di Giuseppe R. Panico

Tempi duri per le nostre speranze e le nostre finanze. Gli onorevoli neo- eletti hanno già maturato un mese di (in)attività e dunque un primo mensile di circa 14000 mila euro (pari a diverse decine di pensioni al minimo) con un governo ancora da fare ma che si prevede, rispetto al passato, di ben diversa cultura politica. Non quella di un De Gasperi come dopo la 2° Guerra Mondiale, ma quella attuale conseguente alla fine di quella ormai chiamata “seconda repubblica”. E se a Roma “così è se vi pare”, a Strasburgo, nel Consiglio d’Europa, i nostri rappresentanti, oltre ad essere fra i più numerosi ed anche loro super pagati, sono anche fra i meno presenti. Alcuni, in cinque anni di “attività”, non si sono espressi nemmeno una volta nel votare i rapporti dei colleghi europei.

E poi, dei nostri malanni e frustrazioni, diamo la colpa all’Europa e non a quello che noi siamo o facciamo. Nella nostra Puglia, le cose non vanno meglio  e a un affabulante governatore con uno stipendio invidiato anche dall’allora presidente degli Stati Uniti d’America che prendeva di meno, e al lascito di “big problems” come quello “ecologico” dell’ILVA, dei nostri scandalosi trasporti (FSE e SS 275) e di un parco Otranto- Leuca che ci ha quasi spento le residue speranze per una più diffusa economia turistica su terreni abbandonati dalla agricoltura ed ora preda di erbacce in primavera e incendi boschivi d’estate, ne è subentrato uno che continua ad essere carente di ben tre assessori.

Ci ha fatto pure spendere inutilmente 300 milioni di euro per un inconcludente referendum sulle ricerche petrolifere in alto mare ed ostacola un po’ tanto le decisioni governative (Ilva, Tav, prospezioni petrolifere in mare etc). Sembra che la nostra regione sia da tempo una repubblica indipendente ove l’incarico di governatore serve, più che per il dovere della buona amministrazione regionale, per il potere personale di fare cattiva politica nazionale. Per far stare poi più comodi i consiglieri regionali, prosegue intanto la costruzione, ormai da un decennio, di una nuova grande sede per il Consiglio Regionale. Quisquiglie e garbugli tecnico- finanziari e legali hanno portato il costo, per noi poveri pugliesi, a circa 60 milioni di euro; un milione e duecento per ogni poltrona da consigliere (sono 50).

L’ equivalente a Tricase di una quindicina di appartamenti o di almeno una ventina di abitazioni economico-popolari per le famiglie più povere. Il debito pubblico, già spaventoso, intanto avanza, la disoccupazione pure (dopo la Grecia siamo in Europa i più disoccupati) La Spagna intanto ci supera nettamente anche come “vocazione turistica” e annessi costi, riuscendo ad attrarre pure i nostri pensionati, stanchi per la troppa burocrazia e impoveriti dalle troppe tasse e alti costi del vivere in Italia. Nel Capo perdiamo, più che altrove, i giovani, perdiamo gli anziani come anche i loro soldi e pensioni inviati altrove per aiutare figli e nipoti.

Da troppi anni, stiamo dunque perdendo noi stessi, perché abbiamo perso, o non abbiamo mai avuto, adeguate capacità e lungimiranza nel creare sviluppo e attrarre investimenti privati finanche nel turismo. Bisognerebbe tuttavia ammettere che se PIL e anagrafe sono da tempo in caduta libera, non è solo questione di cattiva politica, ma anche o soprattutto della povera mentalità che continua a generarla.  Non solo dei poveri di “sapienza” ma, troppo spesso, anche dei superiori livelli culturali.

La nostra storica arretratezza ha incuriosito finanche tanti studiosi americani che, da tempo, si chiedono il perché del perdurante sottosviluppo di questo nostro Meridione. Dal “familismo amorale” di Edward C. Banfield all’accurato esame della “Tradizione Civica Nelle Regioni Italiane” di Robert Putnam (Harvard University) alla “Storia della Mafia” (sempre più potente ed invasiva nel nostro Salento) di John Dickie (University College of London) che certamente affiancano il pensiero di tanti altri studiosi italiani. Una mentalità che alcuni fanno risalire addirittura al Medio Evo e al feudalesimo di stampo normanno.

Per ricominciare da Tricase o dal Capo, più che mandare in vacanza, per almeno una generazione, i salentini, e farci nuovamente colonizzare o amministrare dai popoli del Nord, sarebbe dunque utile almeno analizzare gli errori e inadempienze del passato e che valore aggiunto hanno portato tante scelte politico-amministrative e tanti finanziamenti statali avulsi da un Piano Regolatore, ancora assente, o da un organico e credibile piano di sviluppo socio-economico.

Esigenze che politica e partiti (o equivalenti) non hanno saputo o voluto affrontare e risolvere se non come “aria fritta” in periodo elettorale. Forse è (da anni) tempo di una ben diverso approccio etico-culturale ed economico non disgiunto, ora nel nostro Capo, da una buona dose di rabbia ed orgoglio. La rabbia per le occasioni perdute o malamente utilizzate e l’orgoglio nel farsi artefici e capaci di un cambiamento per il successo di quelle future. Non possiamo tacere dei nostri mali ormai così evidenti, ma senza la consapevolezza (pur decisamente tardiva) di un cambio di mentalità, continueremo a vivere con il solito gattopardesco pensiero politico del “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Grazie anche ai tanti che, avvezzi al sistema ed al proprio colpevole silenzio, inerzia o tornaconto, non hanno nemmeno forza e coraggio per un colpo di tosse.

 

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