di Ercole Morciano Il 4 giugno 1852, «all’ore sette d’Italia», il notaio Pietro D’Elia del fu Giuseppe, residente in Diso, si reca in Lucugnano presso l’abitazione di Assunta Cazzato del fu Ippazio di Scipione, moglie di «Cerino Cazzato contadino domiciliato nel Comune di Lucugnano medesimo». Chiamato per volontà della padrona di casa per redigerne il testamento, il notaio è accompagnato da quattro testimoni: don Pantaleo Cazzato di Donato, Vito Ferramosca fu Pietro, Vito Perrone fu Luca e Salvatore Indino fu Grecorio (sic); il primo sacerdote egli altri proprietari, tutti residenti in Lucugnano e idonei allo scopo. La testatrice viene trovata  a letto «perché inferma, ma se nel corpo mal sana, integra [è] nelle sue mentali facoltà». Vengono impiegate due ore per la stesura dell’atto col quale la moribonda, «dettando parola per parola»,  lascia erede il marito della casa con tutto ciò che contiene: mobilia, effetti mobiliari, ori argenti, denaro contante, crediti, nulla escluso. Gli pone però l’obbligo di coabitare con la madre rimasta vedova, Giovanna Indino, alla quale la testatrice lega il «fondo Rio olivato posto in feudo di Lucugnano». Assunta Cazzato destina l’usufrutto delle rimanenti proprietà a suo marito «vita sua durante» con l’obbligo di far celebrare Messe in suffragio della sua anima e quella dei suoi avi; dispone infine che alla morte del marito, tutti i beni, esclusi il fondoolivato e la casa, «andassero a vantagio (sic) del Reverendo Clero di Lucugnano» per la celebrazioni di Messe di suffragio da celebrarsi secondo volontà di lei. Fin qui il testamento e le sue clausole; la notizia più importante riguarda però la collocazione in Lucugnano della casa in cui viene redatto il testamento: «la casa di essa Assunta Cazzato sito (sic) in detto Comune Strada delle Giudeche». A Lucugnano dunque vi era la via delle Giudeche: un toponimo inequivocabile che testimonia come in loco vi fosse stata nel passato la presenza di Ebrei organizzati e in numero non irrilevante. Qual era la strada che col suo nome ha conservatonel tempo una realtà scomparsa? Com’è oggi denominata? E vicino alla strada si trovava forse una chiesa che prima era stata una sinagoga, com’è stato dimostrato per altri centri del Salento? Se la ricerca continuerà in loco eavrà buon fine occorrerà ridisegnare la mappa delle Giudecche di Terra d’Otranto che una mostra sugli Ebrei nel Salento, allestita nel gennaio di quest’anno, ha portato all’attenzione del vasto pubblico. A differenza dei “ghetti”, storicamente posteriori e caratterizzati da domicilio coatto di abitanti Ebrei, le Giudecche erano quartieri o zone aperte di convivenza. Nel Salento vi sono testimonianze archeologiche della presenza ebraica già nel 300 dell’era volgare: a quell’epoca risale una stele sepolcrale bilingue, incisa in ebraico e greco, trovata nei pressi di Otranto.  Gli Ebrei rimasero nel Salento fino alla fine del sec.XV quando,per volontà di Carlo VIII di Spagna, furono cacciati ed emigrarono verso aree di maggiore tolleranza. Della loro presenza i toponimi ne conservano la memoria: la “via della Giudecca” a noi più vicina e più nota è quella di Alessano dove una comunità di Ebrei rimase, con alterne vicende, fino alla metà del ‘500.

In conclusione, la notizia di una “via Giudeche” in Lucugnano, riportata su un testamento rogato nel 1852, la cui copia è conservata presso l’Archivio Storico Diocesano di Ugento, apre una pista di ricerca che potrebbe portare a nuove scoperte in un ambito storiografico interessanteper la nostra storia.

 

 

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