di Giuseppe R. Panico

“Piove Governo ladro”. E’ un detto tipicamente italiano che deriva dalla nostra tendenza a scaricare sempre sugli altri la responsabilità di eventi negativi o sgradevoli, in particolare su chi ci governa, compresa la pioggia o i danni che ne derivano. Nei paesi invece ove la responsabilità individuale è ben più diffusa, in caso di pioggia intensa, come in questi ultimi giorni, si direbbe che piove “cats and dogs” (gatti e cani), lasciando la responsabilità a Giove Pluvio.

In fondo del nuovo governo, è presto per dire che faccia “acqua”. Sicuramente sta facendo di tutto per impedire l’arrivo, via acqua o via mare di nuovi migranti e, a giudicare dai sondaggi, la maggior parte degli italiani sembra proprio d’accordo.

Se questi nuovi orientamenti sono responsabilità di governo a Roma, la responsabilità per una Tricase che cade a pezzi, per pioggia e incuria delle “nostre” pubbliche proprietà immobiliari, vanno ricercate ben più vicino. Preferibilmente non nei cespugli di…capperi capaci di spaccare, fessurare e penetrare antichi muri e vecchi edifici. E così se gli immobili privati perdono sempre più valore, per tasse, emigrazione giovanile, povertà diffusa, cambio degli standard abitativi, abbandono delle campagne, vincoli burocratici eccessivi etc., quelli pubblici e decadenti, se non già caduti, aumentano il degrado urbano, con possibili nuove tasse per riparazioni e ricostruzioni.

Le finanze sono deboli; non galleggiamo né su miniere d’oro né su pozzi di petrolio ma su falde acquifere fortemente inquinate dai troppi diserbanti che hanno causato l’estinzione quasi totale di tanta microfauna (ormai sono rari pure i centupedi, i vermacoculi e le cozze nude). Gli edifici pubblici da gestire e manutenere sono tanti ed alcuni (scuole, macelli etc.) indeboliti pure loro, perché da decenni inutilizzati o in abbandono, senza reale prospettiva di impiego produttivo o senza essere stati mai oggetto di un concorso di idee o di esame nelle apposite commissioni, per un diverso e remunerativo impiego .

E’ prevalso, fino ad ora, conservare il “surplus” immobiliare e non alienarlo o darlo in uso temporaneo a terzi (imprese o privati), come si fa altrove, per gli immobili non abitativi, con asta pubblica, nello stato in cui sono ed a prezzi-base più contenuti. Liberando così l’amministrazione dalle inerenti responsabilità di gestione/manutenzione, disporre di maggiori finanze e dedicare le limitate risorse umane tecnico-amministrative agli edifici più importanti e/o necessari.

La storia locale, oltre a ricordarci i troppi e ripetuti danni “da pioggia”, ci rammenta pure che la politica, più che favorire imprese e privati, e dunque produttività e lavoro, e fare buona amministrazione, si fa essa stessa “impresa” ma svuotandoci le tasche per comprarci dei ruderi e poi lasciarli cadere a pezzi. Come L’ACAIT, che da decenni inquina pure con amianto, a ridosso delle scuole e ora anche del nuovo affollato parco cittadino; come la Torre del Sasso che si intende acquisire solo dopo che si è quasi ridotta a un ammasso di sassi; come la Torre di Palane, risanata decenni fa grazie alla concessione a privati, e che rischia ora, di nuovo in mano pubblica, di fare la fine di quella del Sasso.

Povere torri, ci hanno tanto difeso dai turchi che venivano dal mare ma, passati i soliti echi di stampa, rimangono indifese dalla “turcaggine” che viene da terra. In compenso si avviano programmi di recupero, con fondi pubblici, di altre cadenti o abbandonate infrastrutture per dedicarle ad attività pseudo -culturali, ben poco economiche e non necessarie e che richiederanno nel tempo altri interventi per manutenzione/gestione a nostro carico, come anche quattrini a sostegno di eventi o attività ben marginali in locali rimessi a nuovo per essere utilizzati da pochi e per pochi giorni all’anno. Si fa cultura, dicono alcuni, ma non certo economia o impresa, se non quella passiva o improduttiva di uno Stato sull’orlo del baratro economico.

Avendo la forza di ridurre e razionalizzare il pubblico patrimonio immobiliare e relative spese, potremmo avere più risorse per gli edifici da conservare e valorizzare. Potremmo anche realizzare quello che da decenni ci serve per la quotidiana vita spicciola: marciapiedi, piste ciclabili, più verde, più decoro, meno auto, meno buche, più fogne, più piazzette o slarghi ben messi. Forse questo farà poca “cultura” per pochi, ma fa economia e civiltà per tutti. Compresi gli ospiti estivi e turisti già in arrivo in una Tricase sempre uguale e che uguale sembra voler rimanere.

Speriamo intanto che non piova più, sia per lasciare in pace il governo, non ancora “ladro”, in una Roma ora preda di nuovi lanzichenecchi da “ultimo stadio”, sia perché troppa nuova erba fra gli incolti campi ci darà non certo fumo, luci e fiammelle in cascata per la festa di San Vito, ma tanti fiammeggianti incendi boschivi. Indurranno tanti a dire: “Brucia, governo ladro”.

 

 

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