Se non fosse stucchevole per i lettori, il dialogo a distanza con Gloria Fuortes, direttrice di
casa Comi, sarebbe anche divertente. Potrebbe pure essere pieno di spunti interessanti sul
piano storico e letterario, se la professoressa non la mettesse su un piano prettamente personale.
Capisco che la direttrice non è abituata ad un certo tipo di linguaggio, ma vedo che
come tanti beneducati educatori, non sa resistere alla pur minima critica e passa immediatamente alle offese… Buon per lei, le farà bene, evidentemente...Ad ogni buon conto, tralasciando le contumelie personali (a lei invece
permetto di parlare di tutto, anche di supermercati, macellerie, libri, sport e politica),
cerco con maggiore chiarezza di concentrare il mio pur discutibile pensiero, precisando che
molte delle mie considerazioni non sono funzionali all’imminente gara di aggiudicazione
ma ad una visione storicizzata che permetta di creare in futuro qualcosa di veramente utile e interessante:
1. Se non ci fosse stato il tempo che c’è stato, quello delle vacche grasse, Palazzo Comi non sarebbe mai diventato bene pubblico. Ci sono centinaia di palazzi del genere nel Salento e centinaia di poeti... A nessuno è venuto in mente di far acquistare, per quanto convenienti, il bosco dove si rifugiava Salvatore Toma o la casa materna di Bodini, così come è in rovina la villa di Carmelo Bene a Santa Cesarea Terme.
Evidentemente all’epoca si poteva fare, si potevano assumere persone in abbondanza amichevole e gestire il tutto con pacifica trascuratezza. Inoltre il poeta, che nella difficoltà economica si dedicava ad un cattolicesimo integralista, aveva le giuste e amorevoli conoscenze.
Amen.
2. Oggi siamo alle nemesi storica: la Provincia, i Comuni si devono spogliare di quei beni ritenuti poco efficienti o comunque non utilizzati al massimo livello; il consuntivo decennale della Biblioteca Provinciale di palazzo Comi è vicino allo zero in termini di visibilità, di presenze, di esperienze, di centralità nella vita di tanti lucugnanesi e del Sud Salento in generale. Il bando forse è sbagliato, ribadisco, ma la strada era segnata da anni (strano che tanti lungimiranti politici se ne accorgano solo ora).
3. Solo chi è all’interno di certe situazioni, come la Fuortes, con una visione tutta interiorizzata, può sbandierare quel cenacolo di poeti come centro culturale di prim’ordine. Il citato bigliettino di cortesia di Ungaretti ne è la prova. In esso il poeta vede l’Accademia come sforzo lodevolissimo, come incoraggiamento, certo non si rivolge ad un pari grado. Del resto anche Bodini (certamente il miglior poeta del novecento salentino) aveva bollato tale esperienza come “di astratta universalità e di classico conformismo”. Ancora Bodini scrive: “L’Accademia salentina è un nobile svago personale di Girolamo Comi che vive a Lucugnano ripartendo la sua attività fra sonetti e saggi cattolici e le cure di un oleificio”. Più recentemente Franco Martina, individuava ne "L'Albero" l'espressione più che dell'Accademia salentina, del clima politico e culturale di quegli anni, tutto segnato dallo sforzo di imporre un'integrale egemonia cattolica" e fissava l'impegno di quella comunità di intellettuali nella ricomposizione, attraverso la rivista, del "rapporto arte-società al lume dell'esperienza cristiana". Inoltre, replicando a Maria Corti, Martina rimarcava la sua tesi sostenendo che "l'Accademia salentina appare più un modo di celebrare la cultura, in specie quella letteraria, che di farla: un modo più di chiudersi (per chi la proponeva) nella tradizione ("terra di accademie e di monaci sapientissimi") che di aprirsi alla realtà circostante". Insomma alcune tesi su quell’esperienza non sono mie ma di studiosi, anche contemporanei, ben più prestigiosi di me;
4. Che poi Comi sia un poeta minore non può essere un’offesa - né una mia conclusione -, perché è un dato di fatto. Conosciuto più come fondatore e coordinatore della rivista “L’Albero”, nessun critico serio lo inserisce in nessuna antologia di letteratura italiana e se non fosse stato per la meritoria opera di Valli, oggi sarebbe uno sconosciuto. Magari sarò smentito dalla storia nei prossimi secoli, intanto ad oggi, a quasi cinquant’anni dalla sua morte, la situazione è questa. Può non piacere a qualcuno ma non ci posso fare niente, a meno che non voglia scrivere cose false. Ritengo che tracciare senza ipocrisie e false santificazioni le storie degli uomini sia un modello comportamentale idoneo alla crescita collettiva (vedi ad esempio ultimi studi su Leopardi che finalmente hanno ribaltato l’immagine imbalsamata che era stata tramandata).
5. Nel mio articolo precedente affermavo con forza la necessità che le biblioteche (tutte) diventino luoghi centrali, dinamici, attenti alle nuove tendenze, dove gli orari di apertura, le fruizioni alternative, i momenti di riflessione e studio possono esser conditi -come del resto succede ormai in tutti i luoghi di cultura mondiali - con altri elementi di socialità (quali il cibo e musica ad esempio). Intuisco che ad un certo tipo di intellettuale tutto orientato al passato, al conservatorismo, alla staticità della Cultura, questo discorso fatto con ruvidezza, forse, può risultare indigesto perché foriero di cambiamenti troppo severi rispetto alla propria consolidata disciplina e un po’ sinceramente me ne dispiace perché non si riesce a procedere nella stessa direzione pur avendo gli stessi obiettivi.
6. A ben guardare queste differenti visioni con la Fuortes non sono personali ma simbolo del contrasto, anche politico, di chi cerca di smuovere da decenni lo status-quo socioculturale del nostro Sud e chi, dietro il paravento della tradizione, non riesce a far librare i luoghi e soprattutto la mente verso nuovi confini e nuovi modelli. Ed ecco il motivo per cui alcuni posti simbolo della nostra cultura saranno spazzati via, cosa di cui mi dispiaccio veramente e per cui lotto, anche con inviti che possono sembrare sprezzanti. So solo che se tutto rimane com’è stato, se si ripetesse il languore degli ultimi decenni, tutto finirà in fumo, compreso casa Comi. Sarebbe inoltre interessante che su tali argomenti intervenisse anche qualche altro critico, letterato, poeta, professore, operatore culturale o meccanico (perché no?). La sola Direttrice, per quanto preparata, rimane una voce non imparziale del mondo che circolava intorno alla figura di Comi poeta e all’utilizzo della Casa/biblioteca che oggi porta il suo nome. So che molti ragazzi si sono laureati con tesi su Comi: mi piacerebbe ascoltare un loro commento sereno e critico.
7. Quanto alle declamate lauree della bibliotecaria Fuortes, ai suoi numerosi e prestigiosi incarichi, pur avendo un attimo di imbarazzo per la sua caduta di stile egocentrica, sono felice per lei, le sue conoscenze, le sue indubitabili doti, per il suo importante cognome che spero sempre più possa essere al servizio della Cultura nazionale, mentre la saluto con rinnovato spirito d’armonia.