di Alessandro DISTANTE
C’è poi una immigrazione che guarda al Salento e, più in generale, all’Europa come alla Terra promessa. Se il Capitano nel film di Matteo Garrone porta in salvo in Italia più di duecento africani, c’è un altro Capitano, di nome anch’egli Matteo, che invoca blocchi navali, non esitando a sostenere l’intervento della Marina militare.
Quale è il nostro Capitano?
Intanto, mentre scrivo questo pezzo, alcune imbarcazioni sono state avvistate al largo del porto di Tricase e la Caritas locale, guidata da don Lucio, si mobilita per rendere più accogliente lo sbarco.
Prova evidente che le mie non sono dissertazioni di fine estate, lontane dalla realtà paesana come confermato dalla presenza, in questo numero del Giornale, di opinioni diverse ed alcune anche opposte a quelle qui sostenute. Ed a conferma della centralità della questione, la notizia che in questi giorni si tiene, proprio qui a Tricase Porto, un convegno per la istituzione dell’Oasi protetta da Leuca fino a Santa Cesarea Terme; una iniziativa per difendere il mare, i suoi fondali e al contempo rivitalizzare la pesca ed un turismo di un certo tipo, amante della natura anche sottomarina. Da quest’anno, poi, una Legge regionale pugliese vieta la pesca dei ricci di mare, patrimonio pur esso da difendere dalla ingordigia umana.
Ed allora mi chiedo: è mai possibile parlare di interventi di difesa dei fondali e non parlare di quello che sempre di più si trova nei fondali? Il Mediterraneo è divenuto –per dirla con Papa Francesco- un cimitero, al cui fondo vi sono i cadaveri di chi –anche bambini- non è riuscito a raggiungere la Terra sognata.
Ed allora Tricase, amena cittadina che si affaccia sul Mediterraneo, nel parlare di immigrazione e nel fare accoglienza, non può fare distinzioni tra chi sceglie il Salento come suo buen retiro e chi cerca il Salento per vivere appieno la propria vita oppure per raggiungere altre terre d’Europa.
La “fecondazione” della quale scrivevo nel precedente numero è qualcosa di più dell’accoglienza e dell’integrazione; è una sfida che vale per chi viene in Salento e può dare e di chi viene in Salento per ricevere.
La soluzione non può essere la chiusura, vana se perseguita con irrealizzabili blocchi navali o rimpatri sempre difficili da attuare, ma la rimozione delle cause che portano alle migrazioni. Le colpe dell’Occidente colonizzatore e sfruttatore esigono interventi riparatori.
Occorre rimuovere le condizioni che portano alla clandestinità, a partire da quella legislazione che il presidente Mattarella ha definito superata e della preistoria.
Ben vengano iniziative a protezione dei nostri centri storici, dei nostri mari, delle nostre campagne, ma non è possibile chiudere gli occhi su ciò che c’è sotto i nostri mari o nelle nostre terre dirimpettaie o, in clandestinità, nei nostri paesi; riscoprire quindi la nostra terra e la nostra cultura che, in quanto cristiana, non può che essere una cultura della accoglienza.