di Alessandro DISTANTE
Alcuni numeri fa, scrivevo: “Sembra proprio che la politica parli un linguaggio diverso da quello della Città e questo scollamento rischia di tradursi nell’ulteriore allontanamento dei cittadini dalla <<cosa pubblica>> con forti rischi di tenuta democratica del sistema”.
Mi chiedevo di chi fossero le colpe ed escludevo, con forza, che si potesse dare una risposta semplicistica ad una questione complessa che riguarda non solo Tricase ma l’intero sistema istituzionale italiano e di tante democrazie.
Intanto la crisi continua e, almeno al momento, non se ne vedono gli esiti. Quel che è certo è che una crisi politico-amministrativa che si protrae da tempo non ha portato ad una esternazione delle ragioni della crisi e ad un confronto con la Città da parte di chi amministra.
Se amministrare una Città non è solo asfaltare le strade, sfalciare l’erba, sistemare un basolato; se amministrare una Città è dare un volto o addirittura un’anima ad una comunità, allora questo silenzio non fa che incidere e determinare una crisi più profonda: la crisi della comunità.
Superata la famiglia patriarcale dove il potere era in capo al pater familias, si è giunti ad una famiglia democratica dove, innanzitutto, il dialogo ed il confronto (ed anche lo scontro) costituiscono il metodo per focalizzare le problematiche e per superarle; allo stesso modo dovrebbe essere per una famiglia allargata quale deve aspirare ad essere una cittadina che punta ad essere a dimensione umana. Tanto più che in una Città il metodo democratico è alla base della legittimazione di chi viene designato per guidare la famiglia-comunità cittadina.
Ed allora: se siamo chiamati a dare un senso all’amministrare e se il senso non può essere quello di sistemare strade e tappare buche perché per questo ci sono gli Uffici a ciò preposti, non è giusto pretendere che l’azzeramento per dimissioni di tutti gli Assessori meriti una messa in comune delle cause e delle soluzioni?
Un’Amministrazione –come si diceva- è chiamata a dare un’anima, oppure, se preferite, un volto alla comunità. In una comunità fatta di persone la parola è lo strumento per dialogare; se non si usa la parola, ma si sceglie il silenzio, quale comunità si crea e quali processi democratici si rispettano?