di Giuseppe R. PANICO
In questa calda estate, con Puglia primaria meta turistica, guerra in Ucraina e ai valori occidentali, nuova crisi fra Cina-USA-Taiwan, minacce da Covid alla nostra salute, decine di migliaia di migranti in arrivo e relativi impatti sociali (circa 40.000 dall’inizio dell’anno, pari alla popolazione di Tricase+ Maglie+ Ruffano, come li integreremo?), etc. ci mancava la crisi di governo.
Innescata da politici, che, già vicini a Putin e/o a sistemi dittatoriali e meno alle alleanze che i nostri valori difendono, non hanno esitato a dar sfogo alla ricerca spasmodica di qualche consenso in più, per riacquisire poteri e poltrone.
Come anche a cavalcare populismo, disinformazione e insane nuove promesse, in un crescendo di spread e debito pubblico (spiccioli da… tremila miliardi di euro), discredito e gravi rischi per i fondi europei PNRR. La caduta del governo Draghi sarà anche democrazia (pessimo sistema di governo a meno di tutti gli altri già conosciuti) come diceva W. Churchill, nella civile Inghilterra, ma da noi ben “più pessima” che altrove, vista la diffusa carenza di morale politica e la discontinuità di ben 13 governi negli ultimi venti anni.
Putin, stampa russa e dittatori vari gioiscono vedendo Europa ed Occidente geo politicamente più deboli e l’Italia “Bel Paese”, ora paese dei tanti bonus, ancor meno affidabile.
Tempi nuovi con dittatori in ascesa, di nuovi imperi in espansione anche sui mari, sempre più affollati da navi da guerra, e democrazie e libertà in evidente declino.
Se simili temi, poco ci affliggono e poco affliggono partiti e movimenti, ora in fervente campagna elettorale, almeno qualche tema paesano andrebbe preso di petto.
Come il refluo uso della valle del Rio, (altro che nuovo parco naturalistico costiero, quasi per compensare il triste ridimensionamento di quello in via Pirandello).
Come l’uso illegale ed improduttivo del porticciolo di Marina Serra, (balneazione proibita ma tollerata in acque vietate e poco igieniche per scarso ricambio; nautica con solo varo/alaggio ma di fatto impedita senza spazi a terra come un tipico porto a secco; tentativi di concentrare/ghettizzare i diversamente abili in tali acque, piuttosto che facilitarli ovunque, come loro diritto).
Come l’inefficacia del Piano Coste (dopo oltre 4 anni nessuna concessione costiera per più confort turistico e più “blue economy” per tutti). Come la disattenzione verso altri servizi (parcheggi, piste ciclabili, discese a mare etc.) e la elementare manutenzione dei luoghi più frequentati. T
utto questo non può che impattare sul nostro sviluppo, sulla valorizzazione delle nostre marine, sulla nostra immagine politica e ambientale, e, in ultima analisi, sul valore di una Tricase che, vivendo troppo di passato e meno di futuro, non si accorge di appassire. Carenti di una vera proiezione culturale costiera e relativa vocazione turistica, tali problemi, stanno già riducendo la frequentazione di Tricase Porto e la qualità turistica.
Fra circa un mese l’estate sarà finita, dissipate le cortine fumogene dei troppi incendi boschivi, silenziate le note musicali dei tanti concerti, chiuse le pagine dei libri presentati e tacitati eventi e sagre, rimangono i conti da saldare e i noti problemi.
Trascuriamo pure che per dare stimolo e completezza al nostro dispendioso e lento amministrare e rendere “meno pessima” l’italica burocratica democrazia, esiste, per legge, anche la figura del Difensore Civico e l’istituto del Referendum Comunale. Entrambi già previsti dal nostro statuto comunale e ben utilizzati altrove, non sembrano ancora far parte dell’” armamentario” di una cittadinanza più attiva e propositiva.
Con i referendum ci potremmo esprimere sui rilevanti temi paesani, come quelli citati, valutando anche il costo/efficacia di soluzioni, varianti e priorità e dare a questi una svolta con più stimoli al Palazzo.
Col il Difensore Civico, disporremmo di un intermediario verso l’amministrazione, sovente assente o distratta o dedita ai soli opportunismi della politica.
Armi difensive di una democrazia compiuta, non sempre accettate da chi interpreta la politica come potere di agire su ciò che piace o fa comodo e non come dovere di amministrare, per delega alle urne, su ciò che prioritariamente serve allo sviluppo di una comunità.