Ha preso piede negli ultimi anni una prassi politica più propensa alla forza dei gesti, visti come passaggio obbligato per raggiungere un obiettivo, piuttosto che impegnata a perseguire il bene comune attraverso canali tradizionali ma pur sempre istituzionali. A partire dalla TAV per poi passare, per venire alle vicende di casa nostra, all’occupazione degli Uffici della ASL per difendere i Servizi del territorio, all’occupazione di Palazzo Gallone da parte dei parcheggiatori e all’occupazione di Palazzo Comi da parte del Comitato sorto a sua difesa, prende piede l’idea che, inutile il dialogo ed il confronto ed inutile la domanda di giustizia, non rimanga altro che acquisire una posizione, anche mediaticamente forte, per poi attenzionare l’opinione pubblica e quindi raggiungere il bene sperato. Il punto è che in una democrazia della rappresentanza e in uno Sato di diritto sono le Istituzioni politiche a costituire il luogo del confronto e delle scelte, mentre è la Magistratura a decidere se determinate richieste siano fondate oppure no. Capita spesso che ai comitati si associno anche i politici che in questo modo rinunciano a svolgere il loro ruolo e talvolta si accodino anche gli operatori del diritto che finiscono per porre dubbi che ci possa essere una Giustizia o che la Giustizia sia giusta. Il punto delicato è se quel nobile ideale perseguito dai promotori di queste iniziative sia condiviso dalla maggioranza e risponda effettivamente al bene comune e se la reazione al torto subito sia giusta o sia contro la giustizia. La risposta, in uno Stato rappresentativo e democratico, viene data dalle Istituzioni democraticamente elette e dall’apparato giudiziario preposto a vagliare la domanda di giustizia. La questione è che ad essere in crisi è proprio la democrazia rappresentativa ed anche il potere giudiziario è da tempo attraversato da scarsa autorevolezza. Non sono mancati e non mancano episodi neppure tanto isolati che, all’interno del mondo politico e di quello giudiziario, hanno contribuito a delegittimare i luoghi istituzionali della democrazia e della Giustizia. Due tra tutti: il populismo demagogico in campo politico e il protagonismo di magistrati-politici. Eppure sorge un dubbio: il gesto eclatante e forte se finisce per essere il primo ed irrinunciabile strumento di lotta politica non rischia di innescare un meccanismo che, piuttosto che porre rimedio alla crisi di rappresentanza e di giustizia, ne diventa la causa stessa? E di conseguenza: se vengono meno i luoghi della politica e del confronto e quelli della verifica delle domande di giustizia, non si corre il rischio di far prevalere minoranze organizzate che perseguono finalità non condivise e non condivisibili? Per essere chiari: questi ultimi interrogativi non sono certo riferibili alle iniziative che ho sopra ricordato e tanto meno a quella di Palazzo Comi, ma la questione esiste e non è certo di secondaria importanza.

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