di Giuseppe R. PANICO
Di gioielli lasciatoci in dono dalla natura e dai nostri avi, abbiamo la fortuna di averne diversi, uno di questi è senz’altro Marina Serra.
Ma, dei gioielli, bisogna apprezzarne il valore, metterli in mostra, curarne la storia e l’immagine, creare servizi per visitatori anche di rango e così coltivare un flusso turistico e culturale. Marina Serra, nei suoi aspetti costieri è certamente un prezioso unicum.
Il suo territorio inizia sulla montagna del Calino, con un alto e panoramico terrapieno di materiale roccioso, scavato nel costruire la litoranea e da ove lo sguardo può spaziare sia su terra che su mare. Ma non è stato valorizzato come spazio pubblico fruibile o come un’alta rotonda sul mare, come si pensava a quel tempo, e rimane incolto e insicuro.
Poco avanti, il Belvedere, una finestra sul mare, per decenni utilizzato per creare sul fianco del Calino un solco di inciviltà e spazzatura. Almeno fino a quando, su ripetute insistenze, palazzo Gallone si decise per qualche paletto e qualche metro di rete.
Il tempo è passato ed ora prevale ruggine e degrado su quella panoramica visione sul mare, con affaccio sulla sottostante grandiosa grotta Matrona, ove l’inciviltà nautica non esita a entrare e inquinare. Lasciata la litoranea, fiancheggiata da incolti oleandri, si scende sul lungomare, fino a quello che era un tempo, per contadini-pescatori, ancora privi dell’attuale porticciolo, un piccolo scalo scavato nella roccia, per pecore da lavare e barchette da mettere in mare.
E’ il ben noto Lavaturo, ora dominato da un panoramico parcheggio, dall’unico hotel della nostra costa e da un ristorante con piscina. Ma tale scalo, ora ad uso balneare, se non ben manutenuto, viene scavato anche dal mare, si formano pozze e acque putride, l’accesso in mare, già difficile se non pericoloso, è a rischio cadute. Bagnanti e turisti a volte invidiano le pecore del tempo che fruivano di migliori pubblici servizi per la loro ovina balneazione.
Proseguendo sul lungomare verso Nord, si notano le recinzioni sulle aperture delle sottostanti grotte e cavità naturali, ormai insicure e cadenti da almeno un decennio. Accanto a queste, bellezza ed emozione nello scendere per l’oscura scalinata che porta nell’azzurro della “Grotta dei Monaci, un altro unicum della nostra marina.
Più avanti una situazione “eccezionale”: il porticciolo turistico da anni chiuso alla nautica e alla balneazione. Solo a scalo ed alaggio, ma senza spazi a terra, almeno per uso quale porto a secco. Un rugginoso cartello porta divieti sbeffeggiati dai tanti bagnanti che, anche per carenza di adeguate discese verso il mare aperto, scambiano il porto per una libera ed ampia piscina.
Un gioiellino ridotto a un coccio di vetro, simbolo di illegalità e spreco di risorse nautiche e turistiche. Più avanti la ormai famosa “Piscina Naturale”, in gran parte scavata con sapienti cariche di esplosivo. Altri tempi e più sani equilibri fra ecologia e progresso, senza le cui escavazioni non avremmo la Marina Serra di oggi.
Più avanti la maestosa torre di Palane, costruita con “piezzi” di arenaria intagliati nella scogliera, quasi intatta, in parte restaurata di recente ma circondata dall’ incuria. Sul lungomare mancano i parcheggi, perché non realizzati quelli previsti a mezza costa mezzo secolo fa.
Egualmente gli stabilimenti balneari e le spiagge libere con servizi, come anche bagni pubblici e posto di pronto soccorso che la legge sul Piano Coste prevede, ma non il nostro Piano Coste. Marina Serra, dopo la pregevole insenatura dell’Acquaviva con le vicine altre grotte, termina al Rio, ove i nostri insani reflui si versano in mare.
Quel Rio che avrebbe forse bisogno di un “Rio-ferendum” cittadino perché la cittadinanza tutta e non più il “politicare” si esprima con un voto sulla continuità o meno di tale reflua situazione. Chi dall’antico e rinnovato santuario intendesse proseguire verso il Rio lungo la litoranea, dopo il camping, può ancora notare le vestigia di un antico marciapiede.
Lungo circa 200 metri, fu costruito insieme alla litoranea, per poter ivi sostare ed ammirare quella bellezza naturale che era il Rio, la costa verso Otranto e il sorgere del sole e della luna sulle montagne albanesi.
Da molti anni negato a noi tutti per perdurante pubblica incuria. Ma il pensiero della politica corre ora al “volo dell’angelo”, utile a nascondere sotto angeliche ali carenze e dimenticanze turistiche, bandiere blu negate e vele mai ricercate.
Forse agli angeli, più vicini al cielo, che ai troppi peccatori, meglio una semplice prece: “Save Marina Serra”, Salvate Marina Serra.