Venerdì, 27 gennaio 2023
di Pasquale FERRARI
Tra le tante ricorrenze istituite per commemorare un qualcosa o un qualcuno, quella che senza ombra di dubbio tocca il Cuore di ognuno è il Giorno della Memoria. Istituita quale ricorrenza internazionale nel 2005 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (in Italia era stata approvata già nel 2000, con apposita legge e in altri Paesi anche prima), nel sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell'Olocausto, la «Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell'Olocausto» viene celebrata ogni 27 gennaio perché in quel giorno, appunto nel 1945, le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, il più grande mai realizzato dal nazismo, nel quale trovarono la morte oltre 1 milione di prigionieri, in gran parte ebrei (ma anche molte altre categorie di internati), divenuto, nell'immaginario collettivo, il simbolo universale del lager, nonché sinonimo di "fabbrica della morte".
Ogni anno sono numerose le cerimonie, gli incontri e gli eventi commemorativi e di riflessione (mostre, programmi televisivi, spettacoli, proiezioni cinematografiche), per RICORDARE le vittime della “Shoah”, termine col quale spesso si indica lo sterminio preferendolo a “Olocausto” in quanto non richiama, come quest'ultimo, l'idea di un sacrificio inevitabile, e per SENSIBILIZZARE la collettività alla Memoria e alla Solidarietà di chi ha saputo lottare e resistere con coraggio nella pagina più buia della storia dell’Umanità. Capitoli scritti con l’inchiostro dell’odio, della sopraffazione, della violenza.
Anni di imposizione dura e prepotente della volontà di alcuni, animata da sentimenti di acuta ostilità, impressi nella mente forse più della tortura dei tatuaggi, coi quali, per identificarli, venivano segnati indelebilmente i prigionieri sulla pelle. A futura Memoria.
Un ricordo sempre vivo, che tale rimarrà in eterno, non solo per il dolore di quelle ferite, a dispetto di quello che malauguratamente ha prospettato la senatrice a vita Liliana Segre, superstite e testimone attiva della Shoah italiana, non nascondendo i suoi timori e le sue amarezze. “Una come me ritiene che tra qualche anno” sulla Shoah “ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella”.
Per ricordare l’eccidio occorre sollecitare il meccanismo di immedesimazione, l’unico capace di moltiplicare all’ennesima potenza i sentimenti di indignazione nei confronti di tutte le forme di intolleranza, di razzismo, e di istigazione all’odio e alla violenza. La parola chiave è Empatia. Quando non si avranno più testimoni, che vanno scomparendo, sarà certamente più difficile celebrare. E forse, per questo, potrebbe trovare parziale giustificazione il lamento di Liliana Segre. L’imperativo, tuttavia, è trovare comunque il modo per farlo. Se saremo sempre capaci di immedesimarci con uno qualsiasi di quegli internati saremo ancora in grado di opporci alle prepotenze e alle ingiustizie, a vecchi e nuovi “nazismi”. Non solo il 27 gennaio, ma tutti i giorni di tutti gli anni dovremmo anche solo provare a sentirci come fossimo tante piccole Liliana o come la giovanissima Anna Frank e gli altri milioni di vittime, che a differenza sua in quegli inferni ci sono rimaste.
Solo così potremmo avere la certezza di riuscire a sconfessare le parole amare della senatrice a vita. Per tranquillizzare lei, noi e il mondo intero dal pericolo dell'oblio. “Nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta” è una frase con cui il poeta Ugo Foscolo cercava nei confronti della morte qualcosa di divino, pur non avendo fede religiosa. Ecco. Potremmo un giorno perdere l'intelletto, facoltà non a caso contrapposta alla sensibilità, ma non perderemo mai il Cuore. Né la sua Memoria.