di Giuseppe R. Panico Fuggire da spiacevoli realtà non è certo un atto di eroismo, ma nemmeno di viltà se l’eroismo dei pochi non basta a cambiare la realtà dei tanti. Dalle loro terre fuggono i migranti, dalla nostra terra fuggono i giovani, dall’Europa (sopratutto per i migranti) è fuggita l’Inghilterra e in Germania cresce l'attenzione verso la salvaguardia della propria identità culturale.
In altri paesi confinanti ci chiudono le frontiere, preoccupati di un' Italia che, continuando ad accogliere migranti, (già oltre 40000 nel 2017) senza poter/saper integrare e controllare, sembra allontanarsi dall'Europa e avvicinarsi all'Africa. Fuggono pure gli investitori stranieri, ancor più intimoriti dall'esito negativo del recente referendum costituzionale, che ha confermato la nostra voglia di non cambiare nulla.
In pochi mesi, ben 100 miliardi di euro hanno cambiato bandiera. In Puglia poi anche gli investimenti “energetici” se la danno a “tutto gas” . E se la precedente amministrazione regionale ha cacciato da Brindisi la British Gas, dopo 11 anni di infruttuosa burocrazia, 250 milioni di euro investiti e un migliaio di potenziali posti di lavoro (la realizzazione dello stesso impianto nel civile ed ecologico Galles ha richiesto solo 5 anni), quella attuale, dopo aver sostenuto un inutile referendum, costatoci 300 milioni di euro, per impedire semplici ricerche in alto mare, cerca ora di bloccare, insieme ad altri No TAP, il gasdotto a Melendugno. Un’opera strategica internazionale, come tante altrove, dopo averne già approvato il progetto. Se la inaffidabilità diventa politica e si somma al populismo ecologico, al conflitto fra istituzioni ed alla carenza di senso dello Stato, spariscono i quattrini, spariscono idee e lavoro e sparisce il futuro.
Nella nostra Tricase, ormai prossima alle urne, nel 2016 abbiamo avuto pure un saldo negativo di ben 24 imprese.
Una politica nazionale e periferica dunque inadeguata o poco dedita a favorire lavoro ed economia reale, causata, nel nostro Meridione, anche da una diffusa incultura civico-istituzionale della popolazione (bassissimo livello di lettura/conoscenza e partecipazione), coltivata anche nei giovani da una scuola che li pone in fondo alla classifica OCSE con possibile esclusione dal loro futuro mondo del lavoro. La conseguente latitanza dai proprio doveri di cittadini porta così in tanti a ridurre il proprio voto ad una “semi-analfabetica” croce quale simbolo di una passiva sudditanza al voto di scambio o al “familismo amorale” e non strumento di una ben più attiva e costruttiva cittadinanza orientata alla qualità degli candidati e relative proposte. ”Nui simu fatti cusì”diceva qualche anziano durante le passate amministrative. Per le prossime forse vorremmo urlare “STAVOLTA NO!
Ci tocca lavorare circa sei mesi all’anno per sostenere, con le troppe tasse, tanta politica, i danni che ci causa, il debito pubblico che ci propina, la corruzione che ci opprime ed i carenti servizi che ci offre. Gli altri sei mesi per sostenere noi e le nostre famiglie.
Gran parte di tali risorse e le stesse linee guida per lo sviluppo cittadino passeranno nelle mani e nella testa di chi a breve eleggeremo. Affidare a loro tanto nostro lavoro, soldi e sacrificio richiederebbe dunque estrema attenzione a chi sono i candidati, alle loro capacità e dedizione ed alla loro cultura/opinioni (compresi i grandi temi quali emigrazione, Europa, economia etc) e con quali risorse vorranno operare. Troppo spesso gli eletti, più che dediti a tempo pieno ad amministrare, sono a mezzo servizio con la loro politica, dedicando l'altro mezzo al “conflitto di interessi” con la propria professione. Ben lungi dunque dal meritare quel titolo di “primo cittadino” derivante dal primario dovere a cui si sono volontariamente offerti e poi votati.
Ai candidati vorremmo ( forse) chiedere, per ogni loro proposta, con quali mezzi, risorse, criteri, motivazioni e tempi intenderebbero agire per renderle credibili. E ,se già impegnati con l' amministrazione uscente, ci dicano perché le loro proposte non le hanno fatte prima nei consigli e commissioni comunali, rimaste sovente così inoperose o inattive.
Forse i candidati sindaco vorranno, magari con un bel manifesto da loro sottoscritto (quale loro formale presa d’atto), illustrarci la situazione debitoria del nostro Comune e delle opere pubbliche incomplete. E dirci poi come liberarci di queste e di quelle private ridotte a rovine. Alcune anche di “nobil lignaggio”ma ora rese simbolo oltre che di vilipendio della nostra Costituzione (art 9) ad offesa della nostra immagine ed attrattiva territoriale (a cominciare da quel noto osceno rudere che domina il nostro porto). Ci illustrino anche la situazione “migranti” a Tricase e relativi costi/servizi/prospettive a nostro carico.
E ci dicano subito se, per migliorare lo “status” del nostro Comune, vorranno dedicarsi a Tempo Pieno, come buoni genitori al capezzale di figli seriamente ammalati, o Part Time come Baby Sitter che raccontano le loro favolette politiche per addormentare i sudditi-bambocci o danno il “succhiello” a chi strilla di più. Prevarrebbe una più sana politica e partecipazione cittadina, senza fuga dalle urne e senza desiderio di preferire a Palazzo Gallone un commissario governativo.
E se i candidati proprio non ci piacciono, meglio dar retta al grande Montanelli, votando se non quello che di cattiva politica “puzza” di meno, come lui suggeriva, chi riteniamo il meno peggio. Siamo tutti soci/cittadini di una azienda con circa 17000 addetti, molti in cerca di lavoro, per produrre futuro.
E dunque , se non per “rifondare” la Repubblica Italiana (fondata sul lavoro come dice l'Art 1 della nostra Costituzione) almeno per rifondare una “azienda”di nome Tricase. Ma attraverso capaci, onesti e dediti “amministratori delegati”,eletti recandosi tutti alle urne, e non, come disertori a Caporetto, in fuga verso il mare o altrove.