biblioteca, ma anche in via esclusiva. Giungo infine alla proposizione di una strategia per affrontare la questione.
1) Sia il Comune di Tricase che la c.d. “società civile” continuino ad adoperarsi perché la gara indetta dal bando in questione non sia, per il momento, espletata: insomma, che si cerchi di mettere di nuovo la palla al centro. In questo contesto, varrebbe la pena di interrogarsi sulla legittimità dell’atto con cui il bando è stato indetto, nonché sul contenuto del bando medesimo, con riferimento, in particolare:
(a) alla ragionevolezza dell’accorpamento tra Palazzo Comi ed il Circolo cittadino di Lecce, sulla base, tra l’altro, della constatazione, invero di buon senso, che, ovviamente, le risorse umane e le professionalità necessarie per gestire due entità completamente diverse sono ovviamente anch’esse notevolmente differenti;
(b) alla violazione del principio di sana e corretta amministrazione e di quello di leale collaborazione tra le varie amministrazioni dello Stato, immanente al fatto che il bando è stato emesso allorquando era già chiaro che la Provincia di Lecce sarebbe stata privata, di lì a poco, della titolarità giuridica del bene;
(c) al rispetto, allorché il bando è stato redatto ed emesso, di tutti i requisiti, procedurali e formali, imposti ex lege. Va da sé che una tale disamina è suscettibile di sfociare nella decisione di impugnare il bando, da parte sia del Comune di Tricase che di associazioni portatrici di interessi c.d. “diffusi”.
2) Si insista affinché, se la procedura di gara continuasse il suo iter, il Comune di Tricase sia rappresentato in seno alla commissione di gara.
3) Si instauri un processo partecipativo volto all’elaborazione di un programma per l’utilizzo efficiente e finanziariamente sostenibile di Palazzo Comi. E chissà che, cosa che mi auspico, quest’esercizio non catalizzi un’analisi, in quest’ottica, del patrimonio comunale, la cui gestione mi sembra assolutamente migliorabile: questione, questa, su cui sia le forze politiche che la c.d. “società civile” sono, da tempo immemore, e direi inquietantemente, silenti.

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