Caro Alfredo, Ho letto più volte la tua nota sul Volantino di sabato 6 giugno 2015, cercando di capire la tua posizione in merito alle elezioni regionali appena passate. Purtroppo devo ammettere che non ne ho capito il senso. Ecco perché vorrei raccontarti la storia di questa campagna elettorale, vista con i miei occhi, ovvero quelli di un ragazzo di 23 anni innamorato della Politica (non è un errore di battitura: la politica, quella di cui sono innamorato, ha la P maiuscola). La scorsa campagna elettorale è stata una fra le più lunghe – almeno per il centrosinistra – che la Puglia ricordi: abbiamo iniziato nel settembre 2014, preparando le primarie che avrebbero segnato il cambio di rotta di una storia che durava da dieci anni. Poi la data del 30 novembre 2014: i cittadini pugliesi che si riconosciuti nei volti e nelle idee di Michele Emiliano, Dario Stefano e Guglielmo Minervini, hanno ribaltato le aspettative su una presunta scarsa affluenza che avrebbe dovuto “inquinare” quel meraviglioso processo democratico. Dal primo giorno di dicembre, poi, è iniziata la lunga corsa di Michele Emiliano e di tutto il centrosinistra unito: non son mancate certamente polemiche e “attriti”, ma le idee e la voglia di lottare per una Puglia protagonista del Meridione erano tali da passare oltre le difficoltà. Una campagna elettorale certamente diversa dalle altre: abbiamo deciso di intraprendere un percorso che avrebbe portato ad un programma veramente partecipato, frutto dell’incontro e del confronto dei cittadini pugliesi, costruito in sei diversi appuntamenti (uno in ogni provincia) chiamati “sagre del programma”. C’è chi ha fatto ironia sul nome, c’è chi ha deriso queste iniziative, c’è chi le ha guardate con sufficienza. Invece le sagre sono state l’occasione di sperimentare un nuovo modello di partecipazione (il tutto supervisionato da una società terza di Bologna che ha avuto il compito di certificare la trasparenza delle discussioni riportate in contemporanea sul report cartaceo). Io, che ho avuto la possibilità di far parte dello staff e dell’organizzazione di quella leccese, ho visto entusiasmo, passione, competenze, idee, ho visto deputati sedere allo stesso tavolo con giovani studenti e ricercatori (che strana cosa eh? Eppure qualcuno dice che son tutti uguali. Strano!), ho visto discussioni di un livello altissimo, ho visto voglia di fare, ho visto gli occhi di chi ci credeva e ci crede ancora. E con un po’ di “orgoglio”, ho visto partecipare alla sagra leccese anche alcuni tricasini, tra cui il Capogruppo PD Carmine Zocco, l’avv. Nunzio Dell’Abate, l’ass. Sergio Fracasso ed altri amici e compagni del circolo PD di Tricase. Li ho visti mettersi al servizio della comunità, li ho visti discutere e confrontarsi, li ho visti impegnati insieme ad altre 500 persone a “costruire” quelle istanze dal basso che sarebbero andate direttamente nelle mani di Michele Emiliano a fine giornata. Sono orgoglioso del fatto che, fra le pagine del report più lungo, ricco e partecipato di tutta la Puglia, ci sia stato anche il contributo dei Tricasini che, come me, erano li a testimoniare la voglia di lavorare insieme per la Puglia. Poi è venuto il momento della costruzione delle liste dei candidati consiglieri della coalizione del centrosinistra, compito spettante in primis a quelle comunità politiche che ogni giorno vivono il territorio: i partiti. Il Partito Democratico, non senza difficoltà, ha costruito una lista in grado di rappresentare le diverse anime e i diversi territori, ha raccolto le adesioni di militanti e dirigenti che hanno voluto essere in prima linea in difesa dei valori del PD della Provincia di Lecce, ha visto la collaborazione dei circoli di tutta la Provincia nell’individuare le figure da inserire in lista. Certo, le polemiche interne ci son state, le discussioni hanno assunto toni accesi, ma la bellezza del PD risiede proprio in questo, in quel pluralismo che, a volte, ci porta anche all’esasperazione ma che ci permette di vivere il partito con contenuti, con passione, con il confronto necessario. Ecco perché non ci sto a sentire che il PD è “inerme”, che il PD è composto da persone che avevano “il proprio amico del momento, senza nessuna condivisione che non fosse la ricerca di una sveltina da consumare nel piacere del proprio ego”: durante le assemblee del nostro circolo cittadino ho visto ben altro, caro Alfredo. Abbiamo discusso sulle modalità di partecipazione alla campagna elettorale dei nostri iscritti e simpatizzanti. Credo che se tu fossi venuto agli incontri da noi organizzati, avresti visto militanti interrogarsi su quali potessero essere le prospettive di sviluppo del Capo di Leuca, avresti visto un circolo interrogarsi sulla possibilità di partecipare con un nostro volto, con una nostra storia da raccontare, avresti visto militanti assumersi la responsabilità di partecipare a queste elezioni senza un c.d. “candidato locale” perché consci del fatto che la politica significa contributo, significa servizio, non significa necessariamente “contarsi”. E lo abbiamo fatto dimostrando la forza di un circolo vivo, che nell’ultimo anno ha visto aumentare i propri consensi. Certo, in primis per il Partito Democratico e poi per i candidati di altre città: proprio perché, come tu stesso hai ricordato, non ci si candida per rappresentare Patù, Melpignano, Lecce o Tricase. Ci si candida per rappresentare un territorio, una comunità, un’idea che vuole essere protagonista. E questo vuol dire “ordine sparso”? Io vedo un Partito che a Tricase ha “vinto” le elezioni, un circolo che ha saputo dialogare con i cittadini. Ben venga la diversità nell’esprimere la preferenza per questo o per quel candidato: son tutte persone che raccontano esperienze diverse, ma sempre nei confini del Partito Democratico. Questo non vuol dire che non ci siano problematiche da risolvere: il PD, da questo momento, deve essere in grado di costruire una visione politica a lungo termine, capace di dialogare con i cittadini di Tricase e di trasformare le istanze recepite in pratica politico-amministrativa. Hai ragione quando dici che la festa è finita da anni: bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare affinchè si ritorni a ricoprire quel ruolo centrale nel Capo di Leuca che da troppo tempo abbiamo lasciato vacante, mettendoci magari a disposizione delle comunità limitrofe, facendo squadra, senza “snobbare” nessuno. Se saremo in grado di far ciò, torneremo ad essere quel “faro del Capo di Leuca” che oggi è spento, ma che domani deve tornare ad illuminare la strada dello sviluppo sociale e territoriale della nostra comunità.
di Andrea Ciardo
Coordinatore Giovani Democratici Tricase