di Giuseppe R. PANICO
In un mondo basato da sempre sull’ economia, viene anche da chiedersi quanto vale la nostra realtà cittadina.
Composta, oltre che da elementi materiali come posizione geografica, tendenza demografica, terreni, case, ville, scuole ospedale, collegamenti viari/ferroviari, produzione agricola/ industriale/manifatturiera, PIL etc., da elementi immateriali quali mentalità dominante, azione politica, dinamismo e programmi per il futuro, attività culturali, qualità e quantità dei servizi pubblici, sicurezza e malavita, senso civico etc.
Essendo inoltre Tricase un comune costiero con ben due marine, due porti e circa 9 km di pregevole costa, può contare, a differenza dei comuni dell’interno, anche su una migliore qualità della vita e della economia turistica .
Non è semplice dare un voto a tale insieme e a come viene gestito, ma vi è un dato che, ovunque, dà indicazioni sullo status di una comunità: il costo medio in euro/mq delle abitazioni.
Per Tricase è fra i più bassi dei comuni costieri salentini, 800 euro/mq per le abitazioni, inferiore inoltre del 33% rispetto alla media regionale e del 19% rispetto alla media provinciale.
Tale valore, che si ripercuote sulle proprietà private e sulle aspettative di crescita economica, non può che derivare dalla perdurante carenza di una incisiva e lungimirante azione programmatica verso il territorio, centri storici, frazioni comprese, campagne e soprattutto marine.
Non basta certo, in città e sulla costa il “lifting” dell’esistente, la sola immagine di facciata e il costoso e tardivo recupero/reimpiego di locali pubblici già disponibili. Questi, troppo spesso, non per favorire nuove imprese produttrici di reddito e lavoro ma per fini pseudoculturali e/o non certo prioritari.
I rilevanti costi aggiuntivi, anche per la semplice gestione, il tasso d’uso decisamente marginale che suggerirebbe una compattazione e non una frammentazione delle attività, non potranno che incidere ancora di più sulle nostre tasche. L’ inferiorità del valore immobiliare è dunque frutto delle mancate scelte o errori del passato che, ove protratti nel presente, non possono che dare poche speranze per il futuro.
Soprattutto ora in presenza di crisi economica, povertà dilagante, popolazione in calo e invecchiamento e con grave analfabetismo funzionale (47% in Italia a fronte del 7% della civilissima Norvegia).
Se la mentalità politica dominante non ha saputo finora concretizzare e rendere esecutivi i piani di sviluppo, previsti anche per legge, (PUG etc.), è ben difficile che possa decidersi a farlo. Se non su pressione di una comunità che ci tiene almeno al valore della propria casa e terreni e della propria economia complessiva.
Leggendo il “Tallone d’Italia” del 16 luglio 1922 (un secolo fa) si scoprono le direttive del tempo per la bonifica, mediante esplosivo, dei terreni con rocce affioranti e renderli così più coltivabili e produttivi.
Quelli stessi terreni ora sono abbandonati o trascurati anche perché, dopo milioni di euro spesi in tubi, pompe, vasche e contenziosi, le acque reflue e piovane finiscono in mare e non certo ad alimentare una pur residuale economia agricola.
Servirebbe forse, come altrove, una classe imprenditoriale più propulsiva e propositiva e una classe culturale che estenda la sua cultura anche ad economia e sviluppo ed essere così più vicina ad una comunità che ha meno cultura in testa e meno cibo in pancia.
Spesso in passato, (e non solo) per governare meglio, si “consigliava” di tenere i sudditi/elettori in status di ignoranza e povertà e rabbonirli, non favorendo lavoro autonomo e sviluppo, ma elargendo bonus e circenses a debito pubblico. Debito in crescita che ora l’Europa, in crisi militare e geopolitica, è ogni giorno più restia a finanziare.
Cambiare sostanzialmente, se non primeggiare nel Sud Salento, anche in termini di svolta economica, sia pure in ritardo, sarà difficile, ma non certo impossibile, grazie al recupero di ciò che manca e alla credibilità ed efficacia di incisivi provvedimenti. Non solo per una breve e caduca immagine da social e populismo; non solo cambiando in giro “tinteggiature e mattonelle” e trascurando di rinforzare e allargare le “fondamenta” di quello che noi siamo.