Tricase,25 aprile 2020

Non avrei mai pensato di essere accusato di aver violato, con una sola azione, tante norme; queste, nell’ordine:

violazione del DPCM che obbliga a stare in casa essendo andato per strada per documentare una inchiesta giornalistica;

violazione del diritto alla riservatezza essendo diventato un maniaco che guarda dal buco della serratura;

esercizio abusivo di servizio di ronda avendo mandato la mia troupe a vigilare intorno a Palazzo Gallone

e, per concludere,

istigazione al suicidio collettivo di tutti i bisognosi di Tricase.

Sono queste le principali accuse mossemi dalla maggioranza (?)consiliare e dall’intera Giunta; tutti riunitisi (divieto di assembramento)per stilare un documento non inviatomi (violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) ma pubblicato sugli altri giornali locali (violazione del dovere di lealtà e correttezza) con il quale mi si invita a non usare le parole (violazione del diritto all’informazione) e a non guardare l’operato dell’Amministrazione (violazione della trasparenza).

La maggioranza tuttavia –e questo mi conforta- ammette che la fila per ritirare il buono alimentare c’è stata (come da me denunciato); che i criteri sono stati resi noti successivamente (come da me denunciato); che per la presentazione delle domande non vi era un termine di scadenza (come da me denunciato); che non vi era una graduatoria generale (come da me denunciato);che vi sono stati problemi di privacy (come da me denunciato).

Ma l’accusa che ho trovato più ingiusta è che il mio articolo avrebbe finito per svelare alle persone l’umiliazione patita; sì, è l’accusa più ingiusta, ingiusta non nei miei confronti ma di quelle persone in fila: saranno pure bisognose, ma una ricchezza la possiedono ed è la loro dignità della quale sono pienamente consapevoli senza bisogno che altri gliela facciano scoprire.A.D.

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