di Giuseppe R. PANICO

“Piove governo ladro”. È un detto che abbiamo spesso sentito, quasi uno sfogo contro le istituzioni quando da un lato non riescono ad evitarci un evento indesiderato e dall’ altro sono spesso rappresentate da funzionari e dirigenti che non si accontentano del solo stipendio. “La proprietà è un furto” si diceva un tempo in politica, come accusa contro chi, ricco o benestante, veniva considerato non un capace professionista, imprenditore o erede fortunato, ma un proprietario di beni ottenuti furbescamente o illecitamente a spese della comunità.

Si è così sviluppata una “cultura” del furto, (come anche di evasione e corruzione) oltre che come reato da perseguire a prioritaria difesa del vivere civile e del bene pubblico e privato, anche come “peccato veniale” o perdonabile leggerezza. Reato spesso focalizzato nell’età giovanile, causa carente formazione civica nell’ambito scolastico-familiare, aggravata dalla sospensione del servizio di leva (2005) e, dunque. di quella formazione aggiuntiva sviluppata nel vivere, in comunità e con responsabilità, i doveri verso un fine superiore, collettivo e costituzionale.

Fra l’altro, “correggendone il liberismo anarchico e socialista”, scriveva, nel suo libro “Naja” il giornalista Domenico Quirico. Oggi i cittadini senza naja alle spalle sono ormai i genitori di tanti minori e i responsabili di tante pubbliche attività.  Incide anche il crescente livello di povertà, a fronte di un continuo stimolo consumistico verso beni, consumi e comportamenti, anche illegali e pericolosi, basato sul denaro e ingigantito dai social.

Se in altri luoghi o altri tempi al ladro si mozzava la mano, da noi al ladro, ove preso, la mano nemmeno la si bacchetta ma troppo spesso la si dà; quasi un invito, più che a redimersi, a…perseverare. Non certamente da parte di chi ha subito furti di auto, moto, bici, denaro e preziosi in casa, scippi per strada e su mezzi pubblici, rapine etc. Ancor più se con minaccia, violenza, scasso e danni a persone e proprietà.

Da tempo si è arrivati anche al furto di case e/o loro occupazione in assenza dei proprietari. Un reato quasi incredibile che, più di altri, dimostra la debolezza delle nostre istituzioni nel riconoscere e proteggere la “sacralità” della proprietà privata. Istituzioni che, peraltro, si avvalgono di un organico delle Forze dell’Ordine, in rapporto al numero di abitanti, fra i più elevati del mondo occidentale, ma frammentato in tante Polizie con differente status giuridico. Al recente proliferare di furti a Tricase, come anche in tanti altri comuni, vanno aggiunti nel Salento, con fini intimidatori, i continui incendi di auto. Come anche le frequenti infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali e, in questi giorni, il preoccupante fenomeno di tanti pubblici dirigenti della regione Puglia indagati per corruzione.

Il furto sembra ormai diventato un’“arte” dalle molteplici forme e, quando l’occasione manca, la si crea o la si va a cercare. Chi forzando porte di casa, scippando per strada e assaltando negozi e chi, stando in poltrona, coltiva e amministra danarose attività e insane relazioni con il potere. In particolare, nei lavori pubblici, resi spesso obesi nei costi e nei ritardi ma smagriti in progettualità e qualità. Ma c è qualcosa di nuovo e più preoccupante che circola, ormai da tempo per paesi e città.

Sono bande e gruppetti giovanili che si spostano anche da una città all’altra, si servono di piazzisti locali, cercano soprattutto denari o oggetti di alto valore e, non manifestando alcuna empatia per le vittime, non esitano ad agire con violenza, spesso sotto l’effetto di alcool e droga. Compreso il furto dell’altrui intimità femminile o stupro, derivante anche dall’importazione di altre culture con ben diverso rapporto con l’universo femminile.

La criminalità minorile e/o di giovani adulti, acquista, nei loro ambienti, anche “valore” aggiunto, grazie alla elevata probabilità di farla franca e alla scarsa punibilità giudiziaria, sovente demotivante per le stesse forze dell’ordine nella loro “caccia al ladro” che, ove preso, viene ben presto rimesso in libertà. Situazione che costituisce anche una forte attrattiva per tanti giovani immigrati che, per indole, circostanze formative o da sbandati finiscono nelle reti della criminalità o vagolano nelle nostre città, vivendo di espedienti, furti e reati minori.

Il recente rapporto sull’andamento della criminalità minorile, del Servizio Analisi della Polizia Criminale, evidenzia che, nel 2022, il 39,4 dei reati è dovuto a rapina, furto ed estorsione che gli autori sono stati in gran parte stranieri (749 casi su 405 italiani), che gli ingressi in carcere di minori stranieri sono pari al 51,3% del totale e che i reati di stupro sono, per il 77,14%,  opera di stranieri.

Cifre notevoli che indicano anche l’elevato costo sociale che l’accoglienza, pur nei suoi lati positivi, comporta. Sovente nella illusione, (o ipocrisia), di una integrazione rapida e massiva (spesso invece decisamente rifiutata) al nostro vivere civile e non attraverso successive generazioni.

Ne deriva l’amara considerazione che, in Italia la popolazione straniera, pari a circa il 9%, esprime già una criminalità minorile superiore a quella del resto della popolazione italiana (91%). Con le due guerre in atto e contrapposizione religioso-culturale Occidente-Oriente/Islam, emigrazione e terrorismo spesso si fondono. Causa anche un’Europa considerata a volte debole nel suo agire geopolitico, decadente nei suoi valori, incerta nella sua autodifesa, afflitta da storici sensi di colpa e tollerante nel fondamentalismo religioso che alimenta tanti gruppi ostili all’Occidente. E che non esitano a rapinarci in un attimo e con inaudita violenza, come la storia recente insegna, anche di quel bene supremo che è la vita.   

in Distribuzione