di Alessandro Distante Il reddito e le imprese

In questi giorni sono stati pubblicati due dati che ci aiutano a leggere meglio la realtà tricasina.

Nella classifica dei Comuni leccesi, relativa al reddito degli abitanti nell’anno 2015, Tricase occupa l’undicesimo posto con un reddito medio per abitante di € 15.755,11; in quella sulle imprese del 2016, Tricase guadagna il triste primato con una perdita di 24 imprese.

Torniamo al reddito: secondo un criterio territoriale, il nostro Comune precede, e di molto, tutti gli altri Comuni del Capo di Leuca. Basti considerare che l’ultimo posto della graduatoria è occupato da Acquarica del Capo con € 10.765,16 e sempre negli ultimi posti, vi sono Morciano, Salve, Presicce e Patù.

Se si passa ad un esame dei dati sotto il profilo della dimensione anagrafica della città e si considerano i comuni salentini con popolazione superiore a 15.000 abitanti, Tricase è preceduta nel reddito pro capite, oltre che da Lecce, anche da Galatina e Gallipoli ma precede Nardò, Casarano e Galatone.

Discorso a parte Maglie che, pur essendo di poco inferiore a 15.000 abitanti, è, per reddito, il primo comune in Provincia con € 18.129,32, dopo Lecce che ha un reddito di poco superiore a 21.000 euro.

Considerando i Comuni rivieraschi, Tricase è preceduta da Gallipoli, ma seguita da Otranto, Castro e S. Cesarea Terme.

Si tratta di dati –è bene dirlo- che scontano un sommerso che pure c’è e che non tengono conto del reddito che si produce in Città ma che viene ad essere riferito ad operatori che non risiedono in Città.

Al di là di queste precisazioni, si può dire che un reddito pro capite di circa 16.000 euro annui se non pienamente soddisfacente non è tuttavia male, specialmente se lo si raffronta con i dati dell’intera Provincia.

Come tutte le statistiche, il dato è però riferito alla media dei redditi dei tricasini e pertanto non consente di comprendere quale sia la distribuzione del reddito. Potrebbe anche essere che vi siano dei cittadini che hanno un reddito notevolmente alto e che elevano la media e che, poi, ci siano famiglie in stato di povertà e quindi con reddito da fame. Verrebbe da richiamare quella famosa battuta che vede gli italiani consumare un pollo e mezzo a testa, senza preoccuparsi di vedere se qualche pezzetto di pollo arrivi a tutti.

Consideriamo adesso l’altro dato; è quello pubblicato dalla Camera di Commercio di Lecce. A Tricase, nell’anno 2016, sono nate 90 nuove imprese ma ne sono state chiuse ben 126, con un saldo negativo di 24 imprese.

Si tratta del dato peggiore della provincia di Lecce. Si deve tenere conto che il tasso di crescita nell’intera Provincia è stato dell’1,39% mentre a Tricase la decrescita, non certo felice, è stata del -1,63%.

La Camera di Commercio ci consente di esaminare un altro dato, molto interessante: Tricase occupa una fetta delle imprese salentine pari all’1,99%, preceduta da Nardò con il 3,90%, Galatina 3,05, Casarano 2,63%, Gallipoli 2,49%, Copertino 2,48% e Maglie 2,03%. Tenendo conto della popolazione, la percentuale di presenza delle imprese è sostanzialmente nella media, con l’unica eccezione di Maglie che ha una presenza di imprese superiore (2,03% rispetto ad un rapporto con Tricase che le attribuirebbe l’1,63%).

Mettendo a raffronto questi due dati, e cioè quello sul reddito medio pro capite e quello sul numero di attività che chiudono, si potrebbe dedurre che il reddito della nostra Città ha uno zoccolo duro nel lavoro dipendente.

In questo senso –come ha commentato il Sindaco Coppola- un contributo considerevole al reddito viene dato dall’Azienda Ospedaliera Cardinale Panico con i suoi 1.200 dipendenti e non è di poco rilievo il numero di dipendenti che prestano la loro attività presso enti pubblici.

Nel nostro Comune, complessivamente, le imprese operanti sono 1.448 di cui 1.227 attive.

Anche a Tricase, ed è questo un dato che si riscontra nell’intera Provincia, un impulso alla apertura di nuove attività imprenditoriali viene dai giovani che si sono proposti con offerte di qualità e che, con coraggio, hanno deciso di puntare anche in settori tradizionali ma con elementi di novità.

E’ sufficiente guardare, ad esempio, ad alcune iniziative di ristorazione nelle nostre marine o al crescere di produzioni dell’artigianato che trovano apprezzamento e mercato anche all’estero.

La ricettività è indubbiamente cresciuta nel numero di operatori ed anche nella qualità.

Alla crisi del calzaturiero non vi sono state tuttavia risposte alternative e il puntare sullo sviluppo turistico non può certo rappresentare una soluzione, considerato che la stagione turistica dura poco più di un mese.

Partendo dai dati, ovviamente da approfondire, diviene improcrastinabile interrogarsi sulle direttive di un possibile sviluppo del territorio e si tratta di interrogativi ai quali dare risposta, elevando il confronto cittadino spostandolo dalle pur importanti emergenze delle buche sulle strade alle altrettanto importanti e forse fondamentali emergenze del lavoro e dell’economia dei suoi abitanti.

A livello provinciale il saldo del 2016 tra imprese aperte e quelle cessate è positivo avendo raggiunto il numero di 994 imprese in più. E’ il migliore dal 2010. In realtà le iscrizioni di nuove imprese sono state inferiori rispetto all’ultimo decennio e tuttavia le imprese che hanno chiuso sono state di meno; da qui il saldo attivo.

Crescono le imprese agricole (+ 39 aziende), le attività professionali, scientifiche e tecniche (+ 12 imprese) e le attività di noleggio, agenzie viaggi, servizi di supporto alle imprese.

In crescita in particolare le attività che si occupano dei servizi di alloggio e ristorazione (217 attività in più), effetto evidente dell’aumento del flusso turistico. In crescita anche le attività immobiliari.

I settori più in crisi sono quelli delle costruzioni (-169 attività) con una particolare negatività per le piccole imprese edili. In calo anche il manifatturiero con meno 129 unità.

Quello che incoraggia è che sono i giovani ad avere dimostrato maggiore intraprendenza crescendo in percentuale, sempre a livello provinciale, dell’11,4%.

 

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