di Alessandro Distante  Non entro nel merito della decisione del Sindaco Coppola di non confermare il dott. Luigi Muci come Comandante della Polizia Municipale. Le ragioni di tale mancata conferma si possono leggere nel provvedimento a firma del Sindaco.

Esprimo un giudizio positivo sulle capacità e sulle doti professionali dell’ex Comandante, riconosciute, del resto, in autorevoli contesti; vorrei però soffermarmi, seppure brevemente, sulla reazione di alcuni cittadini che -almeno così mi è sembrato e così voglio sperare che sia- costituiscono una sparuta minoranza, che non ha mancato di salutare quella scelta con un “Finalmente” o “Era ora!” o frasi simili.

Dico subito che queste ultime reazioni, oltre che essere assolutamente fuori luogo rispetto alle ragioni della decisione sindacale, mi fanno riflettere suscitando non poche preoccupazioni.

Esse vanno al di là di ogni questione sul rapporto di fiducia che pure deve esistere tra il Sindaco ed un Dirigente, ma mettono in luce una antica insofferenza per quella doverosa azione di controllo e, se del caso, di repressione che è alla base del vivere ordinato.

Le regole di una Comunità devono essere rispettate e devono essere osservate da tutti, a prescindere dalla forza sociale, o di altra natura, del singolo. Quando non si rispettano, ci deve essere qualcuno che lo accerti e prenda le conseguenziali iniziative.

Ciò è necessario, perché non accada che chi conosce, chi può o chi ha, possa farla franca e che la legge finisca per valere solo per chi non sa o non può difendersi o, per dirla in altre parole, che valga solo per i più deboli.

Far rispettare le leggi e applicare le sanzioni non è certo compito grato ma è pur sempre necessario. Ed è un compito che costa, tanto è vero che il dott. Muci è stato destinatario di una lettera di minacce che non si deve mai smettere di condannare.

Gli autori di quella lettera non sono stati individuati, ma chi oggi dice “Finalmente” o “Era ora!” rischia di consolidare quel substrato che alimenta quel tipo di deprecabili iniziative; non basta dire quel che è ovvio, e quindi condannare lettere e minacce, ma occorre chiedersi se quelle lettere e quelle minacce non trovino la loro lontana origine in quella insofferenza al controllo che porta a vedere come “liberatoria” la rimozione di chi è stato vittima di quelle lettere e di quelle minacce.

Come pure viene da chiedersi se quelle lettere e quelle minacce non trovino un lontano alimento in quella deprecabile cattiva politica che scarica sul Funzionario le “responsabilità”, isolandolo più che sostenerlo e ingenerando nel cittadino l’idea che determinate questioni potrebbero andare diversamente se solo quel Funzionario non fosse così “intransigente”.

Sono queste le domande e le preoccupazioni suscitate da alcune reazioni e commenti; al di là della questione specifica, sarebbe molto pericoloso se, inavvertitamente, si desse corpo ad atteggiamenti che nulla hanno a che fare con quella cultura della legalità e della responsabilità per la quale lavorano tutti, politici e funzionari, nessuno escluso e che sono alla base di un ordinato e piacevole vivere civile.

 

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