Diceva Winston Churchill, grande statista inglese, “la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre”. Ma lo diceva nel suo paese ove la democrazia era già ben sviluppata. Diversamente che altrove, ove con i voti (o meno) di popoli poco sovrani ci si sente sovrani eletti da dio. È successo e succede nei paesi arabi e africani (e non solo) ove la “primavera araba” della democrazia è sfociata nell’inverno più cupo e nelle migrazioni che ci stanno invadendo. Da noi, la primavera è arrivata un po’ in ritardo, ma a scaldarci non è quella araba, né quella fanciulla dai lunghi capelli sciolti e pochi veli addosso del famoso quadro di Botticelli, ma quella dell’impianto di compostaggio ove si “malcompone” ormai di tutto: affari e politica, verità e bugie, pareri favorevoli e contrari, promesse di oggi da negare domani, etc. E se la verità ha molte facce, come in un dado, in politica di facce ne ha ben di più. Per scegliere quella migliore o più pulita o meno falsa, il nostro sistema democratico, ha previsto preventive discussioni e approfondimenti attraverso partiti, associazioni, consigli comunali, commissioni comunali, cittadini, difensori civici, etc etc. Ma a nulla servono se poi la decisione è quella del “pensiero unico” che trasforma in povero “Kompost” la necessaria analisi preventiva, cognitiva e soprattutto democratica e collettiva. In particolare ove trattasi di grandi impegni economici a carico delle nostre tasche e con rilevante impatto sulle nostre abitudini e il nostro territorio. Territorio già disastrato da diverse grandi opere incompiute e abbandonate, da troppi servizi trasferiti altrove, da un turismo che non arriva perché poco incentivato e da tanti giovani che seguono i loro coetanei arabi e africani nell’esodo verso Nord per motivi, pur con ben diverse origini e conseguenze, sostanzialmente similari: carenza di sviluppo dovuto anche a carenza di democrazia. Di certo non vorremmo essere il paese delle troppe partenze ed ove gli unici arrivi sono: a levante i rifiuti liquidi da riversare sempre nel Rio, nell’attesa che la milionaria… “grande sventura” pubblica e privata delle acque reflue venga risolta, a ponente i rifiuti solidi da “compostare” per i nostri giardini e, ai quattro venti, quello della xylella fastidiosa che minaccia campagne ed ulivi. Per il compost, che sia almeno una decisione ben approfondita in senso tecnico, economico, ambientale e... democratico. Che derivi da una reale esigenza e dalla accurata analisi di più alternative (Perché addirittura tre impianti nel Salento? Perché a Tricase e non altrove? Perché lo stabilimento Adelchi?). È facile innamorarsi di una grande opera come fosse una gran bella donna da maritare al volo. Ma quando imposta da altri o da altri rifiutata è ancor più facile ritrovarsi sulla fronte (o il territorio) ben note protuberanze e il conto da pagare. Se, a Sinistra, dell’impianto di compostaggio si decantano le caste virtù, a Destra si grida al gran... malaffare. A chi dar retta? Forse a nessuno, perché le opinioni politiche sono un pò estreme e se non sono di partito sono di parte. Forse è il caso di rivolgersi alla propria coscienza ed alla propria capacità di approfondimento ed analisi e ad un processo decisionale ben più ampio. A parte altri fattori, un impianto di compostaggio della misura minima per essere remunerativo, come quello ipotizzato a Tricase, ha già in sé tutti i rischi di Non essere remunerativo. Nessuno può obbligare gli otto comuni interessati a conferire da noi (e non ad altri impianti più economici) i propri rifiuti. Già regioni e comuni finanziano le compostiere domestiche (con crescenti minori quantità da destinare all’impianto). Qualora l’impianto non fosse remunerativo, pagheremmo noi di Tricase la differenza? O l’impianto, gestito da privati, chiuderebbe lasciandoci in regalo un altro rudere costato milioni di “sordi nosci”? Non vi è il finanziamento per un completo piano economico che dia garanzie di successo per la completa realizzazione. Non vi è una mappatura preventiva che indichi il diffondersi degli odori in funzione del regime dei venti. L’assenza assoluta di odori è una mera utopia e la legge non lo prevede. Come in ogni “grande impresa,” vi sono rischi e incertezze ma da ridurre al minimo evitando decisioni velleitarie o prive poi di adeguate capacità/continuità di gestione. L’italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro, dice l’art 1 della Costituzione. Compreso il lavoro necessario perché le decisioni siano democratiche e non imposte da “sovrani” vicini o lontani. Il “grido di dolore” di imprenditori e cittadini tricasini non è quello della primavera araba ma un urlo ormai diffuso ai quattro venti. Non resta che, come per la “xylella fastidiosa”, ritornare alle Buone Pratiche, ma quelle democratiche, anche se per alcuni sono ancora più fastidiose. Che le commissioni comunali facciano il loro lavoro, che mettano a verbale le loro valutazioni, che i consiglieri comunali studino a fondo il tema si esprimano chiaramente, diano chiare risposte ad ogni dubbio e si assumano la responsabilità di essere favorevoli o contrari. E solo dopo, si apra, ove il caso, il “borsello” dei “sordi nosci”. Se Winston Churchill vinse, la Prima Guerra Mondiale da militare in trincea e la Seconda Guerra Mondiale da grande statista, noi che, di guerre verso un più sano progresso e proficuo impiego del pubblico denaro, ne abbiamo già perse troppe, cerchiamo di vincere almeno quella per più democratiche decisioni. Una volta tanto, un pubblico dibattito/evento in Piazza Pisanelli, la nostra agorà, con presenza di sindaci e consiglieri anche dei paesi confinanti coinvolti nella “vexata questio”, sarebbe utile a far sentir meglio le varie campane. Il grande palco è già pronto, la luna piena è in arrivo, la temperatura serale già mite e bar e pizzerie farebbero affari d’oro. E se l’impianto di compostaggio sarà o meno un dorato affare per noi tutti e non per pochi, che a dircelo siano le “Buone Pratiche” della buona amministrazione.