Egr. direttore, replichiamo al suo articolo ‘Verso le regionali: ultimo atto’ pubblicato su il Volantino n. 21 del 29 maggio 2015, continuando a non capire quali relazioni ci possano essere tra la questione della disoccupazione giovanile -che è un problema complesso e sistemico che coinvolge le politiche a diversi livelli, dal locale all’internazionale- e Liquilab che è impegnata in attività di ricerca antropologica per il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio immateriale con fondi propri e cofinanziamenti minimi, che comunque non potrebbero cambiare i dati ISTAT di disoccupazione a cui si fa riferimento nell’articolo. Ci terremmo a chiarire innanzitutto la differenza tra chi raccoglie volontariamente ricordi, canti, cunti (lavoro da apprezzare) e chi, oltre a farlo per passione, lo fa per professione come un antropologo. Ma che cosa significa antropologia? Significa studiare le culture dei popoli del mondo entrando in punta di piedi nelle comunità oggetto di indagine e studiarle in profondità. Chi fa ricerca antropologica possiede un bagaglio di studi, conoscenze accademiche e scientifiche, conosce autori che nel passato o nel presente hanno svolto o svolgono ricerche antropologiche (citiamo per esempio il contributo di: Malinowski, Mead, Lévi-Strauss, De Martino, Cirese, Carpitella, Bosio, Imbriani, Clemente...), segue un specifico approccio metodologico (citiamo per esempio: il “diario di bordo”, l’osservazione partecipante, le spedizioni etnografiche...). A breve presenteremo una pubblicazione scientifica di Liquilab con la supervisione del prof. Eugenio Imbriani, Docente di Antropologia dell’Università del Salento. Dunque, recuperare la memoria dal punto di vista antropologico non è un’attività improvvisata, ma richiede delle competenze maturate in un percorso accademico e con esperienza sul campo; all’interno dello staff di Liquilab vi sono infatti antropologi, sociologi ma anche psicologi, educatori, formatori... che collaborano a seconda dei progetti. Ricordiamo la scorsa estate il supporto di Liquilab dato a due antropologi dell’Università di Londra in una ricerca su Tricase. Tra l’altro la stessa Liquilab nasce da un problema socio-antropologico del vuoto di memoria che sorge negli anni ’50 fino a giungere ai giorni nostri, problema indagato con la supervisione scientifica del prof. Luigi Za, Docente di Sociologia dell’Università del Salento, nel lontanto 2008. Lei sostiene che i fondi pubblici non servono per attività di ricerca, e allora ci chiediamo: come può crescere una comunità dal punto di vista culturale e di conseguenza anche economico? Liquilab è un osservatorio di studi e ricerche sociali per lo sviluppo della comunità locale, i finanziamenti ottenuti, seppur in una minuscola parte rispetto agli ingenti finanziamenti spesi in altri settori, sono serviti per recuperare un’identità territoriale che ha bisogno costantemente di essere rafforzata. Lo sviluppo territoriale che ci impegniamo a creare non è solo teorico, ma anche pratico (si pensi al recupero dell’antica Fera de San Pietru e Poulu tramite la raccolta di testimonianze che ha portato alla realizzazione della fiera vera e propria che quest’anno si riproporrà per il 28 Giugno con una ricaduta per gli artigiani, gli imprenditori agricoli, i commercianti, il turismo... Recuperare la memoria locale significa anche proporre un’offerta turistica diversificata. Oggi il turista non cerca più solo la storia e l’arte ma vuole portare a casa un’emozione tramite un intimo rapporto con la comunità ospitante; a tal proposito è in atto il progetto di Liquilab che unisce Antropologia, Arte e Ambiente e propone ai viaggiatori degli itinerari che mirano alla narrazione e spettacolarizzazione dei luoghi, partendo proprio dalla ricerca antropologica. Ricordiamo in tal senso anche un Press Tour Internazionale avvenuto lo scorso anno a Tricase, organizzato da Liquilab unitamente a una società di servizi, che ha visto la presenza di una TV americana e un gruppo di giornalisti e blogger per la promozione del nostro territorio. A questo punto possiamo affermare che la cultura non solo contribuisce a veicolare economia al territorio ma è indispensabile per la vita di ciascuno e dell’intera società; concludiamo con il pensiero dell’antropologo Clemente che riportiamo: la cultura ormai non è nulla senza gli individui che la vivono e per i quali essa è un corredo senza il quale non potrebbero esistere.