di Giuseppe R.PANICO
Sarà forse l’anticiclone che, oltre a prolungarci la bella stagione, riscalda anche il dibattito su immigrazione e non solo. In Austria hanno creato speciali corpi di polizia per contrastare quella illegale, in Svezia fanno pattugliare le strade dalle forze armate per contenere la dilagante violenza urbana dovuta in gran parte a giovani immigrati e da noi in prigione di soli marocchini ve ne sono circa 3800 su un totale di circa 17000 stranieri.
Anche in Svezia, dunque, paese avanzatissimo e tollerante, già spinto, di recente, dalla guerra in Ucraina, ad abbandonare la sua totale indipendenza per associarsi alla NATO, si evidenziano rilevanti problemi di integrazione. Intanto il Presidente Mattarella ribadisce che il sostegno all’Ucraina è altamente necessario per evitare ben maggiori occupazioni da parte russa e nuove devastanti crisi geopolitiche.
L’Europa poi, priva di struttura decisionale in politica estera e militare, ben poco può decidere sia sulla guerra in atto che sull’immigrazione, se non con tentativi, spesso vani, di accordi caso per caso. Va intanto diffondendosi in Occidente il senso di colpa per la politica coloniale attuata in passato in tanti paesi africani, spesso intesa come motivo della attuale crisi migratoria e dovuto sostegno all’accoglienza.
Si trascura che la storia è quasi sempre stata, purtroppo, prevaricazione, senza tardivi e presunti compensi del più forte sul più debole. Molti di tali paesi, indipendenti da oltre 60 anni, non avendo saputo accogliere o rifiutando i valori occidentali di democrazia e libertà, preferiscono oggi colonizzazione e sfruttamento russo o cinese e facilitano l’immigrazione. Nel triste scenario di tali crisi e di altre guerre e guerricciole che, come ferite purulente infettano l’umanità, va ad aggiungersi la nuova gravissima crisi in Israele scatenata dal feroce terrorismo di Hamas, spalleggiato dall’Iran che appoggia anche la Russia.
Una potente squadra navale USA, basata su una moderna portaerei nucleare, si avvicina intanto in zona ed oltre trecentomila riservisti israeliani sono stati richiamati. Forse poco interessati ai grandi temi geopolitici che d’improvviso scuotono l’umanità, come faglie tettoniche, eruzioni, terremoti e bradisismi scuotono il pianeta Terra che la ospita, ci riesce difficile accettare che i rapporti fra stati e gruppi umani si siano quasi sempre basati su “diplomacy and a big stick” (diplomazia e un grosso bastone), ovvero capace politica estera e credibili forze armate.
Preferiamo eventi e commenti più caserecci e dopo un generale in servizio che, poco ligio al regolamento di disciplina militare, pubblica, con enorme successo, un libro molto controverso, abbiamo una giudice che, con un passato già attivo contro il governo del tempo, emana una sentenza che stravolge gli intendimenti dell’attuale governo in tema di immigrazione. Si riapre così il dibattito sulla giustizia e sulla credibilità e condizionamento politico di magistrati che discreditano l’intera magistratura. Localmente, notiamo il rifiorire del tema “Grande Salento” come anelito allo sviluppo di una terra che, immersa nei suoi pregi, non si avvede o non provvede ai suoi troppi e troppo antichi difetti.
Ci si chiede allora quale è stato o potrebbe essere stato, almeno nell’ultimo ventennio, lo sviluppo di Tricase, uno dei più importanti e popolosi comuni del Sud Salento, nel farsi grande e fare grande il Salento. Alle recenti cronache sulla zona industriale priva di servizi, (per alcuni anche di importanza), si sono aggiunte quelle sulla morte del nostro boschetto. Un “disastruccio” del parco Otranto-Leuca, ora quasi scorciato nella sua denominazione iniziale e credibilità.
Maggiori cure e compensazioni programmatiche per sostenere lo sviluppo locale sarebbero state utili ed opportune. I vincoli imposti, anche in minimali interventi edificatori, hanno favorito abbandono e deprezzamento dei terreni e il propagarsi della xylella e il susseguirsi di incendi devastanti hanno svilito il valore ambientale e paesaggistico. Per molti, non rimane che liberarsi dei terreni per pochi spiccioli o regalarli.
Le compensazioni per noi potevano essere un PUG adeguato per altre aree costiere, rapidi e validi piani particolareggiati, un Piano Coste credibile, una espansione delle potenzialità portuali (e non riducendole), un efficace piano per le acque reflue nelle campagne, il risanamento del canale del Rio etc. Saremmo oggi più grandi e non certo per idee che “del senno di poi ne son piene le fosse” ma grazie a piani già avviati, definiti o possibili ma rimasti incompiuti o oggetto di amare telenovelas (ACAIT, Acque Reflue etc.).
E così il paese continua a farsi più piccolo in interesse, più povero in economia, più vecchio e rado in abitanti e più evitato dal turismo di rilievo. Fra le sanguinose guerre che ci angustiano ed il risorgere del terrorismo, viene allora da chiedersi se la nostra non sia una inconscia, pacifica, sinistra guerra contro noi stessi, fatta da “generali” a palazzo digiuni di “strategia”. Non militare per la difesa della patria, spesso svilita da moderne “sapienze” e indigeste sentenze, ma almeno per lo sviluppo del loro/nostro territorio.