Mi ero ripromessa di non rispondere più alle esternazioni del Sig. Alfredo De Giuseppe, riguardanti Palazzo Comi, ma visto che continuano ad essere pubblicate su questo giornale, mi trovo costretta a rispondere nuovamente alle sue, diciamo così, imprecisioni. Nel numero precedente de il volantino, De Giuseppe, in un articolo intitolato Le biblioteche di Tricase, conclude così ‘...ma la vera forza di una biblioteca è stare al centro del mondo che cambia’. Per lui, invece, il tempo si è fermato alle situazioni e agli anni che descrive, visto che ripropone, aggiungendo solo poche righe finali, un articolo, per certi versi memorabile, scritto nel 2000. Nel 1980, racconta, andò in esplorazione a Palazzo Comi ed ebbe l’ impressione di una casa ‘triste, senza anima, senza attività, senza libri, con la porticina semichiusa, il primo piano sprangato, attenti a non disturbare’. Probabilmente ignora che al primo piano abitava la vedova di Comi, Tina Lambrini. Questa anziana signora provvedeva, con molta fatica, alla manutenzione dell’intero Palazzo; delegata dalla Provincia, con un assegno minimo, fermo da tempo, doveva provvedere al suo sostentamento, al riscaldamento di numerosi e grandi ambienti, all’ordinaria manutenzione e alle pulizie. Le richieste di Tina, protocollate dall’amministrazione provinciale, e pubblicate nel libro di Francesco Accogli ‘Per Girolamo Comi’, che testimoniano le evidenti difficoltà economiche, furono tardivamente accolte solo un anno prima della sua morte. Nel 1960 la Provincia di Lecce, non essendo un’ente di beneficienza, acquistò Palazzo Comi non con lo ‘scopo di assicurare una dimora alla vecchiaia del poeta’, come scrive De Giuseppe, ma per convenienza economica. Per soli 11 milioni di lire (7.500.000 lire per il fabbricato e giardini e 3.500.000 per mobili e biblioteca) comprò un palazzo ricco di storia, con tutto ciò che in esso era contenuto, compreso un consistente patrimonio librario, la biblioteca personale del poeta, valutata dall’allora direttore della Biblioteca Provinciale di Lecce, Teodoro Pellegrino, di elevatissimo livello, e stimata, come valore economico, intorno ai 5 milioni di lire. Ad offendere la memoria di chi non è più tra noi ci vuole poco, ma De Giuseppe raggiunge il colmo quando definisce l’Accademia Salentina un luogo ‘di ritrovo un po’ snob, un po’ goliardico di poeti ormai a corto di emozioni’. Solo il coraggio dettato dalla non conoscenza può permettere di fare simili affermazioni! Casa Comi, come ormai tutti sanno, con la fondazione dell’Accademia Salentina divenne un centro di incontri culturali di prim’ordine, frequentato da letterati, poeti e artisti di ogni parte d’Italia come Anceschi, Angioletti, Spagnoletti, Assunto, Falqui, Macrì, Marti, Corti, Segre, Sansone, Bellonci, Macchia, Gabrieli, Binni, Gatto, Ciardo, Bodini, Pagano, Calò, Ferrazzi e moltissimi altri. L’epistolario di Comi è ricco di lettere di stima e di apprezzamento per le sue iniziative: l’Accademia, la Casa editrice e la rivista L’Albero. A questo proposito, Ungaretti nel 1955 scrive a Comi che l’esperimento della rivista L’Albero ‘è uno sforzo lodevolissimo’ e si rallegra ‘per il riconoscimento dato finalmente all’ottima tua poesia’. Ma De Giuseppe non è dello stesso parere e nella stima di cui oggi gode Girolamo Comi non vede altro che operazioni di marketing mirate a dare lustro di facciata a un poeta minore. Ignora che i poeti minori sono il tessuto connettivo di cui necessariamente si nutre lo spirito dei tempi e l’ispirazione dei poeti maggiori. Continua De Giuseppe: [Comi] ‘di cui tutti i cittadini di Lucugnano avevano un pessimo ricordo’ ... Chi Alfredo De Giuseppe frequenti a Lucugnano, e da chi ricavi queste informazioni non è importante. Ma, forse, cambierebbe idea se avesse letto il libro Comi uomo di ogni giorno, nel quale due dipendenti di Lucugnano, Indino e Minerva, hanno trascritto le numerose testimonianze rilasciate dagli anziani di Lucugnano. Dalla lettura di questo e di altri libri e dai racconti fatti a me personalmente da persone affidabili, emerge un quadro esattamente contrario a quello che lui dipinge. In realtà la generosità e l’affabilità del poeta, senza supponenza né alterigia verso la gente di Lucugnano, è notoria. Una testimonianza, tra le tante simili, è quella del maestro figulo Augusto Fiore Indino: ‘Quannu u Cugnanu era piccinnu, ca quattru catti erene, e abitavene tutti ntra rua de cafudda, a ggente scia tutta allu palazzu pe llu manciare, cu lli cerchene i sordi... E lu barone ccuntentava tutti’. È necessaria una traduzione? D’altronde la generosità era una tradizione di famiglia. Non tutti sanno che i genitori di Comi, l’ultima domenica di ogni mese, rifornivano con scorte di cibo e denaro tutti i poveri del paese e limitrofi, che si radunavano davanti al portone di Palazzo Comi. E veniamo all’oggi. De Giuseppe scrive che il palazzo fu acquistato con lo scopo ...negli anni dello spreco generalizzato, [di assicurare] un tranquillo e sereno posto di lavoro per un certo numero di bibliotecari. Perché il corsivo? E perché continua sempre con gli stessi argomenti ormai logori? È necessario che le indichi il possesso dei miei titoli per mettere fine alla sua ironia? Laurea in Lettere (110 con lode) all’Università degli studi La Sapienza di Roma. Esperienza lavorativa più che ventennale alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma - Uff. manoscritti e rari. Vincitrice del concorso indetto dal Ministero dei Beni Culturali e ambientali sia per l’VIII, che per IX livello, per il profilo professionale Bibliotecario Direttore e Bibliotecario direttore coordinatore. È sufficiente questo per essere definita una bibliotecaria senza corsivo, in grado di gestire una biblioteca insieme con persone che sono in possesso di tutte le competenze necessarie per il compito che sono tenute a svolgere? Sig. tuttologo Alfredo De Giuseppe, per favore, parli di supermercati, di economia o di qualsiasi altro argomento conosca bene, ma la prego di smettere di insinuare che i dipendenti di Casa Comi siano un gruppo di sfaccendati, la smetta di parlare di Comi senza conoscere né l’uomo né il poeta, e smetta soprattutto di parlare tanto per parlare. È vero, ‘A volte bisogna scrivere’, ma altre volte, quando non si è a conoscenza delle situazioni e delle persone, come in questo caso, è molto meglio, anzi, bisogna tacere.
di Gloria Fuortes