di Alessandro DISTANTE
Le dimissioni dell’ormai ex Vice sindaco costringono ad alcune riflessioni di fondo.
La prima: non è sufficiente vincere le elezioni, ma occorre governare. Ed allora lo slogan propagandato con forza del “Andiamo a vincere!” può essere la formula per conquistare il potere, ma non basta. Anche a livello nazionale, da tempo, si fanno spot elettorali che sottendono vuoti programmi che poi rimangono inattuati, con ovvia delusione e sfiducia da parte dei cittadini-elettori.
La seconda: le crisi amministrative e politiche rischiano di risolversi in questioni personali. Se le candidature e gli incarichi in Amministrazione non seguono i criteri della adesione a progetti e programmi, è ben possibile che, alle prime divergenze, tutto si ingigantisca e scivoli su problemi caratteriali e personali. Gli esempi, anche a livello nazionale, non mancano (scontro Calenda-Renzi, ad esempio).
La terza: l’importanza della comunicazione, non di quella fatta di immagini e di frasi ad effetto ma quella di contenuti, di chi espone gli obiettivi ed i percorsi, spesso difficili; di chi educa alla partecipazione ed all’assunzione di responsabilità anche dei comuni cittadini. Fino a quando Tricase non abbandonerà la convinzione che sia meglio non parlare, non esternare, non scrivere, si rischia che tutto appaia sempre e solo frutto di personalismi e di egoismi carrieristici.
La quarta: la colpa è anche di tutti quei cittadini che pigramente continuano a dire che “tanto tutti dicono le stesse cose” e che tanto “tutti sono uguali”; la conseguenza è che l’affluenza alle urne diminuisce sempre di più (con un’evidente offuscamento della democrazia) e che il criterio di scelta diventa quello della convenienza.
Purtroppo i cattivi esempi non mancano, se è vero, come è vero, che un “diseducatore politico seriale”, come definisco Michele Emiliano, ha preteso in questi giorni: “Voglio che mi venga riconosciuto un posto nella storia politica della Puglia”, dopo di chè deciderà, lui, cosa farà dopo l’incarico regionale. La politica non come cammino di comunità, ma come percorso personale e celebrativo ante mortem (politica).
L’unica speranza è che questa analisi venga smentita, a partire da Tricase: per esempio, se conoscessimo quali sono le questioni politico amministrative alla base delle dimissioni, allontaneremmo il sospetto che, anche da noi, tutto sia conseguenza di quel duellismo su base personalistica che ha già inquinato da decenni la politica a tutti i livelli.
Carlo III –che non ha certo bisogno del consenso- ha promesso solennemente di essere re per servire il popolo e non per essere servito. Era una cerimonia religiosa e la frase non è neppure originale perché pronunciata duemila anni fa dal Re dei Re, ma è sempre attuale e vale come monito per tutti coloro che stanno in politica, chiamati non solo a tenerla presente ma anche a dare a vedere di rispettarla.