di Giuseppe R.PANICO
Conoscere la storia aiuta sovente a comprendere il presente e ad orientarsi per il futuro. Soprattutto nei grandi temi, quali identità di popoli e nazioni. Purtroppo, succede spesso che, quando questa è debole, lo sono anche le istituzioni chiamate a difenderla. Prevalgono nuovi idealismi e convenienze, utopie, incultura, propaganda politica e mistificazioni della stessa storia.
Ci si allontana così dalla concretezza e dalla realpolitik degli interessi nazionali, col rischio di ritrovarsi, senza aver la forza di tornare indietro e addossando la colpa agli altri, sull’orlo di un baratro scavato da sé stessi.
Il fortissimo aumento della immigrazione clandestina dall’Africa è diventato, dopo i recenti sbarchi a Lampedusa, il grande problema nazionale e riguarda noi tutti. Purtroppo, lo è da decenni, senza che i provvedimenti succedutosi nel tempo, siano riusciti a risolverlo o sostanzialmente limitarlo. Centinaia di migliaia di persone sono già sbarcate e moltissime altre sulle coste africane, sono pronte a imbarcarsi.
Persone, in gran parte, non provenienti da zone di guerra e dunque senza diritti di sorta internazionalmente riconosciuti, ma migranti economici e clandestini. Una migrazione purtroppo facilitata da una criminalità fatta di scafisti in mare, sfruttatori nei territori di partenza, governi stranieri che favoriscono tali flussi e opportunisti italiani che troppo lucrano fra buonismo di facciata e affarismo di sostanza.
Già in passato la criminalità nazionale notava che con il traffico di migranti si guadagna ben più che con il traffico di droga. E di droga ne passa tanta, anche nel nostro Canale d’Otranto, diretta al consumo di tanti nostri ragazzi. Una situazione migratoria, anche europea che, di recente, ha favorito la decisione dell’Inghilterra ad uscire dalla Comunità Europea, vista da alcuni come futura “Eurabia”, per la crescente migrazione di matrice islamica.
Favorita, anche questa, oltre che da perduranti conflitti, da governi retti da teocrazie e dittature, aventi anche lo scopo di un graduale, pur incruento, espansionismo culturale, religioso e demografico. Una pressione geopolitica che ci ricorda gli eventi dei secoli passati (battaglia navale di Lepanto, assedio di Vienna, occupazione di Otranto, emirati di Bari e Taranto, nostre torri costiere etc.).
Pressione facilitata verso l’Italia dai facili arrivi via mare, dalla nostra debole politica estera, dalla forte litigiosità politica e dal rifiuto di altri paesi europei ad accogliere parte di tali migranti. La storia insegna che le migrazioni sono sempre state, oltre che una necessità/opportunità economica, anche un’arma strategica per espandere, in seno ad altre comunità, il proprio potere politico, culturale e religioso.
In aggiunta la bassissima natalità italiana, la nostra età media di 46,8 anni a fronte dei 18.6 degli africani e con fortissima loro natalità e sovrappopolazione, il massivo e incontrollato arrivo di giovani maschi e minori non accompagnati, la loro etnia diversa, (ma paritetica a quella europea), e la loro differente impronta etica, formativa e sociale sono fattori non sempre ben accetti e che non facilitano, ove ricercata e ben organizzata, una più rapida integrazione.
Intanto i paesi con noi confinanti, per contenere i flussi di quanti sbarcati in Italia e poi liberi di circolare, non esitano a schierare anche i militari lungo il nostro confine (Francia). Diverse nostre regioni si oppongono poi vivamente ad istituire nuovi CPR (Centri di Permanenza e Rimpatri) sul loro territorio e distribuire così tali migranti sul territorio nazionale. Inoltre, i paesi di provenienza sono restii, se non previ forti aiuti e/o pagamenti, sia a fermare l’immigrazione clandestina sia riprendersi i propri cittadini rimpatriati.
Una situazione migratoria, la nostra, che in molte città ha già favorito il degrado di interi quartieri e motivo di allarme anche da parte religiosa. “Non c’è invasione” dice il Papa, quasi sottacendo che, se la situazione non è ritenuta ancora troppo grave, è ormai decisamente seria. “O l’anima cristiana si risveglierà o l’Europa sarà islamica” diceva, già un decennio anni fa, il compianto cardinale Giacomo Biffi. I riflessi su criminalità e ordine pubblico si fanno già da tempo sentire e nelle nostre carceri, su circa 54.000 detenuti, già oltre un terzo sono stranieri.
Abbiamo avuto anche noi una fortissima immigrazione verso il resto del mondo, favorita dai governi del tempo. Si emigrava comunque previ accordi fra governi, nell’ambito di una similare impronta culturale europea e filtri e controlli (come ad Ellis Island - New York). Della nostra passata immigrazione in uscita, ne parla esaurientemente il libro “Il Grande Esodo” di Ludovico Incisa di Camerana.
Per quella in entrata, in una Italia protesa verso un l’Africa in gran parte ostile all’Occidente democratico, controllata dai totalitarismi di Russa, Cina e Turchia e governata da bande e clan più che da governi. non resta che farsi carico dei più immediati aspetti umanitari, ma curando, come fanno gli altri, decisamente meglio e con urgenza gli interessi nazionali e geopolitici. Per non ritrovarci in futuro, se non in una Eurabia o Eurafrica, in un Bel Paese chiamato “Afritalia”.