di Antonio Facchini Un abbraccio a Giuseppe
Dolorosamente. Giuseppe è nella dimensione del tempo vero, quello che non subisce scadenze, che permea sempre anche la vita, nella sua debolezza e nella gioiosa realizzazione che ci è data fino a che possiamo condividere fisicamente gli abbracci, le voci, le presenze nella pienezza domestica e nella comunità, intimamente e visibilmente. Dolorosamente.È la condizione di chi legato in ogni fibra a Giuseppe, moglie e figli primi fra tutti, vive questo tempo di finitezza e di angoscia, del non conosciuto e dell’incombente, che quando si compie non ci trova mai pronti, preparati, rassegnati. La nostra volontà di dilatare il tempo finito è insieme una risorsa e una diga invalicabile.
Dolorosamente, sì, ma pur in forma e sostanza diverse, altre, Giuseppe non ci ha abbandonati. Non abbandona la preziosa pienezza della sua famiglia e neanche noi che abbiamo condiviso con lui parte significativa di esperienze. Io come tanti ho sempre nell’intimo Giuseppe, uomo di medicina capace di umanizzare il dolore e la malattia, pienamente dedito all’altro che avesse bisogno di certezze o di speranze; uomo di scienza, alla ricerca di radici nascoste che lo facevano gioire e lo riportavano all’entusiasmo di ogni rinascita nella meraviglia dell’universo; uomo di fede profonda e libero sempre nelle scelte e nell’impegno sociale, senza chiedere risarcimenti.
Poi il distacco, doloroso, drammatico. Avvenimenti improvvisi e laceranti. Giuseppe ha sempre cercato il significato delle azioni, è stato un combattente, capace di portare fardelli pesanti. Così ha affrontato anche momenti duri, raccogliendo la sfida in nome della vita. Lo slancio nelle scelte è sempre stato per superare ciò che fosse dietro una siepe, alta ma sormontabile. Sentendolo a Natale, mi aveva confermato che lo attendeva ancora qualche prova, con trepidazione ma anche con la decisione di non lasciarsi andare. L’ho atteso, da quel momento, per riprendere il nostro modo di confidarci, di riflettere con umiltà sulle nostre risorse di amicizia e affetto profondi. Voglio salutarlo, insieme a voi oggi, abbracciandolo, con i versi di Charles Peguy:
L’amore non svanisce mai./ La morte non è niente, io sono solo andato nella stanza accanto./ Io sono io./ Voi siete voi./ Ciò che ero per voi lo sono sempre./ Datemi il nome che mi avete sempre dato./ parlatemi come mi avete sempre parlato/Perché dovrei essere fuori dai vostri pensieri?/ Semplicemente perché sono fuori dalla vostra vista?/ Io non sono lontano, / sono solo dall’altro lato del cammino.