Mi ha fatto molto piacere vedere nei giorni scorsi i Sindaci del Basso Salento manifestare contro le trivelle del petrolio nel nostro mare. Mi sono pure per un attimo preoccupato quando ho sentito che stavano iniziando uno sciopero della fame (non avremmo sopportato un’eventuale riduzione del loro attivismo). Poi ho visto che erano presenti anche i sacerdoti, i vescovi, quelli di destra e quelli di sinistra, i diportisti e i turisti, i buoni e i cattivi, tutti contro le trivelle, compreso Telerama. Mi son chiesto perché di tanta determinazione e ho trovato una sola risposta: sparare genericamente contro il petrolio è a costo zero. Queste società di ricerca petrolifere sono anonime, non si sa mai con chi prendersela, capitali lussemburghesi o londinesi, manager senza storia, perfette coperture dei grandi interessi sovrannazionali, di quelle che una volta si definivano “le sette sorelle”.
Partecipare è bello: manifestazioni mediatiche, che fanno immagine e non ti creano nessun problema, non c’è un nemico chiaro, non ci sono intimidazioni e soprattutto interessi locali. Quindi tutti ambientalisti convinti, tutti pronti a mantenere la posizione, duri e puri, magari contro il governo Renzi, che hanno appena votato in ogni luogo. Gli elettori, convintamente, applaudono, nessuno difende le “trivelle del progresso”, i giornali ne parlano, le interviste fioccano, i link e i tag si sprecano sui social network. Pure i 5 Stelle sono d’accordo, quando si dice l’unanimismo delle idee.
Peccato che gli stessi Sindaci, nei loro Comuni, proprio sotto il loro naso, non a 20 miglia marine, chiudano gli occhi più di una volta. Sono ambientalisti ad intermittenza, sono spesso pragmatici osservanti del credo canonico politico e silenziosi osservatori/progettisti degli scempi più eterogenei. Sindaci e Prelati, ad esempio, non hanno sentito l’esigenza di manifestare contro il programmato intervento al Ciolo di ferro, cemento e chiodi, così come non li ho mai visti indignarsi seriamente per gli scarichi a mare, per i pozzi neri sulle case della litoranea, per le costruzioni abusive e anche per quelle mai terminate, orrendi monumenti al disastro del Sud. Mai ho visto un’azione congiunta per la soluzione dei depuratori che scaricano a mare e spesso nei posti più belli, perché non si considera, neanche nei tanti retorici incontri, che il mare non ha confini ben stabiliti e quindi la soluzione non è comunale ma globale. Sindaci che hanno concesso di tutto per un voto, che hanno spesso svenduto l’ambiente per non mettersi contro il potente di turno e il politico amico (che a sua volta ha una ditta importante da proteggere). Classico esempio è la vicenda della 275, per chi avrà voglia di rileggersi con capacità critica quell’intera avventura politicante (perché non si fa l’ampliamento fino a Montesano e si pretende di scempiare l’ultima parte ancora sana?). Dov’erano sindaci e vari quando proliferavano le discariche abusive, sulle quali poi si è scelto di far passare delle nuove strade? Tombaroli di professione i nostri amministratori, come quel sindaco di Patù che cementificò un’intera area messapica perché una cooperativa doveva costruire delle pessime case popolari.
La Regione Puglia ha istituito il Parco Otranto - Santa Maria di Leuca, anche quello strumento singhiozzante di concessioni amichevoli o forzate o comunque inconcepibili. Pochi giorni fa passavo dallo stabilimento “Le Zagare” a marina di Marittima vicino ad “Acquaviva”: è nata in zona Parco, a non più di 50 metri dal mare, un’orrenda costruzione che mai si sarebbe dovuta concedere. Invece il sindaco di Diso ha facilmente firmato il permesso a costruire all’industrialotta bolognese venuta nel Sud ad investire… Investimenti bacati, inutili, dannosi, destinati ad impoverire ulteriormente non certo ad arricchire. E l’Ente Parco che si muove ogniqualvolta un contadino ripara un muretto a secco, che fa? Silenzio intermittente, come la concessione ad un altro gruppo di bresciani che stava costruendo decine di pajare abusive sotto Torre Nasparo di Tiggiano.
Con esempi grandi e piccoli potremmo continuare all’infinito, elencare i mostri di ogni singolo Comune, i misfatti delle Amministrazioni del Sud degli ultimi 50 anni (che Sud sarebbe se no?) ma non cambierebbe il giudizio complessivo: i nostri politici attaccano il nemico lontano mai quello vicino. Negli stessi giorni della protesta dei Sindaci sul sagrato della Madonna di Leuca, Niki Vendola veniva rinviato a giudizio per le presunte connivenze col gruppo Riva nel disastro ambientale dell’Ilva di Taranto. Il presidente che pur sempre guida una formazione definita Sinistra Ecologia e Libertà, si preoccupava di fare qualche piccola modifica, di fare qualche annuncio sul cambiamento della Puglia, ma di non disturbare molto il manovratore che infatti portava tutti i profitti all’estero e si guardava bene dal predisporre un vero piano di risanamento.
Sorgono così spontanee alcune domande. Se le trivelle si spostano di poche miglia e ricercano petrolio o gas nelle acque albanesi o greche abbiamo superato il problema? Se il tubo dei depuratori poco funzionanti si allungano di un chilometro, siamo tutti più sani? Se la centrale di Cerano inquina quanto l’Ilva importa a nessuno? Fra una lobby che promette soldi e voti e un ambiente più dimensionato sui bisogni collettivi che scelta farebbero i nostri politici? Perché ogni sindaco immagina, progetta, sogna una nuova (inutile) zona industriale, un fenomenale piano coste e un eccellente piano traffico? C’è qualcuno che pensa alle ferrovie, alle piste ciclabili (vere), ai sentieri di campagna e in generale a come diminuire l’impatto della nostra spazzatura?
Piccola morale: non c’è altra strada di un rapporto ecologico molto più complesso, interconnesso, passionale e lungimirante. Il politichese non porta da nessuna parte, le colorite manifestazioni mediatiche ci portano fuori strada e fanno perdere di vista l’obiettivo principale: trovare una coerenza ambientale che dia continuità secolare alla bellezza e al benessere.