di Ercole Morciano

La pubblicazione sui quotidiani locali ( Gazzetta del Mezzogiorno e Quotidiano del 30 marzo) della situazione economica della provincia di Lecce (fonte: Osservatorio D. Stasi, Quotidiano 30.3.18, pp. 10-11), come emerge dall’elaborazione dei dati dell’Agenzia delle Entrate (redditi 2017), non può lasciare indifferenti, specialmente noi del Capo di Leuca che abbiamo storia, cultura, tradizioni ed economia in comune.

Ho sperato che altri: esponenti di istituzioni-enti-partiti-movimenti-sindacati-associazioni professionali o di categoria, non per piangerci addosso, prendessero posizione pubblicamente con proposte concrete di coinvolgimento o di azione. Nessuno purtroppo l’ha fatto (se sbaglio correggetemi) e pertanto ho deciso di scrivere io qualcosa, da semplice cittadino, pur iscritto ad un partito politico, il PD, nel quale nessuna riflessione a riguardo risulta al momento essere stata fatta.

Una prima riflessione è richiesta dalla posizione generale della provincia di Lecce che, in confronto alle altre provincie d’Italia, risulta sprofondata nella parte più bassa della graduatoria nazionale. E questo già crea un problema politico di giustizia sociale e di stringente attualità che richiama le responsabilità di quanti hanno il dovere istituzionale di analizzare, studiare, riflettere e proporre, anche alzando la voce, se occorre; e mi riferisco in primis al mondo politico-amministrativo, ai partiti e movimenti. Il dovere di riflettere spetta agli enti pubblici; da quelli finalizzati alla formazione a partire  dall’università, a quelli economico-finanziari; dai mondi della produzione e del lavoro, comprese quelle delle professioni fino alle libere aggregazioni che la nostra Costituzione valorizza come corpi intermedi.

La Chiesa stessa, che condivide «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» con l’umanità nella quale è immersa, non mancherà di dare il suo autorevole  contributo in questa drammatica contingenza che caratterizza  qui  e ora il territorio provinciale. Un crono-programma che, pensato e gestito dalla Provincia, come organo politico amministrativo di coordinamento sovracomunale, dovrebbe concludersi con una proposta operativa  unitaria di sviluppo, da sostenere con l’impegno di tutti i rappresentanti  istituzionali ai livelli superiori (Consiglio regionale, Parlamento, Consiglio europeo).

Il mio abbozzo di riflessione però riguarda principalmente Tricase e il Capo di Leuca, l’estremo sud del Salento. Dall’analisi dei dati, esposti sugli organi di stampa, emerge chiara un’altra, ancora più amara, considerazione. All’interno della provincia di Lecce si conferma un ulteriore divario nord-sud:

l’area più povera del Salento siamo ancora noi, quelli più a sud, quelli del Capo.

Se osserviamo i dati esposti nelle tabelle ci  accorgiamo che quasi tutti i comuni del Capo di Leuca e dintorni ricadono nelle due ultime fasce di reddito, quelle più povere, rispetto alle 5 totali. Nell’ultima, dal n. 54 al n. 97, per redditi compresi tra 0 e 12.000 € troviamo i comuni di Acquarica del Capo (97), Morciano di Leuca (95), Supersano (94), Taurisano (93), Presicce (92). La penultima fascia, la IV, che comprende i comuni per redditi compresi tra12.000 e 14.000 € troviamo Gagliano del Capo (91), Ugento (88), Salve (87), Ruffano (85), Corsano (82), Patù (78), Specchia (69), Castrignano del Capo (63), Alessano (58). Nella III fascia, con redditi tra 14.000 e 15.000 € vi sono Montesano Salentino (48), Miggiano (46), Tiggiano (44). Andrano (23), con Castro (18) e Diso (17) si trovano tra i comuni della II fascia con redditi compresi tra 15.000 e 16.000 €.  L’unico comune del Capo compreso nella prima fascia (reddito superiore a 16.000) è Tricase (11), seguito all’ultimo posto da Gallipoli (12), mentre Casarano, l’altro centro più popoloso del Sud-Salento, si attesta al n. 45 nella III fascia. Nella prima fascia, al primo posto vi è Lecce, seguita da Maglie, Cavallino e altri centri del centro-nord della provincia.

Fin qui la serie dei dati aggregati secondo le fasce di reddito ufficiali,  ma altre considerazioni si potrebbero fare sul probabile, preoccupante futuro del nostro territorio, se si comparassero i dati economici con quelli demografici. I saldi sull’andamento della popolazione presagiscono un futuro fatto di spopolamento; di esodo di giovani cresciuti e laureati con i sacrifici delle nostre famiglie e destinati ad arricchire altri territori in Italia e fuori: un circolo vizioso che condannerebbe i nostri paesi, partendo da quelli più piccoli, a svuotarsi sempre di più, a diventare per lo più “dormitori” di assistiti e di pensionati, come già si può rilevare in alcune aree, quelle poste più sud del sud.

Ecco perché non possiamo tacere. Dobbiamo invece, ciascuno nel proprio ambito, premere affinché ci sia una riflessione comune sulle cause della nostra povertà e sui destini del Capo di Leuca. Allora chi ricopre ruoli istituzionali ai vari livelli, chi già è dirigente o semplice iscritto ad un partito politico o a un movimento, ha secondo me il diritto-dovere di non stare in silenzio;  questo è pure il momento che, chi ha a cuore il destino della nostra terra, non deleghi altri, si impegni in prima persona in un partito o movimento conforme – se non in tutto almeno in parte – ai propri ideali e contribuisca responsabilmente e direttamente  a costruire insieme con gli altri il futuro comune .

Ferma restando l’urgenza e l’opportunità di riflettere all’interno delle varie realtà esistenti nella nostra città , il Comune di Tricase potrebbe pensare alla convocazione di una prima conferenza di sindaci del Capo di Leuca per stabilire insieme un percorso che porti a un progetto di sviluppo e rinascita del nostro territorio, condiviso dalle  popolazioni e da far valere nelle sedi opportune attraverso i rappresentanti istituzionali eletti. Tutto ciò potrebbe riempire di contenuti preziosi il tempo presente nell’attesa che si formi il Governo ed avere così il quadro istituzionale completo col quale potersi confrontare.

 

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