di Alessandro DISTANTE
Tra sagre, feste, concerti, incontri letterari, mostre, cinema all’aperto, danze e pizziche, è obiettivamente difficile fare una sintesi dell’Estate tricasina.
La valanga di manifestazioni, a rischio di ubriacatura, occupa tutte le serate senza alcuna sosta ed anzi spesso con più appuntamenti che si accavallano. Insomma se uno si vuole divertire non ha che l’imbarazzo della scelta!
Eppure è accaduto che questa travolgente cascata di occasioni di festa e di divertimento ha avuto, a Tricase, una battuta d’arresto: la Sagra “Riti e sapori intorno al Menhir” di Tutino, organizzata ogni anno dall’associazione “La Culonna”. Dapprima rinviata a motivo della violenta pioggia e poi definitivamente annullata in conseguenza della morte di una giovane donna del Rione. E’ questa la “non sagra”, la “non festa” che merita indubbiamente il titolo e gli onori della prima pagina.
La “non sagra”, la “non festa” ha fermato, per una sera, la macchina della spensieratezza ed ha creato un vuoto che si è riempito di riflessioni su un valore forte; non quello della morte -che non è certo un valore- ma su quello dell’essere comunità.
La Sagra di un rione (Tutino: toti un unum) è stata annullata perché la comunità si è scoperta e sentita tale; ed in una vera comunità ogni componente è essenziale e se ne viene a mancare uno non si può far finta di niente, in nome di quell’imperativo edonistico ed egoistico in forza del quale lo spettacolo deve comunque continuare. No, a Tutino ha vinto un’altra logica: lo spettacolo può attendere!
La forte decisione degli organizzatori della Sagra (o meglio della “non sagra”) è frutto, oltre che di coraggio, di una delle ragioni profonde che fa dire ai turisti: “In Salento si vive bene!”
Il “si vive bene” non è solo questione di bellezze paesaggistiche o del clima (ancora) piacevole, ma è anche il percepire un tessuto umano che ha quel gusto dello spessore di comunità e che si nutre di quella rete di vicinanze e di solidarietà, dove una festa è la festa di tutti e dove il dolore è, pur esso, il dolore di tutti.
Occorre essere consapevoli che parlare di sviluppo turistico non può prescindere da quel patrimonio immateriale che è la nostra cultura; è perciò importante conservare o riscoprire quel tratto caldo e gentile capace di rompere le vuote formalità e, nel rispetto della riservatezza, pronto a compiere gesti di apertura.
Il contrario di un fenomeno denunciato quest’estate che dipinge il Salento come una terra che non si apre all’ospitalità ma che approfitta, con prezzi alle stelle, di chi viene da fuori.
Ed allora: onore e merito alla Sagra di Tutino che ha messo in mostra non prodotti della gastronomia ma, non nascondendo la morte, ha messo in mostra il valore di una comunità solidale.
P.S. Oltre alla Sagra di Tutino altre iniziative nel Salento sono state rinviate per gli stessi motivi, come a Poggiardo ed Alessano, a conferma che il Salento non è solo lu sule, lu mare e lu ientu