di Giuseppe R. Panico
Camminando per il paese, con occhi aperti e vigile attenzione, è facile notare i tanti volantini
pubblicitari sparsi per strada o appesi a porte ringhiere e cancelletti.
Sarà colpa dei commercianti che fanno pubblicità anche in tal modo incivile?
Della debolezza delle nostre istituzioni nell’ assicurare l’ordine e non certo il disordine?
O di chi, privo di senso civico, non pulisce nemmeno l’uscio di casa o l’antistante marciapiede ma ben arreda gli angoli con bottiglie di plastica?
La sciatteria urbana deriva anche dalle troppe case lasciate “al grezzo” o in vendita o inutilizzate e abbandonate che degradano ancor più i quartieri e riducono il valore delle vicine proprietà.
Se poi allunghiamo il passo verso strade e stradine di campagna, fra la xylella che avanza, notiamo che molti terreni campagne, casolari (e villette incomplete) siano ormai non più in uso alla agricoltura ma alla natura che subentra selvaggia.
Sono le conseguenze, in paese, di una povera urbanistica e servizi e, in campagna, l’evidenza di uno “stacco culturale” con il nostro millenario passato da… “terroni”, ora “evoluti” verso nuove e meno faticose attività.
Va aggiunta la pluridecennale incuranza dello Stato nel sostenere il settore agricolo e la inadeguatezza della politica di periferia per scelte concrete e lungimiranti e non certo imponendo nuovi veti, burocrazia, catastrofici ritardi e inefficaci soluzioni.
Lo dimostra anche la gestione del problema xylella da parte della Regione Puglia, che peraltro ci pone, fra le regioni italiane, all’ultimo posto nelle spese per i programmi di sviluppo rurale, come anche l’idea di distribuire le acque meteoriche (depurate) nelle nostre campagne.
Al momento vasche, tubolature, valvole e tubi fanno ruggine ormai da circa 13 anni, a testimoniare che l’arte della buona politica agricola è ben lungi dall’essere soddisfacente, ma lascia nuovi vincoli e servitù ai nostri terreni.
E così quella che era un tempo una ricchezza (case e terreni), complici anche altri fattori economici e sociali, tende sempre più a diventare un fastidioso e costoso orpello che allunga l’elenco delle “Proprietà Incolte”.
Di Incolto, oltre alle proprietà private, vi sono, da decenni, anche tante proprietà pubbliche (ovvero di noi tutti) affidate ai nostri amministratori (ex macelli, ex scuole etc).
Per i terreni incolti (e annessi edifici) la Regione Puglia ha reso attivo mediante apposita legge del 2014, recentemente aggiornata, la Banca delle Terre e il Registro delle Terre Incolte ove i Comuni devono fare confluire i loro dati, dopo apposita indagine/censimento del proprio territorio.
Lo scopo è quello di assegnare tali terre a chi ne è privo ma intende dedicarsi alla agricoltura e/o attivare imprese agricole.
Lodevole iniziativa politica, almeno a parole. Ma forse si scontra con la generale sfiducia in istituzioni che già non hanno saputo valorizzare, anche cedendo/vendendo/affittando, le pubbliche proprietà a privati o imprese e col ricavato migliorare i servizi o abbassare le tasse.
Lasciate invece nel degrado per decenni, ci si inventa futili e improduttivi motivi per recuperarle e farne poi un uso decisamente marginale e improduttivo a favore di pochi ma a spese continue di noi tutti.
Ora le stesse istituzioni intendono farsi tramite nell’assegnare a privati le terre incolte di altri privati.
Forse meglio dare spazio e incentivare la libera iniziativa, la domanda/ offerta di proprietà fra diretti interessati, le vendite/affitti all’asta di proprietà pubbliche e private, gli utili servizi verso le campagne, (viabilità, facilitazioni burocratiche, incentivi economici etc) e non certo nuove burocrazie, nuovi poteri, nuovi condizionamenti.
Ne derivano ulteriori fughe dei nostri giovani dalle campagne, dalla città e… dalla politica delle belle parole, ma dai fatti spesso inutili, incompiuti o inefficaci e improduttivi.
Lo “stacco culturale” difficilmente potrà indurre i nostri giovani non emigrati (in gran parte NEED ovvero fra 20 e 34 anni che né studiano, né lavorano, né seguono attività di formazione) a tornare fra campi e casolari e chinare la schiena su zolle coltivate dai loro avi ma ora invase da erbacce, da volpi che prolificano e “sacare” che strisciano.
E se per la città avremo(??) un PUG, per le campagne avremmo almeno bisogno di una convincente visione del futuro, con strumenti attuativi che non siano solo l’arido, pur utile, Registro delle Terre o (meglio) Proprietà Incolte, ove meriterebbe un posto d’onore qualche nostro cadente castello, le nostre cadenti torri costiere, e tante (nostre) proprietà comunali.