di Giuseppe R. PANICO
Miti, illusioni, falsità, speranze, servono spesso a lenire difficoltà e dolori, come anche a negare o sottacere quanto la scienza e la storia evidenziano.
Se le occasionali pandemie ci portano via salute e vita, avremo sempre chi nega la bontà dei vaccini. Se la terra è così evidentemente tonda, avremo sempre dei terrapiattisti. Se il pianeta è da sempre scosso da terremoti e annacquato da tsunami e alluvioni, sin dai tempi di Noè, avremo sempre chi scarica le colpe soprattutto sulla civiltà occidentale, restia a limitare progresso e consumi.
Se poi l’umanità è da sempre in preda a violenze e ostilità, saranno sempre in tantissimi a cercare di rimuovere la guerra, parlando di pace. Ma spesso accampandone la sola parola, colpevolizzando l’aggredito e incentivando la sua resa all’ aggressore. Guerre che, chiamate anche “operazioni militari speciali”, hanno pure perso la “signorilità” di un tempo, quando venivano dichiarate convocando gli ambasciatori. Guerre spesso delegate a bande ben armate e mercenarie che, ancor più prive di moralità e umanità, condizionano poi il governo che le foraggia.
Di guerre in casa altrui e sempre più vicine a casa nostra, si è parlato di recente in città. Prima nella sala del trono, (24/6) ove il generale in pensione dei Carabinieri Carmelo Burgio, nel presentare, anche grazie all’ efficacia espositiva e culturale del moderatore, il Prof. Hervè Antonio Cavallera, il suo pregevole libro “I Carabinieri in Afghanistan”, illustrava il ben difficile e multinazionale contesto di quella sua esperienza di comando. Quanto espresso e le domande che ne seguivano, consentivano ai presenti di avere una più chiara visione della pregevole attività svolta dai Carabinieri in tale ben difficile e rischioso contesto.
Sotto aspetti più giornalistici, l’argomento pace-guerra veniva poi diffusamente affrontato nella serata del Premio Giornalistico organizzato dal “nostro” Volantino. Grazie soprattutto ai pregevoli e incisivi interventi, efficacemente moderati dal direttore, Avv. Alessandro Distante, di due ben noti giornalisti, Marco Tarquinio e Lucia Goracci. La qualità delle loro argomentazioni, anche verso le domande pervenute dal vasto pubblico, l’eleganza della cornice storico-architettonica di piazza S. Angelo e poi l’evento sociale presso il ristorante “Donna Maria”, hanno portato al pieno successo di tale iniziativa, giunta ormai alla tredicesima edizione.
Un successo che, grazie anche a chi ha inteso supportare economicamente il Volantino, ha dato notorietà e pregio a Tricase tutta. Si è inoltre parlato della carente libertà di stampa sia in Italia che in zone di guerra, e alcuni anziani presenti non potevano non ricordare anche i libri, gli articoli, gli interventi, su similari argomenti, di due grandi giornalisti del nostro recente passato. Anche loro un uomo e una donna: Indro Montanelli e Oriana Fallaci. Considerati troppo liberi, troppo bravi, troppo credibili ed efficaci, per non essere ostacolati e finanche colpiti.
Pace, guerra, aspetti umanitari e migrazioni sono stati gli argomenti dominanti, in particolar modo per l’Ucraina e per la poco incisiva azione dell’Europa nel cercare, almeno, d “sospendere” la guerra. È mancato forse il tempo per evidenziare che la nostra Europa, in quanto ancora priva di una propria Politica Estera e proprie Forze Armate, è meno efficace e credibile nell’attuale contesto geopolitico.
Il tempo è mancato anche per valutare le conseguenze sociali e culturali che, con l’emigrazione, si vanno malamente sovrapponendo in tanti quartieri delle nostre maggiori città. Come anche per approfondire il concetto di pace, quale intervallo temporale fra una guerra e la successiva.
Una pace che protraendosi per noi da ben tre generazioni, ha portato allo svanire della memoria storico-familiare che aveva caratterizzato le precedenti generazioni e quasi alla “rimozione culturale” delle tristi vicende belliche e post-belliche della 2°G.M. Ambedue tali eventi ci hanno aiutato, a conoscere meglio e a riflettere su una umanità che vive e soffre, appena fuori dalla nostra porta, sovente chiusa alla conoscenza dei fatti e spesso spalancata ad utopie, illusioni ed accattivanti eloqui. Poche settimane fa, un grande protagonista della geopolitica mondiale, Henry Kissinger, ora centenario, diceva: “Siamo nella classica situazione ante prima guerra mondiale, in cui nessuno ha molto margine per concessioni e ogni disturbo dell’equilibrio condurrà a conseguenze catastrofiche”. Catastrofi che possono colpire le nostre giovani generazioni, del tutto assenti ad ambedue i suddetti eventi.
In fondo insegnare loro, anche a scuola, l’antico e collaudato “si vis pace para bellum”, pare non sia di moda. Il “para bellum” costa soldi, fatica, cultura e politica avanzata, mentre per il “vis pace” basta spesso uno striscione e una passeggiata. Per poi, come sovente nella nostra storia, assecondare il nemico per farcelo subito amico e padrone.