di Guido Sparasci Giorni orsono, nel mio esercizio commerciale, il gesto di un cliente sconosciuto, un giovane dall'aspetto gentile, mi ha lasciato senza fiato. Dopo aver effettuato un acquisto, mi ha detto di esser passato anche in un’altra occasione, intorno alle nove, ma di aver trovato ancora chiuso. Gli ho spiegato i motivi dell'apertura ritardata, legati al permanere delle condizioni di salute di mia madre, critiche ma, per fortuna, stazionarie. Si è mostrato dispiaciuto, mi ha rivolto poche parole di conforto e se n'è andato salutando. Poco dopo, però, è tornato. Ho pensato che avesse dimenticato qualcosa, ma mi son presto accorto che stringeva fra le dita un oggetto piccolissimo. "Tenga" -mi ha detto nel consegnarmelo-, "l'ho portata dalla Francia. La dia a sua madre"!  "A mia madre?" -ho detto, mostrandomi sorpreso! Il suo tono, però, era così deciso da indurmi a pensare che dovesse consegnarle qualcosa davvero di suo o che, addirittura, la conoscesse veramente. Allora gli ho porto la mano, me l’ha passata, l'ho guardata, ... e non ho più capito niente. Era una medaglietta della Madonna di Lourdes, presso il cui Santuario, anni fa, anche la mia mamma si recò a pregare. Sono improvvisamente scoppiato in lacrime, mentre una forza incontrollabile, misteriosa e potente mi teneva premuta sul cuore, per istanti lunghissimi, la mano in cui la stringevo.Turbato, quello sconosciuto mi ha salutato e se n'è andato. Prima che sparisse dalla mia vista son riuscito a chiedergli, piangendo, chi fosse, e da dove venisse. Si è fermato. "Ma no, ma cosa importa!", ha sussurrato pacatamente.  Ho insistito. "Va bene" -mi ha detto, dopo aver esitato un po'. "Sono Vincenzo, vengo da San Vito (dei Normanni). Ho portato mio padre in ospedale, qui a Tricase, per farlo medicare".Probabilmente, Vincenzo a Lourdes c’era andato a pregare per lui, forse insieme a lui, e d’allora quella medaglietta se la portava con sè perché gli facesse coraggio nei momenti di sconforto, frequenti in chi assiste una persona cara ammalata! Avrà riconosciuto nella mia tristezza la sua di qualche tempo prima, e si sarà privato di quel simbolo di fede sperando che la Madonna sostenesse anche me e mia madre come lui e il suo papà. "Ah, lei è di San Vito" -ho poi divagato, per tentare di interrompere il pianto-, "il paese di Antonello Trizza" (avvocato dall’oratoria faconda e personaggio noto ben oltre i confini della sua cittadina, della quale è stato più volte sindaco)! "Certo" -fa lui. "Conosce Antonello"? "No, non personalmente, ma ho avuto modo di sentirlo parlare, una volta, tanti anni fa, e mi è bastato per non scordarmelo più! Avevo smesso di piangere, ma lo stordimento durava, e i brividi …, beh, quelli mi tornano ogni volta che penso a questa storia. A casa, ho sfiorato con la medaglietta le labbra della mamma, sperando che la baciasse. Poi, l’ho posata sul suo lettino, davanti ai suoi occhi chiusi da giorni. Ho chiuso i miei, e son riandato con la mente a quando, anni prima, tornata da Lourdes, raccontò entusiasta a me e Anna dell’incredibile spettacolo di fede e devozione offerto, in quel luogo, dai fedeli che vi giungevano a migliaia, in un pellegrinaggio incessante. Guardo in continuazione mia madre, e m’intenerisco ancor più nel vederla dormiente e  ignara -forse! Chissà?- del garbo di quel ragazzo sconosciuto e per bene che si è interessato a lei.  Con la sua delicatezza Vincenzo è come se m’avesse donato un pezzo del suo cuore. Intanto, accarezzandolo, ha conquistato per intero il mio. Mi piacerebbe incontrarlo, un giorno, per dirgli del bene che m’ha fatto e della commozione che ha suscitato il suo gesto in chi, per altre vie, ne è già venuto a conoscenza; per sapere se le sue speranze di figlio affettuoso e premuroso siano state premiate; magari, per raccontargli che anche le mie non siano state vane.

P. s. E’ passato il neurologo a visitare la mamma. Ha messo a referto un “lieve miglioramento”: le sue pupille, come spente sino a qualche giorno fa, reagiscono timidamente allo stimolo di una luce diretta!

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