Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sede di Lecce) ha recentemente annullato due deliberazioni del Comune di Tricase, inerenti la prima l’associazionecon quello di Tiggiano e la seconda il recesso dall’Unione “Talassa – Mare di Leuca”. Più precisamente: (a) una pronuncia, relativa alla causa n.ro 852/2015 REG. RIC, ha disposto l’annullamento della detta associazione; (b), l’altra, inerente la causa n.ro 661/2015 REG. RIC., ha annullato sia l’associazione che il recesso di cui sopra. In entrambe le cause, il Comune di Tricase è stato condannato a rifondere alla controparte le spese legali, quantificate, per ogni causa, in € 1.500 oltre accessori di legge: insomma, incluse le spese di costituzione in giudizio, se ne andranno circa 10.000 euro. Il Tribunale ha giustamente rilevato che le due deliberazioni annullate sono venute in essere in esito ad un procedimento caratterizzato da grossolane irregolarità. Ebbene, già in un mio precedente scritto, apparso sul n.ro 17/2014 di questo ebdomadario (e mi scuso per l’autocitazione, il cui scopo è di non tediare chi legge facendo il pasticcio al forno con i rigatoni del giorno prima …), espressi la mia preoccupazione a fronte della pretermissione, da parte del Comune di Tricase, di norme di legge, ma evidentemente quella voce è stata clamans in deserto. Sinceramente, non vedo nessun’altra spiegazione a quest’atteggiamento, reiterato nel tempo, che non sia riconducibile ad una combinazione dei seguenti fatti: (a) nessuno, all’interno dell’amministrazione comunale, si prende la briga di verificare quali siano le corrette procedure, forse perché non ritiene importante aderirvi; (b) qualcuno degli amministratori/burocrati comunali, forse anche per un po’ di arroganza, “rischia” consapevolmente, forse ritenendo che la corretta applicazione delle regole sarebbe troppo dispendiosa e complicata; (c) a qualche stadio della macchina amministrativa (o forse addirittura della decisione politica che dovrebbe esserne il presupposto) vi sono delle resistenze ad assumere numerose decisioni, le quali si traducono in una noncuranza, in un debole impegno nell’istruzione delle relative pratiche, con l’effetto (e dico effetto e non intento in assenza del possesso, da parte mia, di elementi che facciano propendere per quest’ultimo) di fornire a chi voglia “metterci la faccia” tutta una serie di argomenti utili alla fondatezza di un eventuale ricorso giurisdizionale. Ma comunque, quale che sia la ragione di tale pretermissione, quel che appare chiaro è che l’amministrazione comunale è “debole”, se non altro a livello dei controlli interni propedeutici all’emanazione delle decisioni: ciò è foriero di danno erariale, sia in termini di spese che avrebbero potuto essere evitate che di mancata efficacia della mano comunale che infine di immagine dell’Ente Comune: e di ciò, in uno stato di diritto, i responsabili, previamente e debitamente individuati, dovrebbero essere chiamati a dar conto. A ciò si aggiunga il fatto che, per effetto delle due sentenze prefate, il Comune di Tricase continuerà a sopportare spese inerenti l’Unione Talassa – Mare di Leuca, in massima parte compensi a funzionari comunali addizionali rispetto allo stipendio erogato in relazione al rapporto di lavoro con il Comune; e peraltro verrebbe da dire, visto lo stato di catalessi dell’Unione, che il danno si aggiunge alla beffa … di mantenere in vita un ente inutile. Rimango comunque un po’ perplesso a fronte, per così dire, della pesantezza con cui il giudice ha calato la sua scure, ed anche di alcune argomentazioni e statuizioni, quantunque implicite ovvero incidentali, di quest’ultimo. In relazione ad entrambe le cause prefate, il giudice non ha per nulla analizzato le implicazioni, in termini di improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse da parte degli attori ovvero cessata materia del contendere, dei fatti che, come allegato dalla difesa del Comune di Tricase: (a) il Comune di Tiggiano aveva espresso la sua volontà di recedere dalla convenzione di associazione della quale si chiedeva l’annullamento; (b) di tale intendimento, il Comune di Tricase aveva preso atto con delibera consiliare, pacificamente qualificantesi quale actus contrarius a quello impugnato, il quale ultimo quindi, a partire dal momento della presa d’atto, era da ritenersi quale revocato ovvero abrogato. Per quanto concerne la causa n.ro 852/2015 REG. RIC, il Tribunale non ha dato alcuna ragione del fatto di aver, peraltro implicitamente, ritenuto sussistente, in capo al ricorrente, la legittimazione ad agire: ed in effetti in nessuna parte della relativa sentenza si discetta in proposito, all’infuori della menzione del fatto che l’attore, adducendo che la deliberazione impugnata espressamente lo indica quale persona coinvolta nell’esercizio associato delle funzioni, rileva di far valere un interesse qualificato di natura oppositiva. Ebbene, un soggetto di diritto privato (ed ovviamente il dipendente comunale che ha impugnato la delibera di associazione ha agito ovviamente more privatorum) può legittimamente impugnare un atto amministrativo se e solo se esso gli reca un pregiudizio di diritto (e non certo un mero pregiudizio di fatto, quale per esempio quello di doversi in futuro recare, per prestare servizio, in un edificio differente dall’attuale), vale a dire una lesione della sua sfera giuridica, che sia reale (cioè non ipotetica), diretta ed immediata: e questa triplice condizione non si verifica, evidentemente, nel caso di specie. In riferimento al ricorso n.ro 661/2015 REG. GEN., il Tribunale, oggettivamente statuendo ultra petita, ha giustificato l’analisi del recesso dall’associazione, non espressamente contestato (si auspica, nell’aderenza all’obbligo di agire responsabilmente che grava sui pubblici eletti) dai ricorrenti, sulla base dell’opinione che la deliberazione di recesso fosse consequenziale (che non significa ovviamente solo posteriore) a quella di associazione: ma non mi sembra proprio che sia così, non foss’altro perché è evidente che non vi era alcun impedimento, né in diritto né in fatto, a che la convenzione con il Comune di Tiggiano venisse in essere nella vigenza dell’associazione con quello di Castrignano del Capo. Inoltre, il ragionamento sottostante la statuizione d’illegittimità della delibera di recesso non mi sembra, a voler usare un eufemismo, molto lineare: tra l’affermazione, peraltro opinabile, che il recesso doveva avvenire con il consenso di entrambi i Comuni partecipanti, ed il fatto che ai ricorrenti non sarebbe stata data la possibilità di verificare, previamente alla discussione sulla delibera di recesso, che il Comune di Castrignano del Capo avesse acconsentito all’abrogazione dell’associazione, vi è un notevole, e dirimente, salto logico. Ed ancora, la clausola, contenuta nello Statuto dell’associazione, che impone il consenso di tutti i partecipanti all’Unione allo scioglimento della stessa avrebbe dovuto essere semplicemente ritenuta quale “tamquam non esset” dal giudice in quanto irragionevole e vessatoria: ed invece quest’ultimo l’ha posta alla base del suo argomentare dell’illegittimità della delibera impugnata. Sempre riguardo al ricorso n.ro 661/2015 REG. RIC., infine, il giudice ha rilevato che, a norma di legge, le associazioni tra Comuni sono costituite nel momento in cui la Regione cui afferiscono i medesimi approva le proposte in tal senso pervenute dai Comuni, ma ha poi inspiegabilmente omesso di analizzare se la deliberazione impugnata non fosse, oggettivamente vale a dire a prescindere dalla volontà del Comune di Tricase, una mera proposta, quindi un atto endoprocedimentale, e come tale impugnabile non singolarmente ma solo insieme con l’atto conclusivo del procedimento di costituzione dell’associazione.Va da sé che, se i ricorsi suddetti fossero stati dichiarati irricevibili ovvero improcedibili (dichiarazioni che, in presenza dei relativi presupposti, sarebbero state obbligatorie per il giudice, a prescindere dalla circostanza, ignota, se la difesa comunale abbia sollevato o meno le relative questioni, e sempre restando fermo il fatto che ciò rileva ai fini della disamina se il Comune di Tricase sia stato ben difeso …), con tutta probabilità l’amministrazione comunale di Tricase non sarebbe stata condannata a rifondere ai ricorrenti le spese di causa: e ciò vale anche nel caso in cui tali statuizioni siano contenute in una sentenza d’appello. Per quanto concerne poi il ricorso n.ro 852/2015, un’auspicabile sentenza d’appello che lo dichiarasse irricevibile casserebbe un precedente pericoloso , che costituisce un indebito laccio ed un vulnus all’autonomia organizzativa del Comune di Tricase: infatti un dipendente di questo, ritenendo di averne diritto, non mancherà probabilmente di impugnare decisioni di associazione con altri Comuni che potrebbero venire in essere nel futuro e che lo vedono quale persona potenzialmente coinvolta, di fatto, nei relativi cambiamenti organizzativi.In conclusione, si dovrebbe incominciare a riflettere seriamente, in un ottica di risoluzione del problema, sulle ragioni delle oggettive inefficienze della macchina comunale.Inoltre, nell’immediato, il Comune di Tricase dovrebbe anche considerare l’opportunità di appellarsi contro le due sentenze predette, chiedendone quantomeno la riforma nel senso: (a) della dichiarazione di irricevibilità, ovvero in subordine dell’improcedibilità, del ricorso n.ro 661/2015 e di quello n.ro 852/2015; (b) della cassazione dell’annullamento del recesso summenzionato. Spero che la decisione in tal senso sia presa tenendo conto della necessità di fare tutto il possibile per limitare il danno erariale già prodottosi, e che nulla importi in questo contesto la recente “fusione per incorporazione” tra maggioranza ed opposizione, insomma che non prevalgano in tale ambito considerazioni estranee agli interessi dei tricasini. Finora si è rivelato tristemente vero un proverbio angolano, che quando lottano due elefanti (anche baby …) a soffrire è soprattutto l’erba che è calpestata; che almeno ci siano risparmiati dei patimenti ulteriori quando fanno la pace …

 

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