In quest’estate piena di teste tagliate dall’IS, di uomini e donne morti sotto il sole del caporalato, di migranti cadaveri nelle stive di pescherecci e camion, di bellissimi funerali a boss mafiosi, fa notizia, nel suo piccolo, il boom del turismo nel Salento. Forse il 2015 ha beneficiato della sostanziale chiusura delle località tunisine ed egiziane, forse in definitiva non siamo poi così male. Il boom che stenta a diventare sistema e a creare posti di lavoro stabili, in ogni caso esiste, fa sopravvivere centinaia di aziende che senza l’estate non potrebbero continuare. E il turismo di massa porta con sé una serie di effetti collaterali. Primo fra tutti il traffico: la nostra provincia si presenta senza alcun senso della viabilità, senza trasporto ferroviario (addirittura la Sud-Est è ferma la domenica) e senza alcun supporto pubblico/privato a quanti volessero muoversi senza la propria auto. Non ci sono piste ciclabili, non c’è manutenzione delle strade, sappiamo solo chiedere, inutili, costose Grandi Opere. Chi ha osservato con attenzione l’ampliamento della Maglie-Otranto ha capito perché tanta gente si oppone allo scempio della nuova 275. Fra l’altro su quest’arteria si è riusciti a costruire fra Lucugnano e Montesano una quasi inutile rotatoria da guinness dei primati, mentre a Surano non si riesce a canalizzare neanche le auto verso le attività commerciali (sorte peraltro in modo abusivo). Il semaforo di Surano è l’emblema della nostra vita quotidiana, inquinata da eccesso di burocrazia, da interessi inconfessabili di lobby storiche, da decisioni prive di buon senso, da stupide rivendicazioni campanilistiche. Fermi al semaforo di Surano ogni giorno gli ignari automobilisti, tutti insieme, si chiedono: nel paese delle rotatorie, perché non si riesce a fare l’unica davvero indispensabile? E tutti insieme rassegnati, per non spaccare il semaforo, stornano il pensiero verso la prossima sagra. Effetto collaterale grave è la supervalutazione fascinosa e acritica delle nostre bellezze. Ad esempio a Marina Serra, così di moda quest’anno sui social, c’è una piscina fra le rocce, tanto fotografata e frequentata da farla diventare una cartolina permanente. Però nessuno commenta l’orrendo bar, costruito con plastiche varie e multicolori che la domina. Nessuno sente l’odore del depuratore nelle ombreggianti acque del Rio. Queste disattenzioni, gravi per gli enti preposti, rischiano di diventare un boomerang: quando la moda delle foto tagliate a metà sarà passata e si parlerà sui media delle nostre pecche con la stessa intensità, si formerà una valanga che ci precipiterà addosso, tutti si accorgeranno delle orrende periferie di ogni Comune, dell’immondizia e degli abusivismi. Altro effetto collaterale è l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti e alcol. Soprattutto l’alcol sembra essere diventato lo status-symbol ideale per affrontare la notte da parte di stormi di giovani, impasticcati di facebook e selfie, di corse in auto e di musica assordante fin oltre l’alba. Bevono tutti, i ragazzi della taranta ballano a suon di vino economico, i signori e le signore di una certa età non si perdono mai un buon cocktail in compagnia di altri signori più vip, che pare dalla città abbiano portato solo questa ventata di civiltà. Perfino i miei amici Helen Mirren e Taylor Hackford hanno deciso di lasciare segno tangibile della loro presenza salentina aprendo un locale a Tricase di soli superalcolici, imbottiti anche di mielose fragranze californiane/tropicali (io gli avrei suggerito di aprire un punto superspecializzato di melograni, fichi d’india e opunzie in tutte le loro varianti). Noi poveri provinciali siamo da colonizzare in tutto, anche nelle modalità di intrattenersi al bancone: una sera, in uno dei 63 bar di Tricase, ho chiesto una semplice Lemonsoda senza ghiaccio e ho notato che molti si son voltati ad osservare da quale pianeta venissi (fra l’altro il bar non ce l’aveva). Anche una delle serate più originali di quest’estate, con Salvatore Cafiero e la sua chitarra, organizzata dall’Associazione Tricasèmia aveva come titolo “Drink and Blues”. Musica e Vodka sono ormai un connubio indissolubile, totalizzante, tanto che non bere significa essere Out? Entrare in un’estasi alcolica è la migliore lotta interiore alla nostra società, fatta da moltitudini solitarie? Quando i ricercatori inventano un nuovo farmaco sanno che la prima cosa di cui preoccuparsi sono gli effetti collaterali. Qui nessuno se ne preoccupa, si rischia di far morire il paziente per assenza di controlli culturali, sociologici e organizzativi sulle nostri estati. Oggi nel Salento bisognerebbe studiare per bene il territorio, coordinare le azioni dei 97 Comuni, capire che viviamo in un fazzoletto di terra, che non ha risorse infinite e che bisogna trovare le giuste soluzioni per accogliere milioni di persone. Invece rischiamo estati sempre più calde e alcoliche, mari sempre più sporchi, sempre più cafone le notti, sempre più frastagliate e frenetiche le giornate. E noi, nella nostra limitatezza, fra una limonata, seppure industriale, e una frisella al pomodoro, aspettiamo di capire dove vogliamo andare.