di Carlo Errico, magistrato

Si viene puniti con il carcere (per i fatti più gravi) quando si assumono comportamenti che contrastano con l’ordinamento giuridico. L’organizzazione sociale non tollera che si venga meno a regole di fondamentale convivenza e le ritiene tanto importanti da iscriverle in norme penali (nel rispetto della Costituzione) che, se violate, hanno come conseguenza la sanzione, appunto, penale. E così, se uccido, vado in carcere.

La coscienza sociale, tuttavia, non considera riprovevole violare quelle stesse norme penali in particolari situazioni. La difesa legittima è una di quelle situazioni: esse si chiamano tecnicamente scriminanti o cause di giustificazione.

La civilità giuridica ha considerato essenziale riservare allo Stato il monopolio della forza per la difesa dei beni giuridici dei cittadini. Ci sono, però, casi in cui è tollerato, anzi, è considerato giusto e conforme all’ordinamento giuridico consentire al privato cittadino di difendersi da solo, trovandosi nelle condizioni di poterlo fare.

La legittima difesa è, dunque, il poter legalmente reagire per difendersi commettendo un qualcosa che normalmente sarebbe un reato. In realtà non solo per difendere sé stessi, ma anche altri.

Fondamentale è l’interesse di chi viene ingiustamente aggredito: requisiti essenziali sono, dunque, l’ingiustizia dell’aggressione e l’attualità del pericolo, oltre al fatto che la reazione deve essere necessaria (non posso colpire se sono in grado efficacemente di fuggire) e proporzionata all’offesa.

Posso difendere un diritto di natura personale (diritto alla vita; diritto alla salute; diritto alla libertà di movimento) o patrimoniale (diritto di proprietà).

Ecco, su tale quadro si colloca il dibattito sulla riforma della legittima difesa.

Il problema è serio. Vi sono casi evidenti: posso reagire uccidendo chi sta cercando di uccidermi nel momento in cui lo sta facendo e potrebbe riuscirci. Vi sono casi più complicati: se un estraneo sta entrando in casa mia e lo scopro mentre scavalca la finestra non posso sapere in anticipo se è sua intenzione rubare un posacenere o usare violenza fisica nei confronti miei o di un mio convivente.

Nei meandri più stretti dei casi dubbi vorrebbe inserirsi la riforma oggetto del disegno di legge sulla legittima difesa che il Senato ha approvato in questi giorni passando la palla alla Camera dei Deputati per la definitiva approvazione (che le previsioni più ottimistiche collocano entro l’anno).

E’ proprio sui limiti della difesa in casa propria (o luoghi assimilati) che si colloca un’importante modifica: la riforma vorrebbe presumere sempre sussistente la legittima difesa in favore di chi affronta un estraneo.

Ma procediamo con ordine. Su come era ed è strutturata la norma vigente del codice penale fin dal 1930, e cioè in aggiunta al primo comma:

Art. 52, comma 1, codice penale  Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

il parlamento è già intervenuto nel 2006 aggiungendo allo stesso articolo i commi 2 e 3 che prevedono una presunzione di proporzione se taluno adopera un’arma legalmente detenuta in casa propria (o nel proprio ufficio, o impresa, o esercizio commerciale) al fine di difendere la propria o altrui incolumità, ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Inoltre, vi è l’art. 55 c.p. che prevede la punibilità per colpa (dunque, con pene più leggere) di chi eccede i limiti della difesa legittima, appunto, per colpa, cioè non per deliberata scelta, ma per negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Quindi, già per il sistema attualmente vigente nei casi di difesa legittima in casa (o nel proprio ufficio, o impresa, o esercizio commerciale) è sottratta al giudice la valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa, in quanto tale proporzione viene presunta dalla norma.

La Corte di Cassazione (il giudice di più alto grado che con le sue sentenze costituisce fonte di interpretazione, pur non obbligatoria, per tutti i giudici dei gradi inferiori) ha da subito fornito una chiave di lettura molto attenta ad evitare i possibili eccessi del sistema, affermando a chiare note che la difesa legittima in casa propria non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell'ambiente domestico, alla propria o altrui incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione (lo ha detto in un caso in cui è stata esclusa la legittima difesa in relazione all'omicidio di una persona che si era introdotta con inganno nel condominio dell'imputato per ottenere il pagamento di un debito).

Con la riforma in discussione verrebbero modificati i suddetti due articoli 52 e 55 c.p., in modo tale che sia riconosciuta sempre  la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa se taluno adopera un’arma legittimamente detenuta in casa propria (o luoghi assimilati) al fine di difendere la propria o altrui incolumità, ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. Inoltre, verrebbe aggiunto all’art. 52 c.p. un quarto comma così strutturato: "Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone".

In altri termini, il quarto comma allargherebbe la scriminante, prevedendo:

- sempre la presunzione di proporzione. Dunque, verrebbe annullato ogni spazio pur residuo di valutazione del giudice riguardo al singolo caso;

- che essa operi per il solo fatto che si reagisca per respingere l’intrusione (sia pure posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica).

Riformato pure l’art. 55 c.p., in quanto si esclude la punibilità di chi si sia difeso eccedendo colposamente “in condizioni di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.

Dunque, secondo il nuovo impianto (ma è una mia opinione) il caso sopra deciso dalla Cassazione avrebbe avuto esito diverso.

Vi sono ragioni di chi sostiene la bontà della riforma e quelle di chi la critica o perché troppo timida (ad esempio Carlo Nordio, ex magistrato, secondo il quale “Matteo Salvini doveva osare di più”), o perché troppo permissiva (l’Associazione Nazionale Magistrati ha da subito paventato il rischio di legittimare reati gravissimi, fino all'omicidio, se si prescinde dal principio della proporzionalità fra offesa e difesa e dalla valutazione, caso per caso, del giudice: “se un soggetto minaccia di schiaffeggiarmi o di sottrarmi un bene, io non posso reagire sparandogli; se, da fuori casa, vedo un tizio che si arrampica sul mio balcone, non posso essere autorizzato a sparargli", ha sottolineato Francesco Minisci, presidente dell’associazione).

Da parte sua Salvini ha detto che intende tirare dritto.

Anche il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno dei giudici, ha preso posizione in senso fortemente critico verso la presunzione di proporzionalità imposta dalla norma, tale da non lasciare al singolo giudice il necessario spazio di valutazione da caso a caso.

E’ un dibattito intenso in un contesto in cui c’è chi intravede il giusto spazio al cittadino che è costretto a sostituirsi allo Stato che sempre più si mostra incapace di garantire sicurezza in casa e chi, al contrario, teme la svolta di un giustizialismo fai da te.

E’ corretto che ciascuno si faccia un’idea propria, guardando con un po’ di consapevolezza in più a come andrà a finire.

 

 

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