di Luigi Piccinni Ahime, perché?
L’inverno a Tricase è perenne come nei paesi scandinavi.
Lì, però, l’inverno è una cornice di una realtà ordinata, bella, configurata in spazi gradevoli;
A Tricase l’inverno perenne, invece, è la cornice di una realtà brutta, sgradevole, capace di respingere anche l’assalto più vigoroso del più vigoroso ottimismo;
“lasciate ogni speranza o voi che entrate”: è sufficiente fare ingresso in Tricase per via Olimpica: a destra la cornice cadente dello stadio, il cancello arrugginito del circolo tennis, il manto stradale “bucato”, gli spazi antistanti le “dimore” dalle quali peraltro non si riesce a cogliere la fuoriuscita del benché minimo segno di vita, aggrediti dalle erbacce che sembra ti osservino esibendo la loro bruttezza mentre ti sfidano ad aggredirle con il tagliaerba;
Al proposito, devo dire che da tempo conservo tra le cose e gli scritti cui affido la cura delle mie incertezze e delle mie inquietudini quotidiane, una istanza garbata con la quale chiedo al sig. Sindaco ed al sig. Assessore al “decoro urbano” (è un termine laddove mi piace pensare che il decoro coincida con bellezza) di concedermi in uso quegli spazi perché me ne possa prendere cura, facendovi mettere a coltura fiori e piante o altro del genere;
quello scritto però non l’ho ancora inviato, perché ho timore di essere collocato nel “girone” dei soggetti che vivono nella società civile ma corrono il rischio di essere oggetto di trattamento sanitario obbligatorio;
bene: superate via Olimpica e accedete nel centro della città: ahimè la decadenza! Piazza Cappuccini: l’esposizione internazionale del nulla, la trasposizione ambientale dell’attesa, non certamente quella gioiosa che va in scena in stazioni o aerostazioni quando si attende una persona cara;
E ciò che mi indigna è pensare che c’è stato un progettista capace di partorirne il progetto.
Il passaggio di una donna mai dico mai, e penso di comprendere perché, mentre invito le donne a smentirmi;
perché quando la donna esce in pubblico si imbatte inevitabilmente in qualcuno o in qualcosa capace di ridestarne l’ambizione, laddove per ambizione va intesa la spinta emotiva che ha sede nell’animo femminile e che ha una sola direzione, quella verso il bello, sia esso il bello persona sia contesto ambientale;
Ebbene, ove la donna passasse o sostasse, circostanza rara, in piazza Cappuccini, sarebbe il veicolo del proprio corpo e niente più. Piazza Pisanelli, un tempo “salotto” ben frequentato da tutte le fasce sociali del paese, ora decadente anch’essa; un abbandono progressivo che si consuma giorno dopo giorno, eppure le foto storiche testimoniano che la piazza pensava in grande, mentre ora è triste e trascurata. E qui io mi incupisco se mentalmente ripasso le immagini del mondiale di ciclismo recentemente disputato in Qatar o le immagini del contesto ambientale di Singapore dove va in scena il gran prix di F1 laddove la pista viene illuminata da milioni di lampade ultramoderne e di progettazione rigorosamente italiana; provate ad osservare l’illuminazione di strade e piazze in Tricase!
Per non far parola del traffico, delle soste selvagge, dei bivacchi di auto davanti ai market delle strade strettissime dove la sosta è consentita nonostante le notevoli difficoltà degli automobilisti che per quelle strade devono soltanto transitare e, al proposito, mi si consentano poche considerazioni “filosofiche” nei confronti di chi, per destinazione funzionale, una tantum, ma solo una tantum, dovrebbe “studiare” il tema della viabilità nella città;
Via Olimpica, dove peraltro dimoro e pertanto sono testimone oculare dello “scempio” di cui quotidianamente viene fatta oggetto; una di quelle strade di collegamento importante, una strada alla quale chi è deputato al governo della città ed al governo della stessa sotto il profilo della cultura della viabilità, dovrebbero avere da tempo posto sotto quotidiana osservazione, studiando la tipologia dei comportamenti della maggior parte degli utenti che la percorrono alla guida dell’auto e, senza indugio, porre in essere adeguate misure atte ad evitare eventi che Dio non voglia, potrebbero essere devastanti per le conseguenze che sarebbero capaci di produrre;
Spesso assisto a sorpassi folli effettuati da imbecilli, trogloditi e peraltro in prossimità degli incroci con le strare parallele;
Penso che, quando ne avrò voglia, inviterò il Comandante dei vigili urbani e l’Assessore al traffico perché dalla terrazza dell’appartamento dove dimoro, osservino e, insieme tentino di pensare a come intervenire, non solo per sanzionare (l’imbecille non riceve beneficio dalla sanzione, l’imbecille reitera) bensì per concretizzare soluzioni. Ed ora mi voglio porre una domanda, la cui risposta vorrei trovare con l’aiuto delle osservazioni, spero numerose, della comunità attraverso la mia posta elettronica: non sarà forse il SILENZIO, complice vero della decadenza e quindi dell’inverno perenne a Tricase? Vi sarà anche corresponsabilità della classe dirigente, che evidentemente non è nelle condizioni di concretizzare una saggia amministrazione che, mi sia consentito, non si esprime soltanto con i progetti per i parcheggi del “Card. Panico” o con qualche striscia blu in più ma, se il costume della comunità inteso nelle sue più generali espressioni di vita, i suoi “movimenti”, le sue “cadenze” sono decadenti, ciò è perché evidentemente la comunità è decadente, intendendo per decadenza la apatia quale assenza di pathos;
D’altra parte però mi domando quale responsabilità, nella decadenza della città, abbiano il Sindaco odierno e la sua maggioranza, se sono perennemente impegnati ad “argomentare” avverso le sterili, puerili proposizioni di una minoranza del tutto aliena dall’esercizio costruttivo del confronto sui temi della qualità della vita; io dico che meritano, Sindaco e maggioranza, le attenuanti generiche che sono quelle attenuanti concedibili a fronte di circostanze non specifiche o di situazioni particolari soggettive ed oggettive, che attenuano senz’altro la censura che possa essere espressa nei confronti di una azione amministrativa, che non si concretizza al livello di terapia culturale sui comportamenti della comunità.
Per concludere, molto sommessamente svolgo una osservazione che và collocata nel medesimo contesto, nell’ambito del quale ho pensato alle attenuanti e l’osservazione coincide con una riflessione nella quale vorrei coinvolgere chiunque abbia voglia di esserne coinvolto: non sarà che coloro che ci hanno amministrato e ci amministrano non si siano sin qui posto il tema di come far terminare l’inverno nella città, perché tutti quanti noi della comunità non abbiamo, sin qui, interloquito con loro mediante argomentazioni, proposizioni, conversazioni, riunioni conviviali, conventions? Ragionare insieme, individuare insieme punti di incontro su cui fondare comuni richieste di miglioramenti della qualità della vita, per superare la vigente decadenza;
Spesso le decadenze affascinano, sia quelle personali, sia quelle sociali e non a caso la letteratura ha scritto le sue pagine più belle nel raccontare la decadenza di una famiglia, di una classe sociale, di una comunità, ma è necessario non subire questo fascino. Così come la Giustizia in questo Paese ha bisogno soltanto di una riforma articolata e coerente destinata a durare oltre lo spazio del mattino di una legislatura ma soprattutto ha bisogno di una cultura di essa, io dico che per uscire dall’inverno decadente di questa città, la città stessa, carica di tradizione come nessun’altra e nessun altro paese della provincia di Lecce, abbia bisogno essenzialmente di “cultura” intesa come partecipazione di pensiero, abbia bisogno di un movimento culturale di lunga durata e di ampio respiro che sia capace di attraversare profondamente la città stessa che coinvolga principalmente i giovani in essa rimasti e le donne, la cui assenza anche fisica in questo paese è veramente deprimente nella misura in cui le ragioni della stessa sono facilmente individuabili per chi voglia porvi vigorosa mente;
Ecco perché dico che i governanti che siedono a Palazzo Gallone non meritano soverchie censure così come non merita censura, in diritto penale, colui che toglie la vita a chi è consenziente a che gli sia tolta la vita;
Pertanto, confronto costante, sorretto da ansia culturale senza schieramenti o barricate ideologiche (l’unica ideologia eterna è il Cristianesimo perché sostenuta eternamente dagli invincibili e ineguagliabili insegnamenti di Gesù Cristo, inimitabili ed irraggiungibili da mente che sia d’uomo). Altro che slogans vuoti, mutuati dal linguaggio stantio di qualche impiegato di una segretaria di partito. Giovanni Gentile, quando sedeva nel Consigli Superiore della Pubblica Istruzione, collaborò con Benedetto Croce, di estrazione politica decisamente diversa dalla sua e quando fu nominato ministro della Pubblica Istruzione, designò come direttore generale il non fascista Lombardo Radice, varando così la sua riforma;
Qui è necessario rifondare Tricase, riaccendervi le luci della vita, è necessario che tutti ci si incontri, si rifletta, si proponga, ci si scambi opinioni, indirizzi mails, pensieri, esperienze, testimonianze come quella di cui scrivevo sopra a proposito di via Olimpica, organizzare incontri a tema con la gradita partecipazione della “classe dirigente”, i cui componenti finalmente darebbero un senso alla loro funzione, che sono certo sinora non hanno potuto dare sopportando, ahimè, il peso per niente soave della frustrazione e manifestandola soltanto inviando un’Ape carico di sacchi di catrame per far coprire una buca; uno stare insieme respirando la voglia comune di dare voce ad un per niente rivoluzionario intervento di comunità, che finalmente sia disinquinata dalle proposizioni di bottega, dalle alchimie di basso profilo partorite dagli incontri pseudo ideologici svolte in una segreteria di partito, un intervento concreto, riformatore, dettato non dalle contingenze politiche, dal calcolo del numero dei voti gestibili in quel rione o in quella via, ma dalla riflessione comune, dal ragionare insieme, spazzando via le scorie che fino alla storia presente hanno condotto Tricase nell’anticamera del peggio e distillando in quel ragionare insieme una sapienza alimentata dalla comune quotidiana frequentazione delle sensazioni finalmente esposte e vivisezionate culturalmente per giungere alla soluzione condivisa per la individuazione del percorso che potrebbe ricollocare Tricase nel contesto che merita ed assistito da una qualità della vita che Tricase merita;
Un intervento culturale capace di rendere un po’ più vera, se non proprio realizzare l’utopia di tradurre l’apatia della politica ed il suo linguaggio nella umana parlata della gente comune, che vuol diventare semplice magari facendo politica semplicemente restituendo alla propria città il volto vero della POLIS e della CIVITAS. Tutto ciò si può concretizzare se finalmente la comunità riuscirà a recuperare un cesto della spazzatura veramente grande, per gettarvi i vecchi, logori antistorici, banali slogans e collocare al posto di questi ultimi, concretizzandole, le coordinate per realizzare non le cose normali, ma quelle “ANORMALI”, intesa la anormalità non come patologia bensì come terapia. Bisogna voltare finalmente pagina; la storia è andata oltre e la comprensione di ciò è possibile soltanto se si comprende che non deve esistere l’ideologia della indignazione ma il sentimento dell’indignazione collettiva, che a Tricase si è persa nelle nebbie di un individualismo scettico e sconsolato, ma che a Tricase può andare in scena.
Sulla storia oramai soffia un vento non classificabile tra i venti tradizionali (il tender Schiaparelli è atterrato su Marte peraltro tra l’indifferenza di una umanità che vieppiù scambia i supermarket e le lavanderie automatiche per le nuove cattedrali o le nuove agorà); il vento non classificabile sta facendo assumere all’umanità comportamenti nuovi, molti di essi censurabili quanto illeggibili, ma tant’è se giorni fa a Milano ad accogliere il Dalai Lama v’erano migliaia di persone che nello zaino avevano un quadernino per appuntare i suo insegnamenti e se tra quelle migliaia c’erano molti cattolici alla ricerca di un senso della vita e del significato autentico di “la più grande pazienza è quella che si deve avere con noi stessi” che nulla è in confronto alla pazienza di Dio. Anche su Tricase deve soffiare il vento nuovo, fuori classifica, fuori dagli schemi della geografia studiata sui banchi di scuola e quel vento deve spazzare via prim’ancora che occupino la scena, tutti coloro che pensano di poter governare Tricase, in futuro, con le coalizioni di centro, di destra, di sinistra, di est o di ovest; l’unica voce che deve farsi sentire perché sospinta dal vento non classificabile è quella della comunità che, come tutte le anormalità, è destinato a produrre benessere.
Molti anni fa, insieme al nobiluomo Riccardo Winspeare, che collocò Depressa nella geografia del mondo e nelle dimore storiche della nobiltà italiana, inventai e misi su una sorta di cenacolo sito in piazza Castello in un immobile di proprietà Winspeare; io e quel nobiluomo, mai sufficientemente apprezzato, di riviste, di foto storiche in bianco e nero, di accessori di nobile fattura, inviammo pubblicità ed inviti alla nobiltà salentina, ai professionisti della Provincia insieme a quelli di Tricase e della frazione e producemmo un programma veramente degno di ben altre collocazioni geografiche; cominciarono a giungerci i riscontri e, devo dire, le prime serate registrarono nella piazza Castello, la presenza di molte persone e di molte auto di pregio ed auto storiche, ma credetemi, non v’era una sola persona che fosse di Tricase o di Depressa.
Temo, pertanto, che la storia come mi ricordava quel galantuomo di mio padre, si ripeta.