CI MANCHI TONINO
Per noi rimani sempre ''il Folle di Dio e il Pastore Diverso''
Trifone e Marcello Bello
20/04/2017 - È difficile sintetizzare in poche righe TONINO perché ancora oggi, che sono trascorsi 20 anni (24, n.d.r.) da quando ci ha lasciati, è una continua e piacevolissima scoperta. È difficile specialmente per noi, suoi fratelli minori, che con lui abbiamo vissuto mille esperienze, mille avventure, che gli siamo stati sempre accanto cercando in ogni modo di ricambiare quell’amore di cui lui ci ha sempre inondati.
Quando Tonino fu nominato Vescovo forse in molti, tra coloro che lo stimavano come prete dai gesti concreti, in quel lontano autunno di ormai 30 anni fa (34, n.d.r.), avranno temuto che la mitra mummificasse la sua personalità, ma una notizia tranquillizzante arrivò dopo pochi giorni del suo Episcopato, quando si diffuse la scandalosa notizia che era stato denunciato alla Magistratura per aver partecipato ad un blocco ferroviario organizzato dai lavoratori delle acciaierie di Giovinazzo, minacciati di licenziamento.
A fatica si allontanò dalla riva per prendere il largo e si portò a Molfetta il suo zaino privo di oro e d’argento, ma ricco di tanta umiltà e povertà. Si presentò col Pastorale e la Croce di legno d’ulivo, dono dei nostri compaesani, come anello al dito volle la fede nunziale di nostra madre con lo stemma raffigurante la Croce Alata di Alessano con un chiarissimo motto “Ascoltino gli umili e si rallegrino”.
Anche dai molfettesi, popolo orgoglioso della propria cultura e delle proprie antiche tradizioni, sconcertati in un primo tempo dalla povertà dei suoi segni del potere, si fece subito amare per la fecondità della sua parola e per l’essenzialità dei suoi gesti; ed ora vivono anche loro l’attesa della splendida stagione della “fioritura della primavera spirituale che inonderà il mondo”.
Poi quando nel 1985 il suo maestro e discepolo mons. Bettazzi lo propose alla Presidenza Nazionale di Pax Christi, divenne la voce più inquieta e trascinante del pacifismo cattolico. Impresse una svolta determinante all’associazione e il suo gridare a voce alta la pace, l’antirazzismo, l’accoglienza delle diversità, la convivialità delle differenze, il riscatto del nostro sud e di tutti i sud della terra, ha varcato i confini della sua Diocesi e della Nazione.
Grazie a Tonino, Molfetta è divenuta allora la culla dove si sono riposte le speranze dell’umanità non violenta, il punto di riferimento dove convergono gli ideali di tanti giovani che, nonostante tutto, guardano ad un futuro di bontà e di onestà, riflettendosi nella trasparenza dei suoi occhi e del suo stile di vita.
Ti vogliamo bene Tonino… e ti ringraziamo per la splendida poesia e la calda umanità che hai profuso nelle lettere a “Massimo ladro” e a “Giuseppe avanzo di galera”, ti ringraziamo per le tue parole d’amore che hanno accarezzato l’animo dei nostri figli Raffaella, Stefano, Federica e Francesca.
Abbiamo pianto con te e abbiamo partecipato alla tua sofferenza per l’incomprensione e la solitudine in cui ti sei trovato durante la guerra del Golfo.
Ci siamo inorgogliti di essere tuoi fratelli quando hai ospitato nella tua casa sfrattati, immigrati, giovani in cerca del senso della vita. Abbiamo condiviso la tua pena e la tua tristezza quando ti abbiamo visto dagli schermi televisivi in pieno agosto, in mezzo ad una fiumana di profughi Albanesi, là, sul molo del porto di Bari, per denunciare con passione l’assenza dello Stato, già impegnato nella più proficua attività di tangentopoli, attirandoti anche addosso l’ira e il sarcasmo del Ministro degli Interni.
Ti ringraziamo tutti per il tuo tanto soffrire sulla tua cattedra del dolore vissuto con grande dignità. Sei stato uomo fino in “cima” nella tua sofferenza, quando, nella penombra della tua camera, hai alzato la mano benedicente sul capo di tutti coloro che si inginocchiavano al tuo capezzale, dai tuoi confratelli ai vecchi coinquilini di Episcopio. E da ognuno di loro ti sei fatto benedire. Hai trasmesso in noi tanta pace e tanta serenità e non abbiamo più paura.
Quando in quell’assolata giornata di agosto 1992, dagli schermi televisivi rimbalzò la notizia della tua proposta di “dar vita ad una grande forza di Pace sovrannazionale che invadesse le zone di guerra”, capimmo veramente, forse anche con brutto presentimento, che stavi raggiungendo il momento supremo della tua profezia e del tuo sacrificio.
E così potemmo ascoltare la tua viva voce, che da quel teatro di Sarajevo illuminato dalla fioca luce di poche candele, “urlava” che l’Onu dei potenti si ferma alle quattro del pomeriggio, mentre l’onu dei poveri si muove anche di sera.
Con la tua morte non è tutto finito; in quella tomba che hai voluto nella tua cara Alessano, non vi sono resti, ma i semi che daranno frutti abbondanti come hanno promesso le migliaia di ragazzi e ragazze che ti hanno detto: “ciao don Tonino, continueremo a sognare ad occhi aperti cieli nuovi e terre nuove”.
Per noi rimani sempre “il folle di Dio e il Pastore Diverso” che in quel vespro di Aprile di 20 anni fa (24, n.d.r.), con l’altare accanto al mare, racchiuso in una cassa di legno, su un palco di nuda pietra, all’aperto e in mezzo alla folla sterminata della tua gente, facevi sfogliare, con la complicità del soffio dello Spirito, l’Evangelo, unico sostentamento della nostra povertà.
Ci manchi Tonino.
I tuoi fratelli, Trifone e Marcello*
* Fonte: Tommaso Poli (a cura di), Dal cuore della Puglia fino ai confini del mondo. Testimonianze su don Tonino Bello, Edirespa, Molfetta 2013, pag. 51-53.