di Alessandro Distante Quando tutti i ruscelli sotterranei confluiranno in un unico fiume e quando questo verrà in superficie, l’acqua inonderà la Città, spazzerà via le incrostazioni dei luoghi comuni e dei pregiudizi e disseterà quel mai sopito ma spesso soffocato desiderio di comunità.
E’ questa la sensazione che ho portato a casa al termine della presentazione da parte di Coppula Tisa dei risultati del progetto Celacanto nella struttura sita in Marina Serra e concessa dalla Provincia.
Tante esperienze, provenienti da tutto il Salento, spesso poco conosciute, delle quali, come se fossero fiumi sotterranei, si avverte la presenza ma non se ne apprezza tutta la forza; quelle esperienze sono state presentate in un unico percorso, quasi un fiume formato da tanti affluenti che, con andamento lento ma deciso, raggiunge la Città per inondarla, per dissetarla senza alluvionarla.
Introdotti da Geremia De Giuseppe, Carla Quaranta ed Edoardo Winspeare, siamo stati condotti, con l’ausilio del bel video curato da Gabriele Quaranta, alla conoscenza di dieci esperienze di altrettante modalità di declinare il fare sociale, in una visione di città a misura d’uomo e con un metodo di partecipazione dal basso.
Interessante l’indagine, presentata da Mariantonietta Cortese, sull’associazionismo ed i giovani, che, dalla risposta ai questionari, sono sembrati più immediatamente attratti dalla logica del fare per poi scoprire la bellezza dello stare insieme.
Le analisi di Giuseppe Cotturi, Gherardo Colombo ed Erri De Luca a dettare i tempi di una riflessione sulle nozioni di bene comune e di impegno sociale, nella prospettiva di una partecipazione sempre più diffusa e responsabile.
Non luoghi comuni ma analisi; non solo riflessioni ma anche e soprattutto azioni; tutti ingredienti indispensabili per non cadere nella retorica abbinata a ricette semplicistiche e per ciò stesso demagogiche.
Coppula Tisa, ripercorrendo un cammino iniziato nel 2001 con Acqua allu Puzzi e passato attraverso la demolizione del rudere abusivo quale gesto simbolico e contaminante, ha documentato un percorso che non ha voluto fare in solitaria, ma costruendo una rete, dove ogni esperienza rimane tale contribuendo tuttavia a tessere un insieme di comunità leggibile e possibile.
Utopia? Sì ma in positivo; come una forza che prende e che trasforma la persona e la società e che si innerva nella storia per cambiarla in una prospettiva di comunità solidale.
Un progetto possibile come testimoniato dalle tante esperienze in campo e come dimostrato, all’inizio dell’incontro, dalla dedica di una targa a Guglielmo Minervini, che portò nella storia, attraverso l’impegno nelle Istituzioni, la carica utopica e profetica, quella carica che si è respirata sabato scorso a Marina Serra.