di Giovanni Scarascia
Psicologo Clinico Dinamico
Consulente esperto nella risoluzione pacifica dei conflitti
La mia esperienza internazionale nel campo dell’educazione mi ha portato ad interrogarmi e formarmi su alcuni aspetti fondamentali del nostro tempo che , tragicamente, incidono sulla formazione, sull’equilibrio e quindi sul benessere delle nuove generazioni.
Da poco rientrato in Italia, mi è sembrato di capire che il sistema scolastico in generale non riesca a fornire le necessarie risposte a domande del tipo: “ Cosa serve ai nostri ragazzi per vivere e godere della loro vita nel mondo? Quali competenze devono affinare per essere dei cittadini attivi e positivi? Come il sistema famiglia può favorire questo processo?”
E ancora “Siete soddisfatti di ciò che si insegna nelle scuole? Non credete che manchi qualcosa? Che si dovrebbe insegnare l’empatia come la storia? La gestione delle emozioni come la geografia? L’ascolto come la grammatica? La Scuola non dovrebbe anche insegnare a parlare in pubblico? A gestire le relazioni? A prendere decisioni assertive? A mediare i conflitti e ad insegnare a vivere in pace?”
Di solito avverto nei ragazzi una profonda mancanza di punti di riferimento, una profonda mancanza di strategie comunicative e di competenze emotive, quelle che fondamentalmente ti permettono di relazionarti con l’Altro, e di non vederlo come un forziere da svuotare o un avversario da distruggere, ma come un compagno di viaggio. Quelle, in poche parole, che ci permettono di mettere in pratica azioni di pace e non reazioni di guerra.
Professori, Dirigenti scolastici e genitori, mi hanno affidato bambini e adolescenti dicendomi
“è che ha un problema...”. Io, gentilmente, rispondo e ricordo che il ragazzo è semplicemente il risultato delle azioni degli adulti. E che il “problema” non è solo suo, ma di tutti.
Lo studio fatto in Mediazione e Risoluzione Pacifica dei Conflitti mi ha permesso di percepire un livello di conflittualità molto alto, e veramente poche caratteristiche per risolverlo pacificamente, sia dal punto di vista personale che strutturale.
La Pace è una scelta consapevole, difficile, che ha bisogno di un particolare ambiente personale e interpersonale per “succedere”. E dipende soprattutto dalle risorse che le persone sentono di avere (dentro e fuori) e dalla qualità di relazione con l’Altro.
Il Conflitto non è la guerra, non è la violenza. È un Punto nel Tempo e nello Spazio dove si incontrano “Diversità”. La guerra e la violenza sono una risposta di risoluzione. Il Conflitto è Incontro. Nulla più.
Per questo credo che sia necessario, per far “succedere la Pace”, una profonda riflessione su come stiamo propiziando la guerra, sul perchè la violenza e la prevalicazione sull’Altro sia spesso la prima reazione scelta, e non stupirci quando le nuove generazioni si comportano in maniera “incomprensibile”. I bambini imparano da ciò che vedono, da ciò che vivono, non da quello che gli si dice.
E noi , invece ,progressivamente abbiamo insegnato loro a farsi la guerra, a competere con l’Altro per stabilire presunte superiorità.
La mia esperienza in Colombia, nel campo educativo, mi ha permesso di strutturare una mia proposta, diversa rispetto al curriculum ordinario offerto dalle scuole , che credo possa essere utile anche in Italia ed in particolare spero nel mio Salento.
Il Programma “Epicentro di Pace” mira ad affrontare il problema della violenza e dell’esclusione, vuole sensibilizzare i ragazzi e gli educatori ad un differente atteggiamento rispetto alla funzione dell’educazione e al coinvolgimento delle famiglie. È un intervento strutturato e temporalmente determinato che intende arricchire la forma di gestione dei conflitti all’interno delle scuole.
Che vuole insegnare a fare la Pace.
Vuole, inoltre, creare un spazio fisico di ascolto e riconciliazione all’interno degli istituti, dove i ragazzi possano apprendere una forma diversa di dirimere i conflitti, di vedere l’altro, di intendere le propie responsabilità e le propie libertà, che soprattutto perduri al termine dell’intervento stesso.
Dopo più di un decennio all’estero, ho deciso di ritornare in Italia .
Mi auguro di essere di aiuto alla mia comunità di origine e di realizzarmi professionalmente.