Ci impegniamo a formare cittadini del mondo ed operatori di pace,
in spirito di evangelica nonviolenza,
affinché il dialogo ed il confronto con ciò che è diverso da noi
diventi forza promotrice di fratellanza universale (Patto Associativo AGESCI).
«Disse Scibà il Serpente: “Prima che tu riprenda il tuo sentiero, Cocci, vorrei donarti qualcosa, in cambio di ciò che hai fatto per me. Ci ho pensato questa notte e mi sono ricordato di un’antica storia. Vuoi sentirla? […] È cominciata in una valle non lontana da qui, né troppo grande né troppo piccola, con un fiume in mezzo. Di qua e di là del fiume c’erano due verdi colline, ai piedi delle montagne. E su ciascuna delle colline una città fortificata, con alte mura e torri. Non c’era, invece, nessun ponte tra l’una e l’altra città, perché erano nemiche da tantissimi anni, tanto che ciascuna stava mettendo insieme un potente esercito per muovere guerra alla città avversaria» (C. Ruschi Del Punta e AA.VV., Sette punti neri, pp. 198-204).
Inizia in questo modo il racconto della Genziana, una storia che sì, narriamo alle nostre Coccinelle, ma parla anche a tutti noi adulti. È la storia di due popoli che abitano la stessa valle, afflitti dal flagello della guerra; è storia di tanti popoli della terra che, ancora oggi, sono stretti nella morsa dell’odio.
Nel racconto della genziana, alcuni pastori furono inviati nella valle per far desistere gli abitanti dal muoversi guerra, pena, una potente punizione; quegli uomini non si trattennero dalle proprie intenzioni e la punizione li raggiunse:
«quando cercavano di parlare, dalle loro gole invece delle parole, uscivano degli altri suoni incomprensibili. Insomma, le parole uscivano al contrario e capirsi era davvero un’impresa impossibile».
Anche nel nostro tempo non si riesce più a parlare e, pur tentandoci, quasi non ci si comprende più; quanti vivono questo dramma, non solo nelle grandi questioni tra gli Stati… pensateci: una valle e due popoli in conflitto. Sembra la descrizione della questione russo-ucraina o israelo-palestinese; in realtà, è il dramma di tanti popoli, comunità e famiglie nei quali non regnano la comunione e l’armonia, ma l’odio e l’incapacità di dialogo.
Nel nostro racconto, è una bambina, Anna, a trovare soluzione, disegnando un suono; Anna disegna la genziana che aveva portato alla Signora dei suoni, colei che avrebbe potuto rompere la punizione della valle. Al gesto dell’aprire le mani e donarle la genziana, Anna ricevette dalla Signora dei suoni una parola: «Grazie»; era ciò che le serviva per far tornare la pace e l’armonia nella sua valle. Tornando a casa, gridò a tutti «Grazie!», e a quel suono – finalmente – tutti tornarono a pronunciare le parole nel verso giusto e, soprattutto, tornarono a comprendersi.
Rinunciamo a parole ostili e divisive, ritorniamo anche a noi a seminare parole buone, come quel “grazie”, per far germogliare la gioia, la comunione, la pace, per far rinascere la speranza e dare futuro alle nuove generazioni.
«Ecco, Cocci – concluse Scibà – ti auguro che il tuo sentiero sia sempre seminato dei “grazie” che ti diranno per la gioia che avrai saputo donare». AGESCI Gruppo Tricase 2