di Giuseppe R.Panico La civiltà di una comunità non può che derivare da molteplici fattori culturali e strutturali. Fra questi ultimi, un posto di rilievo lo hanno le strade. La civiltà romana, come altre, si sviluppò, infatti, grazie ad una efficiente rete stradale ed ora laterra è avvolta da un reticolo di strade,tracciati ferroviari, marittimi ed aerei. Ma ove questeson mal tenute, insicure, dissestate o frequentate dabriganti o pirati, ne soffrono gli scambi economici, culturali, la stessa sicurezza delle persone e dunque benessere e civiltà. Alla “mala strada” segue dunque la “mala vita”che, prima ancora di essere un fenomeno criminale, è un malessere sociale eculturale sia per le strade di grande comunicazioneche per quelle urbane. Un esempio per noi èvia Stella d’Italia,ora poco frequentata e trascurata, costruita a suo tempo ben larga, con ampi marciapiedi e nome altisonante; quasi un simbolo di una Tricasecontadina allorapiù fiduciosa nello “stellone” d’ Italia e nella stellina che campeggia sulnostro emblema cittadino. La viabilità dunque se ben manutenuta, insieme apiste ciclabili, marciapiedi, parcheggi, piazze,razionalità del traffico e buon usoche ne facciamo è anche motivo di attrattive economiche, residenziali e turistiche.
Ma larealtà di oggi denota un modo di “fare strada” non certo invidiabile, che tuttora continua grazie acolpevolifacilmente individuabili… guardandosiallo specchio. Colpevolidi assuefazione alloscarso senso civico nel suo uso; per non aver ancora realizzato nemmeno un breve tratto di pista ciclabile urbana;per avere tanti marciapiedi stretti, non pavimentati o dissestati o ostacolatida pali segnaletici o ENEL ogni pochi metri, datroppi ombrinali alti che, in caso di pioggia,ci regalano un fresco pediluvio, da mercanzie esposte al pubblico acquisto, da scivoli per passi carrabili privi del relativo permesso.Colpevoli di aver consentito alla“moderna urbanistica” di nuovericche ville e palazzoni, di mangiarsi anche gli spazi destinabili a nuovi marciapiedi.”Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”, come dice il Manzoni nel suo “5 maggio”e come lamentano i turisti che ci visitano,il bitume o l’asfalto messo “su strada” non è certo come da noi ove si sfalda sovente… in un balenoe imarciapiedi, ove esistono, servono ad altro. Sulle nostre strade non passano carri armati cingolati, né i “traini” di una volta con ruote ferrate, né cavalli con zoccoli ferrati, né “furesi” con scarponi chiodati. Né la natura ci tempestacon neve, gelo, diluvi e scosse sismiche.
Solo qualche acquazzone, un po’ di sole,tante ruote gommate e fumanti marmitte che ci accorcianola vita con le loro polveri sottili ed effetti cancerogeni, molti pedoni con scarpe anche questequasi sempregommate, un po’ di cani senza paletta e qualche…“ancheggiare” su tacchi a spillo. Nelle nostre scuole e università, poi, pur non essendo certo le migliori del mondo, forse si insegna come si impasta l’asfalto, comelo si stende e di che spessore deve essere per resistere allo “stress”urbano. Di più alto spessore sembra intanto diventare il debito pubblico cittadino, tutto a nostro carico. Saccheggiando le nostre tasche, un sacco di soldi manon bastano mai. Ora, per rifare alcuni tratti di strada, “apriti… mutuo”.Siamo bravi, ormaida decenni,a farci “mala strada” e cattivo debito e tirarci addosso quella “mala vita” che non è solocolpa del punteruolo rosso che si mangia le palme, né della xylella checi infastidisce edissecca gli ulivi, né della criminalità salentina ormai in decisa espansione.
E’forse colpa di quel virus chiamato“sistema” che si mangia i quattrini e ci dissecca le speranze, mettendo (sempre col Manzoni) i suoi “bravi” in politica e i suoi “Don Rodrigo” al potere.E chi lo cambia il sistema se poi gran parte di noi,volendo cambiar tutto, non si degna di cambiar nulla? A cambiare ci vuole coraggio ma, diceva Don Abbondio nei Promessi Sposi, “se uno non ha coraggio mica può darselo”. Almeno stavolta per le feste,più che panettone e cotillon, forsemeglio regalarsi undecimetro per controllare lo spessore del manto d’asfalto, una livella perle pendenze, (almeno vicino a casa propria) un alambicco per verificare l’impasto e un occhio ben aperto suiconti. Rinunceremmo al “diritto” di criticare, additare, tagliare, cuciree“ricamare”sulla pelle di “eletti” ed“assunti” ma ci guadagneremmo in civica responsabilità.
Forse anche Babbo Natale, Befana e Re Magivorrannomettersi d’accordo, venendoci incontrocon un unico regalo in grado di far felici grandi e piccini: un asfalto che, più duro del pandoro o più farcito del panettone, messo “su strada” in questo solstizio d’inverno, duri ben oltre il prossimo solstizio d’estate. Lo paghiamo noi ma speriamo che ci diano una mano anche loro, da… lassù.E per le piste ciclabili e i marciapiedi? Meglio rivolgersi ben più in alto, magari raccomandati da qualche bue e asinello vicini ai poteri forti e attendere…il miracolo. Quello di un così tardivo PUG (Piano Urbanistico) che possa salvare…il salvabile?“Buon Asfalto” dunque, per un Buon Natale e un Buon Anno senza buche, senza altri mutui, senza “bravi” e senza i Don Rodrigo da Medio Evo. Lastellina di questo nostro paese elo stellone d’Italia, ancheloro in cerca di una stella cometa,più che darci una mano, hanno loro bisogno della nostra. Diamogliela allora,con un po’ più di coraggio e un brindisi al successo di una ritrovata comunità.