Intervista esclusiva al nuovo Parroco di Tricase

di Alfredo SANAPO

Le Sacre Scritture sono la bussola che orienta il vivere cristiano. Il compito di un prete non è solo nutrire la fede fornendo ai credenti una palestra per esercitarla ogni giorno, ma anche condurli in maniera coesa verso un cammino che crei una comunità improntata alla ricerca del bene comune attraverso la carità. Quando cambia il parroco, al di là dei metodi del singolo, il passaggio di testimone deve avvenire nel segno della continuità e nel modo più indolore possibile per i fedeli. Perciò, da parte del sacerdote, è necessaria un'elevata capacità di dialogo con i suoi pari grado, i collaboratori laici e i soggetti istituzionali. A maggior ragione, questo vale per una realtà complessa come Tricase che, escluse marine e frazioni, conta ben 5 parrocchie: il nuovo incaricato per la conduzione della Chiesa Madre avrà, come il predecessore, il dovere morale di coordinare le altre parrocchie. 
Fede e dialogo, due doti essenziali che il nuovo curato, Don Gianluigi Marzo, classe '79, di Ruggiano, fresco di un'esperienza pastorale in una comunità interparrocchiale montana el cuneese, ci sembra possedere. Ciò sia in virtù della storia familiare ricca di fede, sia delle modalità dell'intervista che gentilmente ci ha concesso. Non usa whatsapp o facebook perché ci tiene alla parola intesa nella meno sacra, ma non meno  nobile, accezione "fonica". A voce e in maniera cordiale, è avvenuto il nostro colloquio che di seguito riportiamo.
Don Gianluigi Marzo 
D. Come è nata la sua vocazione e perché questa scelta? Quanto ha influito la storia della sua famiglia che, tra l'altro, annovera l'attuale vicario generale della Diocesi Ugento-S.M. di Leuca, Mons. Beniamino Nuzzo, e due suore Marcelline?
R. Sono cresciuto a Ruggiano e rimasto affascinato dal parroco di allora Don Francesco Coletta, una figura che univa i valori cristiani non solo a parole ma anche nelle azioni. Poi, sono andato in seminario a 10 anni compiuti, prima a Ugento e poi a Lecce. È chiaro che la vocazione cresce, si forma e si struttura nel seminario con i ripensamenti, con gli alti e i bassi. La mia famiglia è stato un terreno fertile, sebbene, in realtà, i miei genitori non fossero contenti di una scelta forte in età così precoce. Le figure che ha citato non hanno mai interferito. Zio Beniamino, anche se sacerdote, ma impegnato e lontano, non è stata la figura di riferimento principale. Dal canto loro, le zie suore hanno pregato sempre per me, ma senza esercitare condizionamenti.
D. La parrocchia Natività B.V.M. di Tricase ha una lunga tradizione e ha avuto delle guide autorevoli come quella di Don Tonino Bello, figura chiave della spiritualità pugliese. Con questa eredità, lei come si confronta per svolgere la sua futura azione pastorale?
R. Don Tonino Bello è una figura che ho approfondito per via del mio trascorso dopo il liceo a Molfetta. In quegli ambienti è inevitabile imbattersi in questo sant'uomo e grande pensatore. Nonostante la statura intellettuale e spirituale del personaggio, la difficoltà maggiore di confronto non risiede tanto nello spiegare il suo pensiero, quanto nel modo di vivere il sacerdozio: cioè, improntare la missione pastorale nel condurre i fedeli a Dio nella maniera più aderente possibile alla testimonianza di lui dataci da Gesù Cristo. Don Tonino ha cercato di fare questo mediante l'amore verso gli indigenti, gli ammalati, gli umili, i dimenticati.
D. I giovani sono il cuore pulsante di una comunità. Oggi più che mai la Chiesa deve confrontarsi con le loro problematiche che al Sud sono sicuramente più accentuate. Qual è il suo progetto in merito, visto che lei ha avuto esperienze anche al Nord in Piemonte?
R. In base all'esperienza in atto nell'Arcidiocesi di Torino, posso affermare che le problematiche sono le stesse in tutti i luoghi. Forse nel Sud sono più accentuate quelle legate al lavoro, ma questo non è del tutto esatto perché anche qui tanti giovani partono all'estero per trovare occupazione. Non si possono additare i giovani del fatto di non avere più valori, perché tutti, anche noi educatori, abbiamo fatto il nostro cammino e commesso errori. Il nostro compito semmai è essere punto di riferimento, conquistando autorevolezza su di loro con la forza dell'esempio. Noi preti siamo i primi a doverlo fare, ad aiutarli a cercare la via del Bene imitando l'opera di Gesù. Dal punto di vista operativo, partirò dal buon lavoro fatto da Don Flavio soprattutto con i GREST: il resto sarà programmato e realizzato insieme ai gruppi parrocchiali che li riguardano, non appena inizierà il mio nuovo ministero.
 
Le domande che avremmo voluto porre erano molte di più e le risposte erano ben articolate, ma lo spazio fisico del periodico ha limitato la nostra tentazione giornalistica di fronte a un interlocutore così attento e circostanziato. Abbiamo, dunque, concentrato i quesiti utili al lettore per intuire l'indirizzo apostolico che intende svolgere Don Gianluigi. Una pagina di fede tutta da scrivere insieme alla comunità.

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