Dire così, fame, è come dir niente. Avere fame implica pranzi, cene, merende, colazioni, aperitivi, stuzzichini, piatti mezzi pieni e mezzi vuoti, bibite dolci, amare, frizzanti, fredde, fresche, con ghiaccio, salatini, arachidi salate, mandorle tostate, panini. Dire così, fame, è come dire niente. Avere fame, da noi, significa pregustare, anticipare, immaginare: una certezza, il pasto.
Invece, altrove e per altri, avere fame è condizione, non momento. È ontologia, non istante. Significa non potere, non poterne più, non immaginare neppure, non pregustare, non anticipare, non spezzare, non stimolare, non preparare. Avere fame, per altri e altrove, significa non pensare ad altro, non riuscire in altro, non potere altro: significa essere tutto con la fame, tutto nella fame, tutto per la fame. In una condizione di oppressione tirannica, dispotica, assoluta, totale, radicale.
Avere fame. Che ne sappiamo noi, qui, presi come siamo da tante forme di fame simbolica: fame di successo, fame di applausi, fame di fama? Cosa ne sappiamo noi, della fame, se possiamo buttar pane di ieri, carne di oggi, pasta di stasera? Avere fame è non potere buttare via neppure le scuse, non poter sprecare neppure le attese. Avere fame. Corpo che divora il proprio corpo. Stomaco gonfio. Occhi prepotenti. Mani tremanti. Fame, ossessione. Dolore. Insonnia. Tormento. Fame. Disperazione, strazio, malattie, morte precoce. Non ne sappiamo nulla, non ci interessa neppure, non importa. Non abbiamo fame, noi. Ci sono più cose e cose più serie, per noi. Abbiamo le rate, le bollette, il mutuo, il Pil, la partita di pallone, l’aperitivo delle 18.45 sul mare, i crostacei, il pesce crudo, il pesce cotto, a me il menu, a te di più, i piatti pieni che tornano indietro, il “non ne posso più sto scoppiando”: avere fame, per noi, non significa niente. Non due frise e due fichi. Semmai tre frise a 8 euro in qualche localino chic e i fichi lasciati a marcire, tanto l’albero è pieno.
Avere fame, corpi sottili, pance gonfie, pallore. La fame è bianca, fa bianco il mondo, rende tutti bianchi, rende tutti pallidi, rende tutti feroci; oppure spegne, lentamente, sottilmente, crudelmente. Come un virus vigliacco. Più di 800.000.000 milioni di individui, oggi, hanno ancora fame. Moriranno per la fame, se non subito tra un po’; se non di fame stretta di fame lunga: sotto-nutrizione, scarsa nutrizione, insufficiente nutrizione. Niente diete solo proteiche, niente taglio dei carboidrati, niente tisane prima di uscire. Fame significa niente.
Ridotti a niente, nell’epoca della maggiore produzione, e del maggiore spreco, di cibo che la storia ricordi, milioni di individui, lontani dai nostri occhi satolli e lussuriosi, crepano di fame. Tantissimi bambini, figli che potrebbero essere nostri, ma che nostri non sono, dunque chi ci pensa? Abbiamo una cena di affari, un pranzo di famiglia, un aperitivo tra amici, una cenetta a lume di candela, una colazione per proporci delle buone opportunità.
Dati? Ecco quelli del Programma Alimentare Mondiale: “805 milioni di persone nel mondo non hanno abbastanza da mangiare. Questo numero è diminuito di 209 milioni dal 1990. La stragrande maggioranza delle persone che soffrono la fame (709 milioni) vive nei paesi in via di sviluppo, dove il 13,5% della popolazione è denutrita. L’Asia ha la più alta percentuale di persone che soffrono la fame nel mondo (circa 525 milioni), ma questo numero si sta riducendo. Se le donne avessero lo stesso accesso degli uomini alle risorse, ci sarebbero 150 milioni di affamati in meno sulla terra. La scarsa alimentazione provoca quasi la metà (45%) dei decessi dei bambini sotto i cinque anni - 3,1 milioni di bambini ogni anno. Nei paesi in via di sviluppo, un bambino su sei (sono circa 100 milioni) è sottopeso. Un bambino su quattro nel mondo soffre di deficit di sviluppo. Nei paesi in via di sviluppo, questa percentuale può crescere arrivando a un bambino su tre. L’80% dei bambini con deficit di sviluppo vive in 20 paesi. Nei paesi in via di sviluppo, 66 milioni di bambini in età scolare - 23 milioni nella sola Africa - frequentano le lezioni a stomaco vuoto. Il WFP calcola che ogni anno sono necessari 3,2 miliardi di dollari per raggiungere i 66 milioni di bambini in età scolare vittime della fame”. Non ho altro da aggiungere. La fame non ha altro da dire alla nostra svergognata opulenza.