di Alessandro Distante
Qualche giorno addietro mi sono recato a Casa Betania per fare visita ad un amico. Ho parcheggiato lungo il viale che dall’Ospedale incrocia la Tricase-Depressa; era prima delle 16,00 e per tale ragione non ho fatto il biglietto per la sosta.E’ accaduto che la mia visita a Casa Betania si sia protratta più del previsto; all’uscita -mentre ero ancora sul marciapiede all’esterno della struttura ospedaliera- ho visto, davanti alla mia auto, una Ausiliaria del traffico intenta a redigere il verbale di contravvenzione: le ore 16 erano passate da un pezzo ed io non avevo il biglietto per la sosta. Mi sono avvicinato e le ho chiesto se avesse già redatto il verbale; a quel punto ho visto, nell’espressione dell’Ausiliaria, una reazione quasi di sgomento; la stessa, prontamente, si è giustificata, spiegandomi, con grande dispiacere, che non poteva fare più niente; e aggiungeva, quasi chiedendo scusa, che non era colpa sua: era già passata prima ed aveva soprasseduto, ma poi, passata una seconda volta, aveva visto svanire la speranza che quella auto senza biglietto fosse, nel frattempo, andata via.Ma niente, anche al secondo controllo, la mia auto era ancora lì, e, solo a quel punto, l’Ausiliaria aveva dovuto procedere. Le ho detto di non preoccuparsi e che lei aveva fatto soltanto il suo dovere. La Ausiliaria del traffico, al mio dire, è rimasta di sasso; mi ha guardato lasciandosi andare alla seguente considerazione: “Meno male, perché sempre, quando faccio le multe, mi prendono a male parole”. Le ho sorriso e le ho ribadito, per tranquillizzare lei e la sua coscienza, che ero io in difetto mentre lei aveva fatto quanto doveva fare, né più né meno. Ho pensato: siamo così intimamente corrotti da confondere il bene con il male, il giusto con l’ingiusto, il controllore con il trasgressore. Pensavo questo, mentre tornavo al mio studio per occuparmi di diritto e di giustizia.